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Lo “scudo Azzolina”: l’accusa di sessismo sempre buona per squalificare l’avversario e silenziare il dissenso

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L’identity politics che sembrava lontana sta diventando realtà anche nel nostro Paese. Lo “scudo Azzolina” potrebbe fare scuola ed estendersi in varie direzioni. Con il rischio che a contare siano solo le identità di genere, gli orientamenti sessuali, il colore della pelle e non le idee. Cioè il sale della politica

“Mi attaccano perché sono donna, giovane e sono dei 5 Stelle”. Ormai quello di Lucia Azzolina è un ritornello consolidato che serve per difendersi da qualsiasi critica. Per questo si potrebbe definire “scudo Azzolina”. Lo scudo Azzolina è un sistema semplice che viene continuamente utilizzato dalla titolare del Ministero dell’istruzione per evitare ogni forma di critica. Funziona più o meno così: il ministro fa una gaffe, la gaffe viene diffusa dagli organi di informazione, il ministro viene criticato e per rispondere alle critiche spiega che tutti gli attacchi dipendono dal fatto che sia giovane e donna. E così, almeno nelle sue intenzioni, ogni tipo di rilievo viene neutralizzato o quantomeno indebolito.

Lo scudo Azzolina è un chiaro esempio di identity politics con cui si cerca di silenziare il dibattito pubblico. Del resto, se ogni critica viene trasformata in sessismo, viene meno qualsiasi possibilità di libera discussione. Se ogni critica, anche se basata sui fatti, viene riportata al sessismo, l’operato del ministro diventa intoccabile. Il ministro, proprio perché donna, può agire indisturbato, commettendo qualsiasi tipo di errore. Quando si attiva lo “scudo” si passa infatti dalla lotta politica all’arena morale, in cui viene squalificato chiunque metta in discussione le sue scelte.

Il processo è semplice. Passando dalla lotta politica al campo della morale, ogni critica diventa una discriminazione di stampo sessista, e ogni critico diventa un discriminatore che deve essere messo a tacere in quanto individuo deprecabile. Lo scudo, in sintesi, permette il passaggio dalla politica alla morale, morale che definisce in modo preventivo chi incarna il Bene, il ministro in quanto giovane e donna, e il Male, chi critica. Poco importa se le critiche potrebbero venire da donne che in un sistema simile rischierebbero di essere bollate come sessiste. Quello che conta è che venga messo a tacere il dissenso. Con questo tipo di scudo, dunque, la Azzolina diventa intoccabile, non criticabile.

Non è un caso che tale difesa sia stata usata anche dal viceministro dell’economia Laura Castelli dopo la vergognosa sua uscita sui ristoratori. Lo scudo funziona e può permettere a chi lo utilizza di agire senza remore proprio perché elimina il contradditorio. Come si può intuire, l’identity politics che sembrava lontana sta diventando realtà anche nel nostro Paese. Lo scudo Azzolina potrebbe fare scuola ed estendersi in varie direzioni. Con il rischio che a contare siano solo le identità di genere, gli orientamenti sessuali, il colore della pelle e non le idee. Cioè il sale della politica.

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