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Tra ideologia, ignoranza e genuflessioni, il green friday italiano si distingue per cialtronaggine

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Nella frittura globale totale dello sciopero planetario per salvare il mondo “che non ha più tempo”, non poteva non distinguersi l’Italia, paese cialtrone per eccellenza, con i suoi duecentotrenta o duecentocinquanta “eventi”, per dire gli scioperuzzi dei fannulloni in età scolare, ma non scolastica. Di venerdì, che riesce meglio. Una presa di coscienza indiscutibile che ha lasciato per le strade tonnellate di rifiuti inorganici, plastiche, cartocci, bottigliette senza contare l’orgia energivora dei telefonini, dei tablet per filmarsi meglio in ossequio al rito ludico dei tamburi, pifferi, canti, balli, sorrisi & canzoni in allucinante contraltare con la santina, Greta l’incazzèta (detto alla Lino Banfi), con quel musone inossidabile sotto le pedanti treccine, tipico di chi sa che non c’è più tempo, il riscaldamento globale non aspetta, non è più il caso di cazzeggiare ma di “chiedere ai potenti risposte serie”. A domande ridicole, si potrebbe dire. Non tutte, in verità: se non c’è più tempo, come mai Greta è uscita col “suo” libro, scritto dai genitori e programmato con la meticolosità di uno staff di influencer? Forse perché per lei il mondo non finisce, anzi comincia domani: sotto con Fabio Fazio, che abbiamo un gran bisogno di consapevolezze incazzète: per salvarci meglio.

Trattasi di pagliacciata inaudita, la più grande dei nostri deliranti tempi, a Matrioska, uno dentro l’altra dentro l’altra e così via. Non puoi discutere, solo adorare Greta l’incazzèta, se osi sorriderne i social ti fulminano, se la sfotti i fanatici borderline ti minacciano di morte come è successo a Maria Giovanna Maglie o Rita Pavone, in ossequio alla solita doppia morale di sinistra per cui l’amore per il pianeta implica di augurare la morte alla “vacca putrefatta” che osa irridere l’idolo. “Una povera creatura quindicenne”, salvo subito salmodiare che “a 15 anni una è già una donna capace di prendere le sue autonome decisioni e lei ha scelto di assumersi la responsabilità di salvare il pianeta per tutti noi”. Se ti soffermi su quel grugnetto perennemente incazzèto, diventano delle jene: “Non ti permettere, non lo sai che ha la sindrome di Asperger?”. Alludendo ad una condizione turbativa della psiche che merita pietà; salvo subito precisare che “l’Asperger è la situazione tipica dei geni”, per cui una patologia considerata disturbo pervasivo dello sviluppo servirebbe a puntellare l’autorevolezza di una causa che, al netto del business indotto, nessuno ha capito, consistendo in una giaculatoria di slogan idioti. Precisamente l’olio della frittura globale totale della protesta scioperata per salvare il pianeta, quanto a dire venerdì di lotta, sabato di letto: è stabilito, infatti, che d’ora in avanti il green friday sarà consacrato alla battaglia per salvare il globo e il giorno dopo al riposo del guerriero, per cui la settimana scolastica durerà 4 giorni. Scelta a suo modo ecologica, constatando le risposte degli eroici studenti, si fa per dire: chi butta nello stesso calderone riscaldamento e spread, chi confonde CO2 con 5G, ecco alcune risposte certificate: “Buco nell’ozono? Una parola brutta, non fa bene all’ambiente… ehm sporcizia… mi trovi impreparata, però grande problema”; “Cambiamenti climatici? Sono cose che succedono”, come le disgrazie insomma, “però noi siamo qua, ah, eh… per… lottare, insomma chiedi a lei io in scienze ho 4”. “Il riscaldamento? Ah! Ah! Ah!”. E giù salti, smorfie da primati. A fronte di tanta miseria, c’è chi ha trovato “epocale” la faccenda, come l’entusiasta per vocazione e per missione Gianni Riotta: “Siamo tutti verdi”. Tutti proprio no… Tra le cose che, invece, non avremmo voluto vedere, Laura Boldrini in mezzo all’allegra baraonda, benedicente un po’ alla Renato Zero, e i boldrifolli zompettando interagivano: “Laura una di noi”. Ora, si capisce che uno i voti (persi), in prospettiva, li cerca dove può, però non è stato un bello spettacolo, immaginatevi uno di uno schieramento avverso, prendiamo un sovranista: piovevano pietre, interrogazioni parlamentari, indignazioni, forse pure denunce magistrali. Limitiamoci a dire che la scenetta è stata quantomeno discutibile, anche se perfettamente organica a un certo modo di prendere la faccenda: “Bella Ciao” che diventa l’inno ufficiale della frittura globale totale, Greta l’incazzèta che riceve col numerino, i cori “Salvini muori bastardo”, le invocazioni d’antan alla lotta continua, gli sputi e le urla agli sbirri: con il che le code fruscianti, “ma quale ideologia, qui è in ballo la salvezza della terra”, sono caldamente invitate ad andarsi a nascondere.

Imbarazzante quel genuflettersi delle massime cariche dello stato che partono per ricordare la strage di via Fani e finiscono a lisciare il pelo a questi consumatori globali di ossigeno e di ignoranza. Imbarazzante quel chiedere udienza degli inviati a Greta l’incazzèta come fosse l’oracolo santo. Penosa la topica del Corriere che denunciava su Twitter una “falsa fotografia per screditare Greta”, intenta a colazione tra le plastiche, talmente falsa che l’aveva postata lei stessa. Grottesco il mentire dei notiziari che di tutto incolpano i cambiamenti climatici, dalla scomparsa delle api allo sbocciare dei carciofi, alle fragole “in anticipo di 10 giorni”, all’inverno “che non c’è stato” dopo che per tutto l’inverno, visionare per credere, avevano gridato al gelo anomalo raccontando le maree di neve, gli strati di ghiaccio, le temperature glaciali ovunque.

Pagliacciate dentro pagliacciate che contengono pagliacciate, però bisogna non vederle, la dittatura del conformismo, il nazi-politicamente corretto che spalma l’ambientalismo sulle macerie del comunismo, cercando di ricoagularle come l’ennesima Araba Fenice, non ammettono confronto. Anzi, se ragioni, se sbugiardi l’assurdo, se porti argomenti, dati, elementi oggettivi, grafici, scienziati non allineati, gli apostoli dello scientismo, del tecnicismo di sinistra, delle magnifiche sorti e progressive dei nuovi competenti, tutto ignorano, tutto maledicono in fama di “cretinate” e si rifugiano nel millenarismo catastrofico, nella superstizione medievale. E già Greta l’incazzèta appassisce come per effetto serra, già la insidiano nuove e più fresche coscienze, come quella bimbetta automatica, trascinata al consiglio comunale della sua città, Carlisle, nel nord Inghilterra, per farle scandire davanti alla tivù: ho-sei-anni-e-voglio-cambiare-il-mondo-perché-non-c’è-più-tempo. Cloni spaventevoli spuntano a tutte le latitudini, megafoni undicenni a nome Atlas, come Ufo Robot, anche l’Italia ha la sua odiosa fanciullina con occhialini tondi saccenti. Greta, appena l’ha saputo, s’è incazzèta ancora di più, incupendosi a livelli preoccupanti: alla fine non ne resterà nessuna? E la faccenda è precisamente questa, che manovrate o autonome, bambine o adulte, Asperger o meno, tutte queste Giovanne d’Arco in fregola mediatica, ultrasovraesposte malgrado la minore età con tanti saluti alle varie Carta di Treviso, deontologia, testi unici, riescono insopportabili. Perché, con tutta la buona volontà, con tutte le attenuanti che puoi trovare, a giudicarle innocenti, anche loro, proprio non ce la fai. E più te lo impongono e più non ce la fai.

Insopportabile è il cinismo che le manovra. Insopportabile è la boria che le anima, da “mi merito il Nobel” a “Mi odiano dunque mi temono”. Insopportabile è quel loro stare al gioco. Insopportabile è la cialtronaggine di zio Juncker che bacia le mani a Greta. Insopportabili sono queste legioni di analfabeti da corteo che di problematiche ambientali sanno niente e se ne vantano. Ha proclamato uno con una faccia da idiota che annunciava una vita: “I cambiamenti climatici sono i cambiamenti climatici”. Come l’immarcescibile Menelao Strarompi.

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