Politica

Calenda rompe, ora il centrodestra stia attento alla mossa Kansas City del Pd

Non gioire troppo del caos a sinistra, occhio al possibile diversivo: marciare divisi per colpire uniti dopo il voto, quando entrerà in gioco la regia del Colle

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Il film poliziesco del 2006 “Slevin – patto criminale” ha reso celebre la mossa Kansas City, in origine una truffa di qualche successo che consisteva nello sviare l’attenzione del truffato fino a convincerlo di avere a che fare proprio con un truffatore e spingendolo quindi a rovinarsi con le proprie mani.

Nella pellicola, Bruce Willis, in una stazione degli autobus, racconta a un ragazzo una lunga storia di violenza e criminalità, ne carpisce la fiducia e poi, d’improvviso e senza apparente ragione, gli spezza il collo.

Una traduzione criminale del principio bellico formulato da Sun Tzu ‘attraversare il mare senza che il cielo lo sappia’, una distrazione, una diversione dal reale centro di gravitazione del campo di conflitto. Detto in altri termini: se tutti guardano da una parte, il vero evento sta avvenendo dalla parte opposta.

La “rottura” Pd-Calenda

E per questo, nonostante l’hype e l’attesa semi-messianica che ha circondato la partecipazione di Carlo Calenda, dopo il momentaneo voto del silenzio sui social, alla trasmissione di Lucia Annunziata, il centrodestra farebbe bene a tenere alta la guardia e a non gioire troppo per la grande confusione che sembra regnare nello schieramento di sinistra.

È di tutta evidenza infatti come la tentazione di utilizzare le proprie energie per maramaldeggiare il divisissimo, caotico e confusionario polo progressista sia forte, quasi irresistibile.

Dopo l’annuncio calendiano della rottura dell’accordo con il Pd e il fuoco di fila dei parlamentari del Nazareno contro il loro ex alleato, accusato ormai di fare l’involontario gioco della ‘peggiore destra di sempre’, molti appartenenti al centrodestra non hanno resistito e hanno ironizzato sulla endemica litigiosità dei loro avversari.

Comprensibile e, se limitato temporalmente al fatto in sé, nulla di male: malissimo invece se da questo episodio si dovesse maturare l’idea che la coalizione di sinistra perde pezzi e quindi forza elettorale e che la vittoria sia sempre più certa.

Attenzione soprattutto al post-elezioni

La legge elettorale è quel che è. Questo è ed è stato il refrain ripetuto in modalità mantrica dalle parti del Nazareno e pure da parte di Azione per spiegare la apparentemente innaturale alleanza.

Con questa legge elettorale è o sarebbe necessario assemblare il maggior numero possibile di forze e sfumature politiche al fine di rendere davvero contendibili il maggior numero possibile di collegi. Una strategia squisitamente elettoralistica, empirica e quantitativa, a dispetto di programmi, idee e soprattutto futura governabilità.

Se questa è la premessa, sembrerebbe davvero una ottima notizia per il centrodestra poter assistere al depezzamento di singole parti della gioiosa macchina da guerra progressista.

Il punto però è che, superata la tornata elettorale, arriverà il momento strategico e complesso delle consultazioni, quel tornante storico-istituzionale in cui entrano in gioco le raffinate e bizantine tattiche parlamentari e di diplomazia con il Quirinale, un momento che, la storia recente ce lo insegna, ha visto il Pd essere insuperato maestro.

Il rischio, con un Pd partito di maggioranza relativa, è che a dare le carte sia proprio il partito del Nazareno, nel suo tentativo di scompaginare il centrodestra e assemblare una maggioranza di alto profilo istituzionale che prosegua l’agenda Draghi, leggasi maggioranza Ursula.

Ma per fare questo e affinché il Pd possa sperare e pensare di essere davvero primo partito e che le altre forze ad esso fedeli abbiano sufficiente vigore per sostenerne una maggioranza, servono i numeri. E qui entra in gioco la mossa Kansas City.

La mossa Kansas City del Pd

Mentre l’opinione pubblica, i commentatori, i semplici elettori e anche i maggiorenti dei partiti del centrodestra assistono divertiti alla telenovela di questa pazza campagna elettorale agostana, con l’attenzione ben appuntata su giravolte, accordi, patti, disaccordi, fughe, beghe, battute, lo scenario che si profila potrebbe essere ben diverso da quello caotico e confusionario descritto sin qui.

Potrebbe darsi, invece, che, maturato il convincimento che una alleanza così tanto eterogenea e contraddittoria avrebbe finito per abbassare le quotazioni e l’appeal stesso del centrosinistra, sia nata l’idea di polarizzare l’attenzione di votanti e avversari politici per far credere loro che la vittoria del centrodestra sia davvero a un passo.

Torna l’idea del terzo polo

Scorporare Calenda dall’alleanza organica con Fratoianni, Bonelli, Di Maio, finirà per rinfocolare l’idea di un terzo polo liberal-social-democratico, vero e autentico erede dall’agenda draghiana.

La apparente autonomizzazione di Azione e la sua inserzione nel terzo polo, a questo punto non più limitato al solo duo Renzi-Pizzarotti e quindi quantitativamente potenziato, finirà per operare come magnete per quella non necessariamente piccola quota di elettori moderati e liberali di Forza Italia.

Allo stesso tempo, il Pd accoglierà a braccia aperte il figliol prodigo Conte, come ha spiegato con lucidità Gianfranco Rotondi, secondo cui l’accordo tra Pd e Movimento 5 Stelle è siglato da tempo.

Allo stesso tempo, la mossa dovrebbe conciliare una certa stasi nel centrodestra, convincendolo di una vittoria graniticamente certa. Una simile convinzione porterebbe ad abbassare la guardia e a perdere tempo ed energie nel fantasticare di nomi per i vari ministeri senza più curare in maniera idonea la campagna elettorale.

A questo punto avremo da un lato una riproduzione plastica del Conte 2, con al centro il Partito democratico, un terzo polo renziano-calendiano che guarderà agli elettori di una certa parte centrista del centrodestra e infine il centrodestra, tronfio e iper-galvanizzato.

In questo contesto, alleandosi con il M5S il Pd ne guadagnerà senza dubbio alcuno in alcuni collegi uninominali del Sud, e limiterà la sconfitta nel resto d’Italia anche grazie all’opera di interposizione ‘moderata’ operata dal terzo polo.

Occhio alle consultazioni

Arriverà quindi il post-elezioni e il già richiamato momento delle consultazioni. Difficile immaginare che le forze coalizzate attorno il Pd e quelle del terzo polo, magari con il prezioso ausilio di responsabili distaccati da Forza Italia, e con il benevolo placet del Quirinale decidano di mettere in piedi, numeri consentendo, un governo? Non mi sembra così difficile, a dire il vero.

Perché al di là delle schermaglie, dei toni offesi, delle polemiche, delle dichiarazioni ultimative che chiamano in causa la parola data e l’onore, quando sarà arrivato il momento della verità e sotto il grave richiamo istituzionale del difficile periodo economico, sociale, finanziario, con spruzzata di geopolitica e obiettivi Pnrr, tutte le divergenze e le antipatie, vere o presunte, verranno spazzate via.

E perché, in fondo, il Pd rimane la matrice comune a tutti. Letta, Calenda, Renzi. E proprio tutti, da Letta a Renzi, da Calenda a Conte, passando per Speranza, Bonelli, Fratoianni e Di Maio, quasi magicamente e avendo i numeri, magari sotto la rigorosa matematica quirinalizia, decideranno di governare assieme.

Per altissimo senso di responsabilità istituzionale, chiaramente. Sennò arrivano le destre.

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