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Con la Manovra del popolo Di Maio cerca di uscire dall’angolo, ma rischia una vittoria di Pirro

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L’immagine di Di Maio che si affaccia dal balcone di Palazzo Chigi rappresenta plasticamente quella che è stata definita manovra del Popolo. Ma è davvero il trionfo descritto dal vicepremier? Nel breve periodo sicuramente sì, perché il Movimento 5 Stelle sembra uscire dall’angolo in cui era stato cacciato dallo strapotere politico-mediatico di Salvini. Mantenere la promessa elettorale del reddito di cittadinanza può rallentare sicuramente l’emorragia di consensi pentastellati fotografata dai sondaggi.
A ben vedere, però, si può notare che quello di Di Maio è un azzardo imposto dalla necessità di correggere un errore strategico. La scelta di un dicastero economico, nella sfida tra i due vicepremier, si sta rivelando infatti deludente perché i dividendi elettorali non sono immediatamente tangibili e perché tutto ciò che riguarda l’economia deve passare dalla severa Commissione Europea. A partire dall’ambiziosa – forse meglio dire rischiosa – manovra in deficit fortemente voluta dal grillino. Un confronto con l’operato di Salvini è illuminante. Mentre il primo sta ottenendo dei buoni risultati sulle varie questioni relative all’immigrazione e alla sicurezza, il secondo continua ad arrancare. Gli unici provvedimenti degni di nota dal punto di vista della propaganda pentastellata sono stati il taglio dei vitalizi e la rescissione del contratto del cosiddetto ‘air force Renzi’. Sul resto poco o nulla. L’intricata telenovela sull’importantissimo decreto Genova ne è la dimostrazione.
Per uscire da questo stallo Di Maio ha deciso di puntare tutto sulla manovra. Una sorta di all in per riguadagnare le posizioni perdute. Se la Commissione dovesse respingere la nota di aggiornamento al Def allegando diverse raccomandazioni, per il vicepremier grillino non sarebbe facile. Ancor peggio se dovesse verificarsi una crisi speculativa di cui il Movimento 5 Stelle sarebbe il primo indiziato.
Quanto costerebbe a Salvini scagliarsi contro il partner di governo, massimizzando i consensi ottenuti sulle politiche securitarie? Poco o nulla. Il leader leghista potrebbe puntare il dito contro l’assistenzialismo pentastellato e strizzare l’occhio al centrodestra, rimarcando il tentativo di realizzare, nonostante le resistenze grilline, il programma economico proposto dalla coalizione il 4 marzo. Dopo gli incontri tra Berlusconi e Salvini questo scenario non sembra del tutto impossibile. Per ora è fantapolitica, ma la marcia verso le europee del 2019 è appena iniziata.

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