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Le giravolte e il cerchiobottismo dei cinquestelle, degni dei peggiori dc

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Ogni forza politica ha tutto il diritto, e la legittimità, di evolversi nel corso della propria storia, di cambiare e di spostarsi eventualmente dall’impostazione originaria. D’altra parte, il mondo è in perenne mutamento e la politica non può stare immobile come un paracarro. La metamorfosi dei grillini, passati dall’opposizione urlata al governo del Paese, impressiona tuttavia sempre di più. Nati come movimento post-ideologico di protesta, capace di aggregare delusi di destra e di sinistra, hanno finito col rappresentare principalmente quell’elettorato orfano in parte del Pd, ma anche di quei soggetti più estremi del partito di Zingaretti. Il giustizialismo manettaro, il pauperismo del no a tutto e l’assistenzialismo peloso senz’altro non fanno breccia presso gli ex elettori di Forza Italia ed Alleanza nazionale. Vi è comunque molto altro.

Dovevano “aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno”, ed invece si trovano a fare gli inutili guastatori di governo, cercando, con un colpo al cerchio, di darsi un tono attraverso i niet rivolti a Salvini, ma guardandosi bene, con un altro colpo alla botte, dal giungere al punto di non ritorno di una crisi di governo. Sono terrorizzati dalla possibilità di elezioni anticipate, e, visto il trend delle ultime amministrative ed europee, la loro paura è comprensibile. Ma da semplici cittadini, alfieri del cambiamento antipolitico ed anti-sistema, quali dicevano di essere ai tempi delle piazze del VaffaDay, si sono trasformati in eredi di Follini. Ve lo ricordate Marco Follini? L’ex leader Udc che metteva in discussione un po’ tutte le decisioni della maggioranza di cui faceva parte, anche quelle più accondiscendenti alle sue richieste, senza permettere però al Paese di comprendere appieno cosa egli volesse realmente.

Contribuire ad una maggioranza di governo non significa trovarsi in caserma o in prigione, però gli eventuali distinguo devono servire a qualcosa, altrimenti c’è solo un diluvio di inutili parole e l’inevitabile paralisi dell’azione dell’esecutivo. Di Maio e soci, pur essendo stati smentiti persino dal premier Conte, non smettono di storcere il naso dinanzi alla Tav, alle autonomie regionali e al decreto sicurezza bis, evitando tuttavia di assumersi importanti responsabilità. Più che di duro scontro, si tratta di una sorta di logorio quotidiano, che fatalmente rallenta o persino blocca l’azione di governo. È normale che poi Salvini ritenga di rispedire al mittente l’annacquata riforma della giustizia del ministro Bonafede. Si potrebbe obiettare che i grillini, anziché pavidi, siano una forza responsabile, che le prova tutte pur di risparmiare al Paese l’incognita di una crisi di governo. Visto che non c’è limite al peggio, possono benissimo prospettarsi, al posto del ricorso anticipato alle urne, formule assai più infelici della maggioranza gialloverde.

I papocchi “tecnici” sono sempre dietro l’angolo e la componente più di sinistra del M5S potrebbe essere tentata da un’avventura con il Partito democratico. Però anche l’odierna compagine Lega-M5S, se rimanesse ferma ai dispetti di folliniana memoria, servirebbe a poco. Il Movimento 5 Stelle rivela una sorta di ciarlataneria anche a livello locale. Le poltrone non fanno poi così ribrezzo, e ciò non accade solo a Roma. I consiglieri comunali pentastellati di Torino avevano minacciato sfracelli, e soprattutto le dimissioni, in caso di via libera alla Tav da parte del governo. Ebbene, Conte ha ufficializzato la posizione di Palazzo Chigi in merito all’alta velocità Torino-Lione, ma i consiglieri M5S sono ancora tutti al loro posto, insieme alla sindaca Appendino.

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