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I silenzi di Papa Bergoglio: il coronavirus non è funzionale alla sua agenda parapolitica

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La società moderna è piuttosto matura nel suo complesso ed è in grado di giudicare e distinguere con la propria testa, senza avere il bisogno costante di essere imbeccata da un leader, politico o religioso che sia. Serve tuttavia un’autorità al fine di governare ed armonizzare i diversi interessi di una comunità, altrimenti si sprofonda nell’anarchia. Ed avere un punto di riferimento, capace non solo di imporre, ma anche di infondere fiducia, si rivela ancora più importante in periodi emergenziali come l’attuale, scosso dal coronavirus. Ovvero un bubbone sviluppatosi in una terra lontana come la Cina, che però è entrato prepotentemente in Italia, rendendo nel giro di pochi giorni questo Paese, almeno fino ad ora, uno dei luoghi più contagiati dopo, naturalmente, la Cina ed altre nazioni asiatiche.

Quanto successo all’Italia in un lasso di tempo molto breve può ripetersi in qualche altro angolo d’Europa, non lo possiamo escludere, ed è anche possibile approfondire il tema, rilanciato a più riprese dal governo italiano e dai suoi supporter televisivi, dei pochi controlli effettuati finora in certi Paesi europei come la Francia. Ma la gestione grossolana dell’emergenza coronavirus da parte della maggioranza giallorossa è ormai un fatto più che assodato. Indipendentemente dagli avvenimenti prossimi venturi possiamo già affermare, a partire da subito, che il premier Conte, il ministro Speranza e il resto del governo, non abbiano fin qui rappresentato quell’autorità positiva di cui parlavamo poco fa. Le notizie contraddittorie e la schizofrenia politica, che porta prima a sottovalutare la situazione, quasi a sorriderne come ha fatto Nicola Zingaretti, e poi ad intravedere quasi la fine del mondo, fanno più male del virus stesso. E quando il potere politico non fa il proprio dovere o lo fa molto male, i cittadini, di conseguenza impauriti e spaesati, provano a cercare consolazione presso quello spirituale.

Quest’ultimo non può ovviamente adottare decisioni politiche o sanitarie, ma una parola buona del Papa sarebbe di conforto almeno per lo stato d’animo dei cattolici e dei credenti in generale. Eppure questo Papa, Jorge Mario Bergoglio, non sembra preoccupato in maniera particolare dal coronavirus. Lo ha dimostrato visibilmente domenica scorsa, nel pieno peraltro dell’esplosione del virus in Italia, focalizzando la propria attenzione sui soliti temi a lui molto cari, ossia i sovranismi e i migranti, senza menzionare in nessun modo il coronavirus. Solo dopo sei giorni dall’inizio dell’emergenza italiana ha ritenuto, bontà sua, di far sapere che sta pregando per le vittime, i contagiati e gli operatori sanitari. Il tardivo messaggio deve essere frutto della pressione di qualche consigliere dotato di maggiore buon senso rispetto al Pontefice.

Sulla faziosità politica di Papa Francesco e sulla sua abitudine, più o meno consapevole, a rappresentare soltanto una parte del gregge cattolico, è già stato scritto molto, anche qui su Atlantico, ma oggi notiamo come una certa partigianeria accechi del tutto gli occhi dei vertici contemporanei della Chiesa. Il loro mondo, sia spirituale che terreno, non è il medesimo di tanti altri fedeli. Si persegue un disegno, più parapolitico che religioso a dire il vero, e chi torna utile ad esso, i migranti per esempio, deve essere sempre presente nelle preoccupazioni del Papa, mentre coloro i quali non sono funzionali alla propaganda bergogliana, dai cristiani massacrati da Boko Haram e simili agli italiani alle prese con il coronavirus, non meritano una significativa misericordia. Anzi, non vengono proprio notati dal Papa venuto dalla fine del mondo.

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