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Andreotti, Moro e Cossiga sull’Ilva: “Ecco chi ha sbagliato…”

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Due vecchi capitani d’industria, Raul Gardini e Emilio Riva, seduti su una panchina davanti alle porte chiuse del Paradiso aspettano pazienti il loro turno e rimuginano sul loro passato. Gardini: “Mi hanno portato via la chimica”. “A me – ribatte Riva – la siderurgia. E mi hanno persino arrestato”. Raul, con il suo indomabile ghigno: “Questa soddisfazione io non gliel’ho data, mi sono sparato un’ora prima. Si sono presi pure il mio zucchero oltre alla chimica, sempre per fare un cadeau ai francesi. Sono loro i nostri veri nemici, non i tedeschi”.

Da dentro al Paradiso, Cossiga, collegato con le sue cuffie, capta il colloquio e chiama a raccolta Aldo Moro e Giulio Andreotti, assorti nella lettura di salmi, per aggiornarli sulle ultime dal Bel Paese, dissacrando, come al solito, tutto e tutti, a partire dal recentissimo intervento della magistratura milanese sull’ex Ilva.

Cossiga: “La sapete l’ultima su “Giuseppi” manettaro”?

“Chi, quell’avvocato di Foggia?“, con un filo di voce arriva il sussurro di Moro.

“Ancora per poco…a breve si va a votare”, aggiunge Andreotti con l’aria di chi ne sa una più del diavolo.

C: “Sta facendo il turista per caso in Italia, prima a Taranto con gli operai dell’acciaieria e ora a Venezia per coordinare i soccorsi. Sempre elemosinando idee in giro e invocando di continuo l’intercessione di San Pio per far accadere il miracolo, poveretto”.

M: “Nel 1964 sono stato io ad accendere il primo altoforno. In quel tempo, la sua localizzazione nel territorio di Taranto non era poi così sbagliata”.

A: “A pensar male si fa peccato, ma irresponsabile è stata l’espansione urbanistica successiva, con la creazione di nuovi quartieri proprio a ridosso dell’Ilva. Senza quello scempio, non si sarebbe mai parlato di disastro ambientale”.

C: “Però i Riva, per anni, hanno fatto poco per prevenire l’inquinamento ambientale”.

A: “Fino a quando non è intervenuto, come sempre, il deus ex machina della magistratura. L’unico che ha  tentato di risolvere davvero l’affaire di Taranto è stato l’ex ministro Corrado Clini. L‘hanno messo al tappeto al momento giusto!”

C: “Il compagno Clini aveva umiliato i Riva al punto da costringerli a sborsare 3 miliardi e mezzo di euro per risanare l’azienda, promuovendo anche un finanziamento CIPE di un miliardo e mezzo per la bonifica delle aree non di pertinenza industriale. Così l’Ilva sarebbe rimasta italiana”.

A: “Azzoppato Clini, sotto Renzi è poi arrivato il momento di Gian Luca Galletti, ministro dell’Ambiente ma soprattutto commercialista di Pierferdinando Casini, e di Federica Guidi, Ministra dello Sviluppo Economico, con Enrico Laghi e Piero Gnudi nella Commissione di selezione delle proposte”.

C: “Hanno lanciato una gara internazionale che incentivasse la decarbonizzazione”.

A: “La vispa Marcegaglia era indebitata con l’Ilva per più di 400 milioni di euro e non avrebbe potuto partecipare alla gara!”.

C: “E gli altri, gli indiani veri, quelli di Jindal, erano affiancati da Cassa Depositi e Prestiti e Banca Intesa, o sbaglio?”

A: “Sì, hai ragione. Così come pure l’idea di puntare alla conversione dell’impianto a gas era buona e perfino il Presidente della Puglia, Michele Emiliano, avrebbe fatto cadere i suoi veti”.

M: “Insomma, era evidente da subito che la proposta che ha vinto fosse un raggiro per far acquisire a Mittal una quota di mercato e poi, alla mala parata, chiudere con un pretesto qualunque, come quello di questi giorni sullo scudo penale, l’acciaieria. Ma non si sarebbero potuto fare rilanci migliorativi?”

C: “Il Ministero ha detto incredibilmente di no, e si è fatto fare un parere dall’Avvocatura di Stato, anche nel capitolato risultava il contrario, come poi ha riscontrato Raffaele Cantone, quando gli sono stati mandati gli atti da Conte”.

A: “Tra l’altro, con l’acquisizione dell’Ilva, ArcelorMittal superava le quote europee di produzione dell’acciaio. L’Antitrust Ue ha pure aperto una procedura su questo, ma poi ha valutato che, con l’uscita della quota della Marcegaglia, che in verità non è mai entrata, la situazione sarebbe rientrata nella conformità. Scusa Francesco, ma questo pasticcio l’ha fatto Galletti o Calenda?”.

C: “Il secondo che hai detto, il nipotino di Comencini – che ho assai apprezzato come attore bambino nello sceneggiato televisivo tratto dal libro Cuore diretto dal nonno Luigi – mostrandosi preoccupato della situazione di emergenza, si è precipitato a chiudere in fretta e furia un’operazione imbastita da altri, di ritorno da un viaggio a Londra”.

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