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Ecco come la propaganda degli ayatollah finisce in prima pagina sul Corriere della Sera

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Dopo l’uccisione di Soleimani, diversi “intellettuali” occidentali si sono adoperati per condannare la scelta di Trump e difendere la memoria del generale iraniano passato a miglior vita. Uno dei più scatenati in questo senso è stato l’ex ambasciatore a Mosca e oggi editorialista Sergio Romano che, in un articolo domenica sul Corriere e in una intervista oggi sul Fatto Quotidiano, ha difeso a spada tratta il regime di Teheran, interlocutore affidabile, e descritto Trump come un “caso umano”.

Ora, data la mole di assurdità scritte da Romano, vogliamo soffermarci sul suo editoriale pubblicato in prima pagina dal Corriere della Sera il 12 gennaio, per rispondere punto su punto alle sue affermazioni, dimostrando come abbia usato volontariamente la storia a suo piacere per costruire una vera e propria propaganda in favore del regime degli ayatollah.

Iniziamo dall’apertura dell’articolo, dove si parla dell’accordo del 1972 tra Usa e Urss per limitare l’uso dei missili balistici, il cosiddetto accordo ABM. Per condannare la decisione di Trump di ritirarsi dall’accordo sul programma nucleare di Teheran, Romano ricorda come all’epoca i due interlocutori “pur volendo vincere” si preoccupassero di avere un interlocutore responsabile, cosa che oggi il presidente Usa non sarebbe. Ecco, peccato che la storia sia completamente differente: nella risoluzione Onu 2231 che recepì l’accordo nucleare voluto da Obama nel 2015, c’è un chiaro allegato – Annex B – in cui nero su bianco viene vietato all’Iran di compiere test missilistici con vettori balistici intrisecamente capaci di trasportare un’arma nucleare. L’Iran, quindi, non solo nei fatti non ha mai riconosciuto questo allegato, ma ha continuato a svolgere decine e decine di test missilistici con vettori capaci di trasportare un’arma nucleare, provocando anche la condanna degli ambasciatori europei. Condanna espressa sia nel 2016 alle Nazioni Unite, che nel febbraio del 2019.

Andiamo avanti: Romano descrive Qassem Soleimani come un “militare”, senza minimamente menzionare la sua attività terroristica. Peccato che, molto prima di Trump, a considerarlo un terrorista erano le stesse Nazioni Unite, che con la Risoluzione 1747 del marzo 2007 hanno inserito Soleimani nella blacklist per il suo ruolo nel programma nucleare iraniano. Tralasciamo pure che a ritenerlo un terrorista siano tutti quei siriani e iracheni che, in questi anni, hanno subito gli attentati da lui organizzati per espandere il potere del regime iraniano o per tutelare il regime di Bashar al Assad. E i tanti iraniani che, in queste ore, manifestano contro il regime iraniano e non dimenticano che, proprio questo “generale”, nel 1999 firmò una lettera con altri Pasdaran indirizzata all’allora presidente Khatami, nella quale si chiedeva di reprimere le proteste degli studenti dell’Università di Teheran. Proteste che poi, purtroppo, finirono in un massacro…

Proseguiamo: dimostrando il suo pregiudizio antiamericano, Romano sostiene che l’idea di uccidere Soleimani va oltre Trump, perché “il processo al nemico e la sua eliminazione fisica con motivazioni spesso più religose che politiche, appartengono alla menitalità americana”. Qui siamo al limite del razzismo e sicuramente, come suddetto, nel pieno pregiudizio. Non si può non rilevare come Romano non abbia mai scritto una riga simile proprio sulle attività del regime iraniano e di Soleimani, che sull’eliminazione del nemico nel nome della fede religiosa hanno costruito una vera e propria ideologia politica che, ormai dal 1979, ha preso in ostaggio un intero Paese.

Infine, l’auspicio finale di Romano, secondo cui assumendosi la responsabilità della tragedia dell’aereo ucraino il regime di Teheran – pur se diviso in fazioni bellicose e fanatiche – avrebbe dimostrato di essere un interlocutore affidabile per l’Ue. Anche qui, siamo alla pura propaganda lontana dai fatti.

L’Iran per anni è stato interlocutore dei Paesi europei e dell’Ue. Lo è stato nel 2003 con l’accordo di Teheran, con cui gli E3 (Francia, Germania e Gran Bretagna) pensarono veramente di aver convinto l’Iran a sospendere l’arricchimento dell’uranio. Peccato che il negoziatore di quell’accordo fu proprio Hassan Rouhani, lo stesso che nel 2013 – durante la campagna elettorale per diventare presidente – ammise di aver sfruttato quell’accordo per ingannare gli europei, deviando la loro attenzione e completando liberamente il ciclo del programma nucleare iraniano. Nel 2015, quindi, l’Ue sostenne fortemente l’accordo di Vienna voluto da Obama. Accordo che portò l’Iran ad ottenere la sospensione delle sanzioni e presentarsi al mondo come un nuovo El Dorado. Peccato che, anche in questo caso, l’Iran usò i soldi arrivati dalla sospensione delle sanzioni per esportare la rivoluzione iraniana al di fuori dei suoi confini e provocare non solo la nascita dell’Isis, ma anche la fuga delle decine e decine di investitori occidentali interessati all’Iran, che compresero di avere davanti un regime dominato economicamente dai clerici e dai Pasdaran.

In ultimo, il tema della tragedia dell’aereo ucraino: il regime sapeva dall’inizio la verità, ma l’ha tenuta nascosta per giorni, nella speranza di farla franca. Solo quando l’amministrazione Trump e altri leader occidentali hanno denunciato di avere prove d’intelligence evidenti, e quando è uscito un video che mostrava l’impatto del missile sull’aereo ucraino, Teheran ha deciso di ammettere la verità. Ecco perché gli iraniani sono scesi nuovamente in piazza, protestando non solo contro il governo, ma anche idealmente contro tutti i “Sergio Romano occidentali”, abbagliati dal fascino culturale di un regime fondamentalista e capaci di produrre solo propaganda.

Purtroppo per Romano, né la sua propaganda né quella di Teheran, corrispondono alla verità dei fatti. E gli iraniani lo sanno…

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