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Settant’anni di Nato: un’alleanza sempre più indispensabile

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A quasi settant’anni dalla firma del Patto Atlantico la NATO non ha cessato di essere il perno essenziale della sicurezza occidentale. Nessuna alleanza prima di essa era mai durata così a lungo raggruppando un numero così alto di Paesi e sopravvivendo anche alla cessazione della minaccia alla base della sua creazione. Sopravvivendo, contro le aspettative di molti teorici delle relazioni internazionali, anche alla “fine della storia” teorizzata da Francis Fukuyama proprio in corrispondenza del crollo del Muro di Berlino. Passata l’euforia data dal successo – morale e materiale – delle liberal-democrazie occidentali nella Guerra Fredda, però, la storia è tornata rapidamente in gioco. Dagli attentati dell’11 settembre 2001 a oggi l’assetto del sistema internazionale è stato scosso da numerosi cambiamenti: nuove minacce sono emerse, altre si sono ripresentate, altre ancora appaiono già ben delineate all’orizzonte. Come ebbe a dire Robert Kagan esattamente dieci anni fa, l’Occidente ha visto “la fine dei sogni e il ritorno della storia”.

In tutto questo la NATO si è trovata sempre più coinvolta e le sfide interne ed esterne alla sua integrità sono aumentate decisamente. Analizzandole brevemente è possibile comprendere il motivo per cui l’esistenza dell’Alleanza è cruciale ancora, e soprattutto, oggi. Esternamente, la NATO è messa decisamente alla prova da una risorgente Russia. Nei lunghi anni di regno di Vladimir Putin, infatti, Mosca è tornata con decisione nelle questioni europee e mondiali. I primi due anni della presidenza Eltsin – quando addirittura si parlava di una possibile entrata della Russia nella NATO – ma anche i primi due della presidenza dello stesso Putin – quando la possibilità di scontro tra grandi potenze sembrava completamente sparita, come precisato perfino nella Strategia di Sicurezza Nazionale americana del 2002 – hanno rapidamente lasciato il posto a una ritrovata aggressività russa. Dopo l’invasione e l’occupazione di parte della Georgia, evento di cui cade il decennale quest’anno, la sfida all’Alleanza Atlantica e all’Occidente si è intensificata. Mosca ha prima invaso l’Ucraina – in violazione del diritto internazionale e di accordi da lei stessa sottoscritti (vedere Memorandum di Budapest 1994) – e annesso la Crimea, poi ha lanciato una campagna di guerra ibrida senza precedenti. Le azioni di disturbo alle democrazie occidentali si sono moltiplicate e gli sforzi per danneggiarle dall’interno sono stati ben strutturati e implementati. L’avvelenamento dell’ex spia russa Skripal e sua figlia a Salisbury è solo la diretta conseguenza del mutato rapporto tra Occidente e Russia. Allo stesso tempo, le minacce costituite da terrorismo e islamismo radicale non sono svanite. A esse si sono aggiunte quelle legate allo sviluppo di arsenali di distruzione di massa e vettori in grado di trasportarli – da parte di Iran e Corea del Nord – e l’ondata migratoria senza precedenti che ha colpito l’Europa negli ultimi anni. La NATO è chiamata a essere sempre più attiva anche su questi fronti più atipici rispetto al suo core business.

Forse, però, la sfida vera viene dal fronte interno. Quanto si sta verificando negli ultimi anni nel mondo occidentale deve invitare a una profonda riflessione. Innanzitutto, l’aspetto più evidente: dopo l’elezione di Donald Trump sembra essersi allargato l’Atlantico. Il dialogo è diventato più difficile, quanto meno nella forma, rispetto all’era Obama, nonostante il Presidente americano abbia ridato slancio – al contrario delle attese di molti – all’azione NATO, confermando gli impegni del suo Paese e pressando con decisione gli alleati per rispettare i loro (il famoso 2% del PIL in difesa). Anche grazie all’azione del Presidente americano quest’anno dovrebbero diventare otto i Paesi NATO ottemperanti alle linee guida di spesa. Ciò nonostante, dall’Europa sono arrivate numerose critiche. In particolare, l’Unione Europea ha disapprovato sostanzialmente tutte le principali scelte dell’amministrazione americana nell’ultimo anno e mezzo. Una chiara dimostrazione del fatto che, per tornare a Kagan, l’America “Marte” e l’Europa “Venere” non riescono proprio a intendersi. Agli europei, infatti, sembra sia sufficiente avere di fronte un Presidente più “nazionalista” – jacksoniano, direbbero gli americani – per rendere complessi il dialogo e la comprensione delle ragioni sottostanti alle sue scelte. Per l’UE in particolare, che si auto-dipinge come potenza normativa, trovare dei punti di accordo con Donald Trump e la filosofia che si porta appresso è quasi impossibile. Sembra vengano, appunto, da due pianeti differenti.

Oltre a una frattura con l’alleato americano, tra l’altro, si rischia anche una frattura tra Anglosfera ed Eurosfera. In aggiunta alle difficoltà con Washington, infatti, il problema Brexit non sembra essere prossimo a una soluzione amichevole. L’Unione Europea potrebbe non essere intenzionata a concedere al Regno Unito un’uscita indolore e questo comprometterebbe i rapporti futuri. Ciò sarebbe un colpo importante alla stabilità europea ed Euro-Atlantica: c’è da augurarsi, dunque, che (soprattutto a Bruxelles) prevalga il buonsenso in quanto il Regno Unito è un elemento cruciale per mantenere pace e sicurezza in Europa (ma non solo), oltre che un componente essenziale dell’Occidente in senso ampio. Senza Londra l’UE sarà, probabilmente, meno aperta, meno liberale e meno Atlantista. In sostanza, meno ancorata ai valori che hanno retto l’area Euro-Atlantica negli ultimi settant’anni. Infine, la crescita dei cosiddetti populismi – termine forse abusato –, spesso ostili all’Alleanza Atlantica o all’idea di comunità transatlantica e vittime predilette delle azioni di disinformazione russe, è un ulteriore elemento di destabilizzazione in uno scenario sempre più intricato e pericoloso.

Ed è proprio in risposta alla crescente incertezza e minaccia al nostro sistema politico-valoriale che dobbiamo ricordare e trasmettere con forza le ragioni che hanno condotto alla creazione della NATO, cosa ha rappresentato e rappresenta e perché è cruciale difenderla. Essa non è mai stata, a differenza degli esperimenti che l’hanno preceduta e spesso seguita, unicamente un matrimonio di convenienza. Non è mai stata soltanto uno strumento militare atto a frapporsi alle mire dell’Unione Sovietica. Ha sempre avuto, al contrario, un suo cuore politico-ideologico ben definito. I Paesi membri non si sono uniti sotto la bandiera della NATO solo per avere protezione ma anche perché condividevano tutta una serie di ideali cruciali: libertà, democrazia, rule of law. È questo che ha permesso alla NATO di sopravvivere e crescere insieme ai suoi membri. Dai dodici firmatari del Patto nell’aprile del 1948 siamo arrivati a ventinove oggi. La NATO rappresenta il ponte ideale tra le due sponde dell’Atlantico e un forum di discussione e cooperazione irrinunciabile. È la nostra garanzia di sicurezza e la principale raffigurazione dell’unità dell’Occidente. Conserva la storia di decenni di lotta comune e di speranze condivise. Preservarla, a quasi settant’anni dalla sua creazione, dunque, è un imperativo categorico al quale deve rispondere chiunque voglia mantenere in pace e prosperità la regione Euro-Atlantica.

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