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Altro che Churchill, governo e premier dilettanti allo sbaraglio

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“L’ora più buia” l’ha definita Conte, citando Churchill all’inizio dell’assedio dell’Inghilterra da parte della straripante macchina da guerra nazista. Un’ora buia a cui siamo arrivati anche a causa della stupefacente prova di dilettantismo da parte di un governo, e un primo ministro, totalmente inadeguati. Il senso complessivo dell’azione di governo è stato caratterizzato, più di ogni altra cosa, dalla mancanza di coraggio. Dalle misure sanitarie alla comunicazione ai cittadini, fino ai provvedimenti economici che ancora dobbiamo vedere: una serie inspiegabile di errori ed esitazioni hanno portato la situazione vicina al collasso.

Il primo gravissimo errore è riconducibile all’inizio della diffusione del virus, quando da più parti arrivava la richiesta di mettere in quarantena le persone che arrivavano dalla Cina. Il provvedimento deciso dal governo fu il più blando: nessuna quarantena, misura della temperatura corporea per chi arrivava e blocco dei voli diretti dalla Cina. Salvo scoprire che la maggior parte delle persone arrivava tramite scali intermedi e la precauzione della temperatura corporea era assolutamente inefficace dato il lungo periodo d’incubazione del virus e la potenziale asintomaticità dei soggetti infetti.

In compenso, le forze politiche di maggioranza e buona parte dell’élite “intellettuale” s’impegnava indefessamente nella lotta contro il razzismo, alla spasmodica ricerca di cinesi da abbracciare, con i media nostrani che puntavano il dito contro il popolo italiano razzista che aveva lasciato vuoti i ristoranti cinesi, mostrando un ottimismo infondato basato sulla mera paura di essere considerati xenofobi. Intendiamoci: alcuni episodi gravi di razzismo contro i cinesi sono avvenuti, ma sono stati numericamente esigui e hanno coperto il punto più cruciale: all’inizio dell’epidemia il politicamente corretto ha scavalcato il basilare dovere dello Stato, sancito da Machiavelli, di garantire sicurezza e ordine pubblico, a qualsiasi prezzo.

Un altro grave errore continuativo è stato l’assenza di un sistema regolato e coordinato dall’alto di comunicazione ed informazione di massa. Dall’ottimismo alla psicosi, dal riduzionismo alla catastrofe sociale. E viceversa. Il governo avrebbe dovuto creare una task force che si dedicasse esclusivamente all’informazione dettagliata in primis dei provvedimenti approvati dal governo, diramando e diffondendo comunicati chiari su cosa avrebbe potuto fare chi, in quale zona, e con quali limitazioni, senza lasciare persone nell’abbandono e spaesamento totale in stile 8 settembre del ’43. L’aver ignorato l’aspetto della comunicazione ha avuto come conseguenza il fatto che in molti si sono affidati a canali non ufficiali, spesso sul web, senza garanzie di veridicità, producendo ulteriore disorientamento e paura. Inoltre, la task force governativa sarebbe stata l’unica titolata a dare informazioni scientifiche alla popolazione. I cittadini infatti sono confusi anche dalla diversità di opinioni tra gli scienziati e i medici, e dalle versioni contrastanti che ascoltate su tutti i media ufficiali, dal “tranquilli, è poco più di un’influenza” ad esitanti e terrorizzati inviti a rimanere a casa. Sarebbe stata sufficiente una comunicazione non edulcorata e una ferma schiettezza. Persino dopo la conferenza di Conte di ieri sera, durata circa 15 minuti, molti non sanno come si dovranno comportare il giorno dopo: se aprire il ristorante o la pasticceria, se potranno o meno uscire dal comune, dalla provincia o dalla regione. Ad ogni passo del governo, le paure montano in assenza di certezze e comunicazioni chiare e repentine.

Un altro tema è l’effettività delle misure. Se molte persone hanno testimoniato l’assenza di controlli nel breve periodo in cui Lombardia ed altre province sono state le uniche zone rosse, è legittimo sperare in una gestione più rigida delle regole imposte, dal controllo dei “checkpoint” alla richiesta di una giustificazione più credibile di una mera autocertificazione. Sarebbe necessario schierare l’esercito, ma sarebbe una decisione coraggiosa, e la nostra classe politica ne è allergica. La stessa figura del presidente del Consiglio si è dimostrata totalmente impreparata e il dilettantismo dell’interno governo è stato chiaramente percepibile: da Conte che si diceva “sorpreso” per l’aumento dei casi a Speranza che ammette che è una delle “esperienze più forti” della sua vita. In casi di ansia collettiva i cittadini dovrebbero potersi affidare a una mano sicura, che ispiri fiducia, consapevolezza e soprattutto il coraggio di dire le cose come stanno, e fare l’impossibile per affrontarle. L’esatto contrario del nostro premier. Quando si parla di “uomo forte” non si fa riferimento al fascismo. Churchill e Roosevelt erano uomini forti, leader che trasmettevano determinazione e senso del dovere, di sacrificio e d’onore. A proposito è tristemente da ricordare lo scaricabarile di Conte sulle responsabilità dell’ospedale di Codogno, il quale ha gettato nell’umiliazione internazionale i medici del nostro Paese.

Anche le opposizioni meritano una parola: il centrodestra non si è distinto per smania collaborativa, seppur è comprensibile la difficoltà di cooperare sinceramente con un tale coacervo di viltà e incompetenza.

Ultimo capitolo non meno importante: l’economia. Il governo sta negoziando uno scostamento dalle regole di Bruxelles sul deficit di circa 7,5 miliardi. Ricordiamo bene che questi non sono aiuti provenienti dall’Unione europea, ma soldi dello Stato italiano che non ha il diritto di spendere. La mancanza di coraggio è qui lampante più che altrove. Di fronte ad una vera e propria emergenza umanitaria il governo non dovrebbe tenere in nessuna considerazione le regole europee. Il fatto che ci si fermi a negoziare con chi, da Maastricht in poi, ci ha inviato annuali letterine per imporci, tramite ricatti o classe politica collusa, un taglio indiscriminato della spesa pubblica, andando a restringere fortemente i fondi per la sanità, per l’assunzione dei medici, i posti letto, la costruzione degli ospedali, la ricerca medica, è l’esempio di una misera dignità nazionale. Se il sistema sanitario lombardo è sull’orlo del collasso dopo circa una ventina di giorni dall’esplosione dell’epidemia, ciò si deve anche al mix di elevata imposizione fiscale e tagli alla spesa adottato, in ossequio a parametri economicidi e privi di sostegno scientifico imposti dall’Ue, da chi ha eseguito ordini disgraziati che hanno impattato sulla vita dei cittadini italiani.

Per concludere, un cenno sulle scene di fuga dal nord dopo l’uscita della bozza del decreto di domenica scorsa. Scene che hanno dato l’immagine di un popolo individualista ed egoista, che nessun rilievo dà al bene comune, alla sicurezza collettiva, finanche a quella dei propri cari. C’è da capire se gli italiani siano ancora un popolo, che, almeno nelle emergenze, è capace di sviluppare un senso di comunità e di protezione comune, o se al contrario non abbiamo più speranza, se l’individualismo ha fatto scempio della nostra disponibilità al sacrificio. Chi necessita di lavorare e mantenere la propria famiglia avrà ovviamente delle esenzioni, chi invece si sente furbo o “più forte” del virus e delle regole è alla stregua di un disertore nel mezzo di una guerra difensiva. Mentre medici e infermieri combattono come arditi in trincea, ognuno offra una piccola parte di dedizione alla collettività, e “l’ora più buia” passerà presto.

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