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Nel diktat del cardinale Bassetti la conferma: un Papa divisivo e politico

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Chi scrive è uno di quei credenti che a volte preferiscono distinguere l’infallibilità divina dalle vicende della Chiesa. Se si è cattolici ci si riconosce nella Chiesa, ma essa è un’istituzione terrena governata da persone in carne ed ossa, caratterizzate come tutti da pregi e limiti. Esseri umani che possono agire nel miglior modo possibile, ma anche sbagliare profondamente, talvolta in maniera infausta, ed esporsi quindi a critiche legittime e meritate. La storia della Chiesa annovera tanti sacerdoti vissuti e morti in assoluta povertà, e non mancano i martiri assassinati dall’odio politico. Dinanzi a ciò occorre inchinarsi, indipendentemente dal possedere o meno una fede religiosa.

Continuiamo tuttavia a notare la presenza nel clero cattolico anche di diversi mestieranti (non tutti i mercanti sono fuggiti dal Tempio), più attenti alla materia che allo spirito. Vi sono figure, per così dire, più politiche che religiose, le quali tendono a piegare l’universalità del messaggio cristiano alle loro idee oppure a marcati scontri di potere. Anche gli uomini di Chiesa possono scendere molto in basso e toccare il fondo com’è purtroppo avvenuto nei vari casi di pedofilia. Ai piani alti del Vaticano si cerca spesso di edulcorare o coprire del tutto gli avvenimenti più impresentabili e scomodi. Determinati duelli, interni alle gerarchie ecclesiastiche, vengono condotti a distanza di sicurezza dai riflettori, ma non è sempre possibile nascondere i cocci sotto il tappeto e fatalmente alcune tensioni diventano di dominio pubblico, ad uso e consumo dell’informazione.

Proprio in questo tempo si avverte come la Chiesa stia attraversando una fase particolare e per molti aspetti inedita. Soltanto la presenza di due Pontefici, il regnante Bergoglio e il Papa emerito Joseph Ratzinger, basterebbe già a delineare i contorni di una situazione destinata a rimanere nella storia. Più il tempo trascorre e più la rinuncia al ministero petrino da parte di Benedetto XVI, nel 2013, giustificata ufficialmente da motivi di salute, diventa oggetto di dubbi e perplessità da parte di molti. Pur con gli inevitabili acciacchi di un’età assai avanzata, la salute di Ratzinger non è mai sembrata compromessa in modo drammatico. Il Papa emerito, come ha evidenziato più volte Antonio Socci, non ha mai rimesso in guardaroba l’abito bianco e non desidera nemmeno tacere a tutti i costi. Lo ha dimostrato recentemente, criticando chi vuole ridiscutere, a cominciare da Papa Francesco, il celibato dei sacerdoti. L’azione di Bergoglio sta provocando più di un malumore nella Chiesa, a vari livelli, e lo sfogo di sabato scorso del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha ben rappresentato un quadro generale che è tutto fuorché sereno. Il capo dei vescovi italiani, a margine di un incontro con i giornalisti a Perugia, ha esortato tutti i detrattori di Papa Francesco ad uscire allo scoperto, ed eventualmente ad abbandonare la Chiesa cattolica se proprio non riescono ad accettare l’operato del Pontefice argentino. Toni piuttosto duri ed inusuali, che, sebbene indirizzati perlopiù, riteniamo, verso le critiche di Ratzinger e di parte del clero, rischiano di disorientare ancora di più i fedeli.

La Chiesa del Papa “venuto dalla fine del mondo”, che focalizza la propria attenzione solo sull’accoglienza dei migranti e sulle porte aperte a tutti, pare non tollerare invece l’esistenza di malcontento all’interno dello stesso mondo cattolico. Addirittura rifiuta di comprendere il dissenso, umano e lecito, e mette alla porta chi non è allineato, alla stregua di un partito politico qualsiasi. Insomma, propagandistica tolleranza verso l’esterno, ma reale intolleranza al proprio interno. Il diktat del cardinale Bassetti è stato comunque illuminante perché, oltre a rivelare la natura di chi governa la Chiesa in questo momento, ha involontariamente fornito la conferma delle lacerazioni presenti nel cattolicesimo, alimentate da un Papa che non sa o non vuole unire tutte le anime. Il messaggio cristiano non può che essere universale e deve rivolgersi a tutti con il linguaggio dell’amore e della fratellanza, perché nella dimensione spirituale, per chi crede naturalmente, non esistono le distinzioni terrene. Ma la vita quotidiana degli incarnati si scontra, oltre che con il peccato, con tante imperfezioni e brutture, quindi chi ha il non banale onere di guidare i cattolici in questo mondo complicato, pur senza sacrificare alcun dogma, dovrebbe improntare la propria opera al realismo.

Per fare un esempio, i cattolici e più in generale i cristiani hanno il dovere di rifiutare qualsiasi tipo di razzismo e di odio discriminatorio, ma non possono esimersi dal notare i danni procurati da quei movimenti migratori illegali e lasciati in balìa di sfruttatori e criminali. Nemmeno il Papa può permettersi di tacere di fronte alle infiltrazioni terroristiche, libere di moltiplicarsi grazie all’immigrazione senza regole, e davanti all’integralismo islamico, desideroso di cancellare proprio la civiltà cristiana. Se tutto questo viene scientemente ignorato, significa che si persegue un disegno di parte, più politico che religioso, ed in automatico ci si allontana da un buon numero di fedeli le cui preoccupazioni non ricevono alcuna rassicurazione. Tanto per dirne un’altra, la difesa della dignità dei lavoratori appartiene senza dubbio alla cristianità, ma un Pontefice non dovrebbe atteggiarsi a succursale della Cgil. Ormai è chiaro come Jorge Mario Bergoglio abbia portato con sé dall’Argentina i residui della teologia della liberazione, che negli anni Settanta-Ottanta spinse parte della Chiesa latinoamericana a solidarizzare con la guerriglia marxista. Qui non si sta chiedendo un Papa, per così dire, “di destra”, ma si vuole sottolineare, con estrema umiltà, come un buon pastore cessi di essere tale nel momento in cui disorienta e divide il proprio gregge. Tutti i cattolici dovrebbero potersi riconoscere in colui che guida la Chiesa, indipendentemente dal loro ceto sociale o dalle loro simpatie politiche. Invece Papa Francesco non piace a tutti, e la conferma è arrivata nientemeno che dal presidente della Conferenza episcopale italiana.

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