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Un Paese manicomio: si litiga sul niente inseguendo l’agenda politicamente corretta

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Disse una volta Lou Reed a un amico italiano: “Ogni volta che vengo da voi, vi trovo sempre a litigare su tutto”. E sì che era una rockstar selvaggia, abituato alla polemica come a respirare. Lou è scomparso da sei anni e non ha fatto in tempo a vedere la propensione italica allo scazzo da ringhiera farsi da patologica a paranoica. Si litiga su tutto, vale a dire sul niente, preferibilmente per cazzate monumentali. Il Paese manicomio, condizionato dall’agenda politicamente corretta, si scanna sulle questioni più stupide, più insopportabili. Una sedicenne viene a predire, o augurare, non s’è capito, la fine del mondo e bisogna prenderla sul serio: Greta, Greta, se non porti in processione Greta sei un maiale inquinatore irresponsabile, giorni e giorni di lenzuolate, di articolesse sulla santità di questa trecciolina che gira il mondo ma come vuole lei, niente aerei, niente bastimenti, niente automobili, forse lo spirito santo, forse legata a un condor dal Cile alla Spagna, dalle Ande ai Pirenei, ah Greta, oh Greta, salvaci tu Greta, non ti meritiamo Greta.

Passa Greta e arriva una trentenne con urgente bisogno di shampoo, è ricca, si annoia e allora si diverte a speronare motovedette della Finanza italiana e bisogna prenderla sul serio, Carola, Carola, se non porti in processione Carola sei un maiale sovranista irresponsabile, giorni e giorni di dibattiti, di chiacchiere deliranti sulla santità di questa trecciona rasta che vuole imporre le sue leggi fondate sull’illegalità, ah Carola, oh Carola, redimici tu Carola, non ti meritiamo Carola.

Neanche il tempo di salutare la capitana, che però torna come un boomerang perché in Italia la trattano bene, che incombe una novantenne candida come l’aurora di bianco vestita, senatrice a vita scampata, fortunatamente, all’immane abominio del lager, cui vogliono intestare una commissione psicopolitica per regolare pensieri, parole, opere e omissioni e bisogna prenderla terribilmente sul serio, non ci son santi, Liliana Liliana, se non porti in processione Liliana sei un kapò nazista, un Mengele, un Goebbels, e giù tiritere interminabili, e riceve duecento minacce al giorno, e siamo un Paese razzista, e l’onda nera, e il leghismo forcaiolo, e il partigianato perenne, e l’antifà militante, ah Liliana, oh Liliana, riscattaci tu Liliana, non ti meritiamo Liliana (“Non la meritate Liliana Segre”, ha scolpito il figlio in un accesso di ritrosia e di riserbo). Salvo scoprire che i duecento o duecentomila attacchi al giorno erano una purissima, faziosissima, paraculissima invenzione di Repubblica.

E prima ancora c’era stato il fantasmagorico sindaco di Riace Mimmo Lucano, noto per la spumeggiante dissipazione delle pubbliche casse col pretesto dei migranti, almeno secondo la magistratura, oh Mimmo, ah Mimmo, non siam degni di te Mimmo col pugno chiuso, e anche lì terremoti di litigi, di santificazioni, di attacchi a chi non se la beve, e sempre gente con gli occhi fuor dalle orbite, e discorsi a pera, e analisi da terza media, e frescacce sesquipedali e tifoni di polemiche che, misteriosamente, si spengono da un momento all’altro e avanti il prossimo.

Ci sono popoli al mondo costretti a rischiare all’estremo, a mettersi in gioco per emergenze totali, atroci, missili, terrorismo, genocidi. E poi c’è un continente rammollito dalla propria fortuna, strangolato da una espressione burocratica, la Unione europea, che di fatto invita a boicottare i prodotti israeliani e in essa c’è l’Italia, questa landa petalosa, cremosa come uno stracchino rancido, dove ci si azzanna per le profonde, o abissali, riflessioni di Alba Parietti, le sparate colesteroliche di Chef Rubio, i fanatismi di padre Zanotelli, le smanie di Gad Lerner, il bisogno d’attenzione di Selvaggia Lucarelli e Andrea Scanzi, i petardi di Saviano o Michela Murgia o le imprescindibili intuizioni social di Alessia Morani. Ma se po’ fa’ ‘sta vita?

Non sono polemiche e non sono manco fregnacce, è il nulla, il nulla, il nulla.

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