Politica

Atreju, Elly Schlein è stata sincera: ha paura

La segretaria del Pd diserta la festa di Fdi. E c’è un motivo (che lei conosce bene) per non andare

Elly Schlein diserta Atreju

La si nota di più se non ci va o se resta a casa? Il dubbio, tipicamente morettiano, appassiona, poco, l’universo di sinistra, sempre più microcosmo a giudicare dall’imbarazzante riuscita degli scioperi della costola sindacale, che anche i compagni più trinariciuti hanno capito, e dunque snobbato, servire solo alle fregole carrieristiche del boss cigiellino: loro sì che son rimasti a casa, in massa: problema risolto. Lo ha risolto, il problema, e per lei è una novità assoluta, visto che di solito li e se ne crea, anche Elly la svizzera, rifiutando recisamente il gentile invito alla festa rituale di Atreju da sora Giorgia. Che se la ride: che poco coraggio, però… Schlein, da parte sua, non poteva che replicare con un’overdose di supercazzole, ma insomma il disagio è chiaro, ai livelli di una qualsiasi attivista climatica che caga sull’Arco della Pace.

La si nota di più se non va o se non va? Si sprecano le ipotesi – paura, eh? O snobismo al ragù comunistoide in salta di Tartuffe? -, non si contano i lazzi, ma io qui vengo a dire che Elly Schlein da Bologna, Svizzera, USA, invece è stata sincera come forse non le era mai capitato, né più le succederà. Regna la battutina, facile, del Fiore, “non vado perché non ho niente di nero da mettermi”, a parte gli occhioni sgranati, a volte inespressivi, inquietantemente memori di quelli di Alvaro Vitali che affascinavano Federico Fellini, il visionario che nei laghi spenti vedeva mondi. Deliri e armocromie, oscillazioni israelopalestinesi, tutto e il contrario di tutto, il populismo dei ricchi, il signora mia in autoelectric, tutto zavorra la povera ex ragazza della Dotta, spedita a Bruxelles quando avrebbe dovuto occuparsi della messa in sicurezza ambientale dell’Emilia Romagna (risultati: pervenuti, purtroppo…).

Ma tutto questo, Elly già lo sa. Lo sa anche lei. Lo sa che è inadeguata, anche se la sua presunzione genetica di ex fanciulla allevata nella bambagia e cresciuta nello staff elettorale di Obama le fa velo. Lo sa, che è stata messa lì per le solite paranoie tatticiste da partito comunista sull’orlo di una crisi di nervi, per cui si prende un omarino, o donnettina, o fluido qualunque e lo si piazza, segretario travicello, fino a che le lotte intestine, e intestinali, simili a una Gaza ai tortelloni, non esprimono di riffa o di raffa un vincitore chiaro, il prossimo da sacrificare. Lo sa, Elly lo sa che l’hanno catapultata dove proprio non era il caso con la mafiata del voto allargato, cioè annacquato, dei non iscritti e di chi passava per caso. Lo sa, infine, di non avere uno straccio di idea, di ideale, di strategia, di orizzonte, di prospettiva, di obiettivo; di speranza.

Lei sta. Fin che ce la tengono, ci sta. E non va. Se s’affaccia in televisione, non importa quanto possa essere compiacente l’anfitrione, regolarmente regala catastrofi di consensi; s’accartoccia nel suo stesso eloquio improbabile; si strozza con la canapa delle sue contraddizioni; sgrana gli occhioni, balbetta, si agita, scatta, oscilla, si rizza come un uccello nervoso: la sensazione è immancabilmente agghiacciante. Dice la base, che peraltro non c’è più: ne abbiamo avuti di ometti, non so, ricordiamoci di Natta, di Occhetto, di Letta: ma come Elly, giammai; come siamo ridotti? E la risposta, è meglio che resti nel vento.

Schlein è una post millennial, una gen Z, o X, o lgbtq+++——, comunque una poseur che ha perso la posa: lo sa anche lei, e sa benissimo che non è il caso di avventurarsi fuor dalle mura amiche, dove già poco la supportano. Che ci va a fare alla festa del capo del governo, una donna sulla quale molte riserve si possono spendere dopo un anno di potere, ma che certo non può essere sospettata di mancanza di personalità, di coraggio personale, e anche di un certo qual protagonismo sorvegliato, ma tipico dei leader? Io sono Giorgia non avrebbe problemi a partecipare a qualsiasi invito, fosse anche un sabba: non sale dai cottage milionari della Svizzera, ha, come ricordato causticamente agli stipendiati sorosiani di +Europa, “sperimentato a lungo cosa vuol dire stare al 3% e cercare visibilità”, le ossa della politica se l’è fatte tutte e alcune anche se le è rotte. Altri petti, altre storie.

Per questo insisto: una tantum, Elly la vaghissima, la tassatrice, la tutto e il suo contrario, Elly una donna chiamata supercazzola, ha avuto un lampo di sincerità, per lo meno con se stessa. E ha rinunciato: dove vado? A fare cosa? A parlar di politica? E che c’entro io con la politica, cosa c’entro io con tutto ciò che non sia me medesima, i miei giocattoli, la mia adolescenza protratta, i miei stati d’animo da traslare in emozioni modaiole o modiste?

Merita comprensione, non sarcasmo. Rispetto, non durezza malandrina. La sua è la tragedia di una leader che durerà fino alle europee perché ce la lasciano, perché l’amaro calice piddino va bevuto fino alla feccia, anche se di alternative decenti ancora non se ne scorgono (magari le tengono in caldo, e tirano fuori il coniglio dal cilindro in extremis, diavoli di compagni; magari candidano Augias, visto che neanche la Rai melonizzata sa farne a meno, o magari il compagno prevosto Luca Casarini, o la spacciatrice digitale di se stessa Chiara Ferragni, lo scopriremo solo ridendo). Noi pensiamo che il piccolo rifiuto di Elly Schlein su Atreju non sia uno sgarbo politico ma una tenera ammissione di fragilità, una scelta obbligata. La paura c’è, ma non dell’uomo, anzi della donna nera: di se stessa, della propria inconsistenza, di quell’espressione sgomenta ogni volta che si sente rivolgere una domanda appena più complessa del come stai, come ti chiami, quanti anni hai, chissà che sarà di noi.

Max Del Papa, 18 novembre 2023

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