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In Lombardia come a Roma: Lega e Movimento 5 Stelle non si filano, ma senza obblighi contrattuali se le danno di santa ragione

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Screzi, polemiche, richieste di dimissioni e scontri aperti in aula. Sembra il resoconto degli ultimi mesi di convivenza governativa tra leghisti e pentastellati, ma si tratta in realtà del clima che si respira tra gli stessi due fronti in Lombardia, la regione dove il leghismo è cresciuto e ormai da un anno a questa parte domina: prima il trionfo di Attilio Fontana alla carica di governatore e la conquista della periferia meneghina (a Sesto San Giovanni ormai l’unica stella rossa che resista è quella che sorge sugli uffici della Heineken), poi la riconferma alle ultime amministrative guastata solo in parte dalle mancate vittorie a Bergamo e Cremona, dove l’effetto trascinatore delle Europee non ha inciso sulla scelta dei primi cittadini.

La Lega cresce comunque anche nelle grandi città, pure nel centro di Milano: ha raggiunto il 17 per cento in zona Piazza Affari, ha quasi raddoppiato i consensi in zona di via Festa del Perdono sulla base dei dati raccolti dalla piattaforma “Il voto strada per strada”, mentre il Movimento 5 Stelle è notevolmente arretrato, tenendo conto che per Luigi Di Maio non è certamente il Nord il bacino da cui attingere voti e dunque la sconfitta si fa ancora più ampia. Così stanno le cose nella vecchia Padania bossiana: oggi la Lega di Salvini è a trazione nazionale, ma la realtà lombarda conserva salda il suo dna e dove è libera dai legami contrattuali con i grillini, lo scontro con quest’ultimi è a tutto campo e senza freni.

Lo raccontano le cronache politiche. La scorsa settimana il Lecchese è stato colpito da una violenta alluvione che ha riaperto il tema degli investimenti per la salvaguardia territoriale, uno dei punti forti dei 5Stelle, che hanno chiesto alla maggioranza regionale, tramite il consigliere Raffaele Erba, di intervenire il prima possibile con i fondi stanziati dal piano “Progetto Italia” del ministro dell’ambiente in quota pentastellata Sergio Costa. Un battibecco che si trascina da tempo e che a febbraio aveva fatto sbottare l’assessore al territorio, Pietro Foroni: “Sono nove mesi che provo a interloquire con il ministro Costa che ha bloccato 148 milioni destinati al rischio idrogeologico in Lombardia. Faccia il suo dovere perché arrivino i soldi”.

Il grande nervo scoperto resta però quello della corruzione. Se da Roma, via Facebook, il pasionario Alessandro Di Battista ha sparato ad altezza uomo contro gli alleati salviniani dopo l’arresto dell’ex consulente Paolo Arata, in consiglio a Milano martedì è andata in scena la protesta a colpi di cartelli per ottenere le dimissioni di Gianbattista Fratus, il sindaco leghista di Legnano oggetto di indagini per turbativa d’asta – dimissioni prima presentate e poi ritirate. Mentre quando lo scorso mese venne alla luce il presunto sistema di tangenti nel quale risulterebbe coinvolto lo stesso presidente Fontana (accusato di “responsabilità politiche dirette” dai grillini), il portale a cinque stelle lombardo non le mandava a dire: “Ecco gli alleati di Salvini”, ovvero Pietro Tatarella e Fabio Altitonante, vicecoordinatore regionale di Forza Italia uno e sottosegretario regionale l’altro, ora agli arresti per finanziamento illecito e associazione a delinquere.

E poi le infrastrutture. Da quando il ministro competente è Danilo Toninelli le posizioni pentastellate sono più possibiliste, ma sempre molto critiche se c’è di mezzo a loro dire il rischio cementificazione. Quello paventato per esempio quando fu inaugurato il raddoppio del primo tratto di un’arteria fondamentale come la Paullese nel tratto tra Crema e l’area a sud di Milano: meno di un mese fa il Consiglio di Stato ha dato il via libera alla ripresa dei lavori per completare l’opera e i grillini hanno cambiato posizione, cantando vittoria.

Diverso invece l’approccio al progetto dell’autostrada Treviglio-Bergamo studiato per agevolare il flusso in un’area molto trafficata: la tornata amministrativa che ha premiato il centrodestra favorevole alla costruzione nei comuni interessati dai lavori rimescola le carte dopo una precedente bocciatura e preoccupa il M5S che rispolvera il metro di giudizio costi/benefici. “Esiste uno studio Ocse tenuto ben nascosto che dimostra l’inefficienza e l’inefficacia del progetto del 2012, ma nessuno dei grandi esperti della politica osa parlarne”, denunciava a marzo la deputata Guia Termini.

Querelle locali, ma solo fino a un certo punto, sulle quali ovviamente aleggia la riforma delle autonomie, tema di profonda spaccatura nella maggioranza romana e molto caro alla Lombardia, che ha definitivamente marcato il territorio con il referendum del 2017. Per il M5S è una misura a tutto vantaggio delle regioni più ricche, dove arranca, a discapito di quelle più povere, dove invece raccoglie consensi. Il nodo verrà presto al pettine e se c’è da alzare la voce, dal Pirellone sanno farsi ascoltare, come nel caso in cui Fontana rispedì al mittente le richieste di Di Maio di farsi carico dell’emergenza rifiuti campana. E a certe latitudini non c’è contratto che tenga.

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