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La sfida sarà Trump – Biden, mentre l’emergenza coronavirus fa irruzione nella campagna

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I due Tuesday delle primarie Usa, Il “Super” del 3 marzo e il “Mini” del 10 marzo, hanno fornito per il campo democratico un responso piuttosto preciso. Il 77enne Joe Biden, vice presidente degli Stati Uniti durante i due mandati di Barack Obama, ha vinto entrambe le contese ipotecando così la nomination del Partito democratico. Il Mini Tuesday, per usare il gergo politico americano, ha confermato in pieno i risultati – in verità piuttosto sorprendenti – del più celebre Super Tuesday di martedì 3 marzo.

Questa volta l’esito era in fondo atteso visto quanto era accaduto nei caucus precedenti, ma Biden ha comunque dimostrato di essere – come già si sapeva – una vecchia volpe della politica e, soprattutto, di non temere più rivali all’interno del suo stesso partito. Fondamentale è stata la vittoria nel Michigan, grande Stato industriale dove nelle primarie passate aveva stravinto Bernie Sanders sconfiggendo Hillary Clinton, che in seguito ottenne la nomination per poi perdere la sfida finale con Donald Trump.

Oltre al Michigan, Biden ha vinto anche in Missouri, Mississippi e Idaho, lasciando a Sanders i meno importanti Washington e North Dakota. Con questo la candidatura di Biden si è dimostrata trasversale, giacché è riuscito a prevalere nel Nord, a Sud e nel Midwest.

Anche se i numeri ancora non lo dicono, ovviamente la corsa a questo punto è in pratica finita. I 709 delegati di Sanders sono tanti, ma non sufficienti per la vittoria finale, mentre quelli di Biden sono ora già 865, con un distacco tale da rendere ottimisti l’ex vice di Obama e i suoi sostenitori.

Rammentando che, fino a poche settimane orsono, Sanders era in costante ascesa e Biden appariva in irrimediabile declino, le ultime primarie hanno davvero rovesciato le previsioni. Ed è noto che l’appoggio, discreto ma deciso, di Barack Obama ha avuto un grande peso, contribuendo tra l’altro ad assicurare al suo ex vice l’appoggio pressoché completo della comunità afroamericana. È difficile che Bernie Sanders, il senatore del Vermont che si autodefinisce “socialista”, getti la spugna e si ritiri, come ha fatto per esempio l’altra candidata radicale Elizabeth Warren. Tra l’altro Sanders può contare su un numero consistente di delegati, tale – forse – da condizionare le scelte di Biden e dell’intero partito.

Tuttavia l’invito di Obama a non spaventare l’elettorato moderato ha sortito il suo effetto. Il timore era che il radicalismo di Sanders finisse per favorire Trump e i Repubblicani, inducendo per l’appunto dei Democratici moderati a trasferirsi nel campo repubblicano. Oltre che su Obama, ancora molto influente, Biden può pure contare sulle enormi risorse finanziarie e sulla macchina elettorale del multimiliardario newyorkese Michael Bloomberg, sconfitto e in pratica affondato nel Super Tuesday del 3 marzo.

Giunti a questo punto Donald Trump e i Repubblicani hanno un quadro più chiaro della situazione. Il presidente avrebbe preferito il “socialista” Sanders come avversario, sapendo che il suo radicalismo ne avrebbe facilitato la sconfitta. E invece quasi sicuramente si troverà di fronte il camaleontico Joe Biden, abile nell’attrarre consensi trasversali. Se poi Sanders decidesse di ritirarsi il compito di Biden diverrebbe meno proibitivo, fermo restando che Trump resta l’indiscusso favorito per un secondo mandato alla Casa Bianca.

Occorre comunque notare è che l’epidemia di coronavirus ha fatto il suo ingresso anche negli Stati Uniti e, di riflesso, nella competizione elettorale. Molti accusano il presidente di aver, almeno inizialmente, sottovalutato il problema. Tale accusa è piuttosto inconsistente giacché può essere estesa all’intero mondo politico americano, che si è accorto con grande ritardo che importanti focolai del virus sono ormai presenti anche negli Stati Uniti.

Nello Stato di New York, per fare un solo esempio, hanno annullato la celebre maratona, è stato chiuso al pubblico il Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite e il governatore Andrew Cuomo ha caldeggiato l’intervento della Guardia Nazionale. I Democratici cercano ora di sfruttare l’argomento, e Biden propone di dare maggior forza all’Obamacare, la riforma sanitaria varata dall’ex presidente per assicurare ai cittadini un nucleo di servizio sanitario nazionale. Se, com’è prevedibile, il coronavirus si espanderà anche negli Usa, questo diventerà un tema cruciale nella corsa alla Casa Bianca. Come già detto in precedenza, la battaglia finale per la presidenza vedrà in lizza Donald Trump e Joe Biden, e l’esito è meno scontato di quanto poteva sembrare sino a poco tempo fa. Il presidente resta il grande favorito, ma Biden possiede una buona capacità di aggregazione e rappresenta per Trump un avversario certo più insidioso di Bernie Sanders.

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