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Balletti sulla manovra e “sardine”: la politica unica eccezione italiana da non invidiare

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L’Italia è uno dei Paesi più belli ed interessanti del pianeta. Senza alcuna retorica patriottarda, ribadiamo un’opinione diffusa e condivisa nel mondo. In effetti, la nostra è una nazione ricca di storia, con un patrimonio artistico e culturale invidiato da quelle realtà, sparse qua e là per il globo, che magari devono inventarsi dei luoghi artificiali per riuscire ad attirare il turismo. L’Italia ha già tutto, con il clima, la varietà del territorio e le tradizioni enogastronomiche che ricoprono un ruolo preponderante. A volte sembra che le peculiarità italiane siano apprezzate più dai turisti stranieri che da noi stessi. Questo Paese, soprattutto a livello di vertice, dimostra spesso di non essere pienamente consapevole dell’enorme ricchezza di cui dispone, ed amministra le bellezze tricolori in maniera insufficiente. L’ignavia della classe dirigente, la burocrazia, la corruzione e gli eternamente contrari a qualsiasi opera pubblica di rilievo, mortificano un patrimonio che dovrebbe essere invece motivo di vanto quotidiano.

Viviamo in un posto avvincente, ed assai curioso, anche per quanto riguarda le dinamiche della politica nazionale, ma qui le ragioni dell’orgoglio patriottico iniziano a scemare. Nella bella penisola italiana capitano cose che in ben pochi altri Paesi del mondo succedono, e non si tratta quasi mai di eccezioni brillanti. Sebbene sia sempre utile ricordarlo, non ci dilunghiamo ora su un sistema istituzionale, e una Costituzione ben lungi dall’essere la più bella del mondo, che consentono di tradire la volontà popolare attraverso le peggiori nefandezze di palazzo, e che necessitano di una radicale revisione almeno dalla fine degli anni Ottanta. Ci soffermiamo invece su due fatti politici contingenti, che simboleggiano chiaramente alcune delle stranezze della politica italiana. Il governo sta partorendo la manovra economica ed abbiamo già assistito a diverse retromarce. Quando si tratta di assaltare la diligenza, a onor del vero sempre meno carica di quattrini, la politica del Belpaese tende a promettere molte cose, spacciandole per decisioni già definitive e trascinando così l’informazione a discutere per settimane sul nulla, salvo poi rimangiarsi tutto in sede di approvazione della legge finanziaria. Oppure vengono gettate nell’arena delle proposte, e se esse risultano troppo impopolari e vengono in tal modo rispedite al mittente dall’opinione pubblica, si ricorre a gattopardeschi aggiustamenti in corso d’opera. Questi balletti, bisogna dirlo, non sono stati inventati dal Conte 2, bensì hanno caratterizzato numerosi governi del passato e le loro relative finanziarie. L’Italia è anche questo.

Ma l’attuale maggioranza pentapiddina, con l’apporto della renziana Italia Viva e di LeU, li sta superando tutti in tema di stramberie. È normale che vi sia un dibattito costante soprattutto nei governi di coalizione, ma qui assistiamo ad una maggioranza che si contraddice pesantemente da sola. Delle due l’una, o abbiamo a che fare con la malafede, oppure ci ritroviamo un esecutivo di dilettanti allo sbaraglio, che forse non sarebbero stati ammessi a partecipare nemmeno alla Corrida del compianto Corrado. In Commissione Bilancio del Senato sono stati depositati 4.550 emendamenti volti a modificare parti della manovra economica, e non si creda che giungano tutti dall’opposizione. Ben 1.700 emendamenti sono stati presentati solo dalle quattro forze politiche che sorreggono il Conte 2. Il Pd, tanto per fare un esempio, è arrivato a quota 900. È un po’ come se Zingaretti, Di Maio e Renzi scendessero in piazza a protestare contro Giuseppe Conte.

A proposito di piazza e di corbellerie tutte italiane, da giorni non si parla altro che delle cosiddette “sardine”. Questo fenomeno, probabilmente più mediatico che sostanziale, è stato analizzato da più parti, anche qui su Atlantico. Possiede un’ottima vista chi intravede, dietro alla freschezza giovanile dei manifestanti, la vecchia e stantia sinistra, magari impersonata da un Romano Prodi tornato in qualche modo nell’agone, con la speranza di poter proseguire la propria vecchiaia nelle stanze del Quirinale. Non è sbagliata nemmeno l’analisi secondo cui questo movimento, apparentemente inedito, sarebbe in realtà un deja-vu, ossia la riproposizione di quelle adunate di piazza, organizzate dagli apparati della sinistra e spontanee solo a livello teorico, già sperimentate da girotondini e popolo viola, le quali poi non hanno aiutato molto sul piano elettorale.

Pensavamo di aver già visto tutto in questo Paese, ma evidentemente mancava un movimento dal nome non proprio geniale, con tutto il rispetto per le sardine vere e proprie. Indipendentemente dalla buona fede o meno di questi ragazzi, rimaniamo colpiti in maniera particolare da un aspetto bizzarro, che rende anch’esso unico il nostro Paese nel panorama mondiale. Si protesta in piazza contro il leader dell’opposizione, mentre solitamente, un po’ dappertutto fuori dai confini italiani, il malcontento popolare, giovanile e non, viene riversato sul governo di turno. Ciò accade, non solo nel democratico Cile di Pinera, ma addirittura nel teocratico Iran degli ayatollah, e con questo abbiamo davvero detto tutto. Esistono eccezioni italiane da preservare e conservare, ma non tutti gli aspetti originali del Belpaese sono da difendere. Vivremmo meglio in una democrazia magari meno giocosa e fantasiosa, e forse più noiosa e scontata, ma dove i ruoli, entrambi sacrosanti, di maggioranza e minoranza siano netti, conformi alla volontà popolare e ben amministrati da regole non partigiane. 

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