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Come i Moderati sono il problema, non la soluzione

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Alcune settimane fa di fronte al tribunale federale di Portland, che mentre scriviamo rimane sotto assedio da parte di una folla di “manifestanti pacifici” veri e finti, Lilith Sinclair ha invocato: “L’abolizione degli Stati Uniti d’America così come li concepiamo.” Dietro di lei c’era un prete che applaudiva. Lilith Sinclair si definisce una persona non-binaria, nera, e indigena, di professione sex worker. Tra i suoi altri attivismi enumeriamo un crowdfounding per un compagno in galera per crimini sessuali ai danni di minori.

La Finestra di Overton si è spostata tanto che l’invocare la distruzione di uno dei sistemi politici più liberi e generatori di benessere mai esistiti da parte di minoranze ideologiche affollate da individui maladattati è ora mainstream.

Ma voi sapete bene che la maggior parte della gente che conoscete non la pensa così. E allora come siamo arrivati qui? Perché i pochi estremisti decidono tutto e l’hanno sempre vinta? Quand’è che la “maggioranza silenziosa” si fa sentire?

Una delle risposte più comuni è che tutto quello che occorre è un po’ di moderazione. Se solo si desse ascolto ai “moderati” tutto si risolverebbe. E prima o poi sarà così. Questa è solo una fase passeggera, alla fine i moderati prevarranno.

Io argomento invece che il “moderato”, non solo non può fare nessuna differenza, ma se la fa la fa in negativo. Perché esso stesso non è quello che comunemente si pensa. Ma qual è il problema col “moderato”?
(Esempi applicati perlopiù al Great Awokening, ma applicabili a quasi ogni altra situazione.)

Il Moderato è low information – Molto spesso, soprattutto in politica, quando si parla del “voto dei moderati” e roba del genere, in realtà si intende gente che non sa niente. Che guarda al mondo con occhio superficiale e distratto, accettando la prima versione parziale, e/o confortante, sulla quale riesce a mettere le mani. La sua comprensione degli eventi è profonda come una pozzanghera. E non sto parlando di quelli che l’utente di social media tipico si diverte a tacciare di ignoranza dall’alto del suo profilo fb perché non sanno la differenza tra il tripanosoma irwini e il tripanosoma brucei, o perché non hanno letto il Trattato di Lisbona, ma proprio di gente che non si degna di fare una semplice ricerca in internet per verificare se una notizia è vera o falsa. E tra questi ce ne sono non pochi che sanno cos’è un tripanosoma o hanno letto il Trattato di Lisbona.

Il Moderato è intellettualmente e moralmente pigro – Non essendo capace di fare una scelta, o forse perché gli fa fatica, sceglie la “moderazione”.
Essere moderati diventa per lui un fine a sé stesso e fonte di virtù. Se c’è uno che ha dieci Euro e uno che cerca di rubarglieli, il “moderato” sentenzia che la decisione giusta è spartire cinque Euro per uno. Perché il compromesso è un bene, ed è fine a sé stesso. Il “moderato” è un Re Salomone caduto nel suo stesso trucco.

Il Moderato è conformista – Quello che passa per moderatismo è spesso solo conformismo. Molti “moderati” hanno semplicemente capito da che parte tira il vento. Una sottovariante è il “moderato” istituzionalizzato, che più che agire per conformismo personale aspetta in silenzio che un’istituzione che gli è cara diventi woke per seguirla. Ce ne sono molti tra chi è religioso.

Il Moderato è un tossico della compensazione psicologica – Il “moderato” sta facendo di tutto per autoconvincersi che è solo una fase passeggera, e non si arriverà mai a tanto. Quando non ci saranno più quotidiani articoli sul New York Times sul cancellare Mozart o Leonardo perché troppo “da bianchi”, il “moderato” si sentirà tranquillizzato e tornerà a dormire sugli allori.

Nel frattempo il woke si sarà istituzionalizzato e starà lavorando per trasformare i suoi principi in leggi dello Stato. Ma il “moderato” sceglierà sempre di vedere il lato positivo, evitando accuratamente di imparare dai suoi errori.

Il Moderato è un codardo – Non lo ammetterà mai, ma il “moderato” spera semplicemente di restarne fuori augurandosi che non tocchi a lui.

Il Moderato si crede un abile negoziatore – In primo luogo: questo non è negoziato. I diritti non sono negoziabili. La verità non è negoziabile. La storia non è negoziabile. La realtà non è negoziabile.

In secondo luogo, concedere cinque a uno che chiede dieci, sapendo che tornerà chiedendo i cinque che non ha ottenuto più altri cinque, non fa esattemente di uno un grande negoziatore.

Il Moderato è un trasformista – Ha passato gli ultimi anni a minimizzare la wokeness dicendo che era tutta un’esagerazione dei populisti per attirare voti, senza mai chiedersi se il fatto che attirasse voti potesse significare che il problema fosse reale. Adesso, di fronte alla realtà del Great Awokening, aspetta silenziosamente una brutta svolta reazionaria per poter attaccare col nuovo mantra: “La wokeness è tutta un’esagerazione dei razzisti.”

Il Moderato vuole tutto e il suo contrario – Vuole sconfiggere l’Isis, ma niente “boots on the ground”. Vuole sicurezza ma non law and order.

Il Moderato ha secondo fini, e non esita a stringere patti con il diavolo – Questo è forse il tipo più comune di “moderato”, ed è piuttosto facile vederlo all’opera nel Great Awokening. Un mucchio di gente ha deciso che, pur di sbarazzarsi di Trump e fermare “i populisti”, vale la pena di guardare dall’altra parte mentre il peggio della sinistra più estrema fa quello che gli pare.

Oppure si tratta solo di cavalcare l’onda della protesta per ottenere qualche vittoria tattica minore. Un ottimo esempio è la maniera in cui i libertari americani sono saltati sul carrozzone della assurda narrazione per cui a Portland ci sarebbe all’opera una “polizia segreta”, arrivando anche a stiracchiare all’inverosimile la legge e la loro amata Costituzione per spiegare perché il Governo Federale non avrebbe giurisdizione sugli edifici federali, o non possa inviare agenti federali a ristabilire l’ordine dove le autorità locali l’hanno perso o si rifiutano di mantenerlo. È una narrazione assurda, ma serve a spingere le politiche libertarie sulla “demilitarizzazione della polizia”.

Il Moderato non è moderato – Spesso quelli che passano per moderati sono solo dei fanatici che si presentano bene. Vestono bene e parlano bene, ma le loro differenze ideologiche con i fanatici, seppure ci sono, sono minime. Di solito il disaccordo riguarda i mezzi più che i fini, e per ragioni tattiche più frequentemente che morali. Mentre lo zelota pensa che sia arrivato il momento finalmente della rivoluzione, il finto moderato è in genere preoccupato di una reazione da parte dell’opposizione, o di alienare il largo pubblico. Vuole arrivare al potere con la vaselina.

Le dinamiche tra zeloti e finti moderati si prestano a un gioco del poliziotto buono e poliziotto cattivo.

Alcuni di questi finti “moderati” sono quinte colonne, altri sono semplicemente opportunisti. Se condivide le idee degli estremisti, l’opportunista le esprime soltanto in ambienti sicuri, le maschera in varie maniere (compassione, curiosità intellettuale), e aspetta che inizino a diventare mainstream per gettare la maschera.

In conclusione, il finto “moderato” fa fare agli estremisti il lavoro sporco, e ne raccoglie i frutti. E, non abbiate dubbi, non esiterà a scatenare gli zeloti quando non ottiene quello che vuole.

Nessuno dei “moderati” descritti rappresenta una soluzione capace di arginare gli estremisti. Di fatto, dato che gli estremisti sono la minoranza e questi “moderati” la maggioranza, non ho paura ad affermare che il problema sono loro. Senza i “moderati” che li assistono ed assecondano, i quattro gatti di estremisti non avrebbero nessun potere. Zeloti e “moderati” sono due facce della stessa medaglia. Soltanto chi ha principi ed idee da opporre al Great Awokening, ed è pronto a farlo senza compromessi, può fare la differenza.

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