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Di fronte al massacro di imprese e autonomi, la Lega sarà in grado di incarnare un’alternativa liberale a Pd-5 Stelle?

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Ciò che succedeva tempo fa a Silvio Berlusconi e a Forza Italia, oggi capita a Matteo Salvini e alla Lega. Ovvero, se c’è qualche scandalo o scandaletto di mezzo, che può giungere in un’aula di tribunale, oppure una presa di posizione forte e scorretta, la quale può esaltare alcuni, ma far arrabbiare tanti altri, si ottengono l’attenzione e le prime pagine dei maggiori giornali, o giornaloni mainstream. Ma se ci si muove con un qualsivoglia ragionamento di buon senso, che magari può essere condiviso da larghi strati della società, ecco che altrimenti solerti cronisti si improvvisamente appaiono distratti. Per esempio, il leader della Lega, durante una conferenza stampa tenutasi verso la fine di aprile e in altre recenti circostanze, ha iniziato ad auspicare un’alternativa “liberale” a questo governo e alla maggioranza giallo-rossa che lo sorregge, ma se ne sono accorti in pochi fra gli addetti ai lavori del mondo dell’informazione. D’accordo, non sarà una rivelazione divina destinata a mutare il futuro dell’umanità, ma si tratterebbe di una svolta comunque meritevole di menzione ed analisi.

Il Carroccio non è mai stato socialista e dirigista in senso stretto, ma in tutta la sua storia ha focalizzato maggiormente la propria attenzione su temi diversi da quelli relativi alle libertà economiche. La secessione e poi il federalismo furono i principali obiettivi della Lega bossiana, e sicurezza, immigrazione e tutte le questioni che ruotano attorno all’Ue, hanno contraddistinto il movimento risorto grazie alla leadership salviniana. Non si cerchi l’alibi del coronavirus, che senz’altro monopolizza le notizie, perché se Matteo Salvini, tanto per dire, si fosse reso protagonista in questo periodo di un’eventuale posizione non convenzionale verso gli immigrati o qualche altra categoria di cui la sinistra si erge a protettrice, lo scoop ci sarebbe stato eccome ed avrebbe soppiantato i report giornalieri di contagiati, guariti e vittime. Al netto della disattenzione interessata di certa informazione, una svolta “liberale” (attenzione: non liberal) di Salvini sarebbe da accogliere in maniera molto positiva. Anzitutto, una formula alternativa al blocco rappresentato da Pd e M5S, accomunati da una medesima mentalità statalista e da un’alleanza a tempo indeterminato, non può che essere proiettata verso la libertà economica e sociale se vuole essere credibile. Mai come in questo particolare e drammatico frangente servirebbe una grande forza politica di massa non insensibile al grido di allarme di una vasta platea di piccole e medie imprese, di lavoratori autonomi, di artigiani, letteralmente devastata dall’emergenza del coronavirus. L’Italia produttiva, insomma, che da nord a sud, questa volta senza distinzioni fra le aree più e meno ricche del Paese, rischia il completo collasso a causa di un governo ignavo sul fronte economico e sociale.

La pandemia ha colpito e colpisce tuttora gran parte del mondo, e tutti subiranno dei contraccolpi economici molto negativi, ma se i governi dei Paesi più avanzati, dagli Stati Uniti alla Germania, hanno iniziato già a marzo ed aprile scorsi a far circolare liquidità nei conti correnti di famiglie ed imprese, qui siamo ancora al susseguirsi di decreti, dal “Cura Italia” al così denominato “Rilancio” di queste ore, presentati con enfasi propagandistica, ma drammaticamente scarni di misure risolutive. Viene posto l’accento su imponenti stanziamenti di miliardi di euro, ma si rimane spesso sul vago e pare proprio che lo si faccia apposta. Del resto, la realtà è implacabile e ci dice che le pur striminzite mance elargite da Conte e Gualtieri, e promesse già dal “Cura Italia”, dai famosi 600 euro per gli autonomi alla cassa integrazione, hanno tuttora raggiunto una minima parte della totalità degli aventi diritto. In sostanza, si parla di grosse somme di denaro, contenute nei decreti, per colpire l’immaginario collettivo, ma ciò che viene effettivamente fatto circolare è assai più modesto.

Manca l’opportunità per le imprese di ricorrere a liquidità a fondo perduto, e rimangono tuttavia i soldi a prestito, ma un piccolo imprenditore fermo da due mesi può salvarsi sobbarcandosi un nuovo debito? Togliamoci pure dalla testa che le banche siano capaci di “atti d’amore” come fantastica il nostro premier. Il Paese produttore di beni e servizi ha bisogno di uno shock immediato, ed invece proseguono le piccole misure, i pannicelli caldi, talvolta nemmeno insensati, ma insufficienti per la drammaticità del momento. Come lo stop alla rata Irap di giugno, ma le piccole e medie imprese hanno diritto di sapere da subito cosa succederà loro sul piano fiscale a settembre o a novembre, visto che questa non è una crisi destinata a risolversi in pochi mesi. E lo stesso discorso vale sulla sospensione della rata Imu per alberghi e stabilimenti balneari. Bar e ristoranti non pagheranno la Tosap, la tassa sull’occupazione di suolo pubblico, ma si tratta del minimo sindacale per attività costrette ad eliminare molti posti a sedere al loro interno e ad allestire il più possibile spazi all’aperto.

Ecco, di fronte a questo scempio economico e sociale, un partito come la Lega, che è già stato capace di convincere almeno il 30 per cento degli italiani, sarebbe ancora più persuasivo se basasse la propria azione quotidiana su temi squisitamente liberali in economia. Per una “exit” ragionevole dall’emergenza attuale e un disegno riformatore per l’immediato futuro (l’Italia immobilizzata da una farraginosa burocrazia attende riforme strutturali da una trentina d’anni), ma per la difesa delle libertà individuali, che non sono meno importanti della pur sacrosanta sicurezza sanitaria. La Lega può diventare il partito della libertà, della responsabilità e del buon senso, ossia il vessillo di valori più che estranei al governo giallo-rosso ma maggioritari nel Paese.

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