Politica

Basta col Primo Maggio: facciamo la “festa della Produzione”

Il lavoro non si difende con gli slogan, ma togliendo alle aziende vincoli burocratici e vessazioni fiscali

Immagine generata da AI tramite DALL·E di OpenAI

La Festa dei Lavoratori, storicamente, è stata spesso occasione di rivendicazioni ideologiche più che di riflessione concreta. In Italia, in particolare, il Primo Maggio è diventato un terreno su cui la sinistra ha preteso per decenni una sorta di egemonia rappresentativa. Tuttavia, il panorama sociale ed elettorale è profondamente cambiato: oggi una parte significativa della classe operaia si riconosce maggiormente nel centro-destra. Questa mutazione non nasce dal nulla, ma è il frutto di una progressiva virata della sinistra dai temi sociali a quelli civili e identitari, lasciando scoperti proprio quei ceti popolari che un tempo costituivano la sua base storica.

In questo contesto, il centro-destra ha scelto un approccio pragmatico, lontano dalla retorica e più vicino alla concretezza. Non è un caso che la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in occasione del Primo Maggio, abbia affidato ai social un messaggio chiaro: il lavoro si celebra con i fatti, non con slogan. E i fatti, secondo i dati ufficiali, raccontano di un’Italia in cui l’occupazione è cresciuta.

In oltre due anni di governo, sono stati creati più di un milione di nuovi posti di lavoro. Il tasso di occupazione è ai massimi storici, in particolare quello femminile. Anche i salari reali mostrano segni di crescita, con dinamiche che, in molti casi, superano la media europea. Certamente non tutto è risolto: permangono zone d’ombra, come la diffusione del precariato, ma la tendenza complessiva è positiva.

Tuttavia, il lavoro non è solo quantità, ma anche qualità e sicurezza. Su questo punto, anche le parti sociali hanno trovato una convergenza: la sicurezza sul lavoro deve essere una priorità assoluta. Non bastano numeri incoraggianti se continuano a verificarsi incidenti evitabili. Serve un investimento strutturale e costante nella prevenzione, nella formazione e nel controllo.

È inoltre necessario rafforzare il legame tra il sistema educativo e quello produttivo: la scuola deve essere in grado di formare competenze che trovino riscontro nella realtà del lavoro. La conoscenza non può restare astratta: deve tradursi in abilità, professionalità, occupabilità. In quest’ottica, anche il sistema sanzionatorio deve essere integrato con quello formativo, affinché la sicurezza non sia solo un obbligo, ma una cultura condivisa.

Solo così si dà piena attuazione al dettato costituzionale che sancisce la nostra “Repubblica fondata sul lavoro”. Una formula che non è retorica, ma che individua nel lavoro il fondamento stesso su cui si basa l’ordinamento repubblicano italiano. In altre parole, il lavoro non è solo un diritto fondamentale, ma anche il cardine su cui si struttura la società e l’economia. Dare dignità al lavoro significa dare forza alla Repubblica. Ma per produrre lavoro è indispensabile mettere nelle condizioni di operare, senza eccessivi vincoli burocratici e vessazioni fiscali, chi il lavoro lo crea. Le imprese, piccole e grandi, devono essere sostenute e comprese non come una controparte ostile, ma come alleate fondamentali del progresso economico e sociale. Sono loro a generare occupazione, innovazione, sviluppo.

Forse è arrivato il momento di ripensare anche il senso stesso della Festa del Lavoro, trasformandola nella Festa della Produzione: un’occasione per riconoscere e celebrare l’intero ecosistema del lavoro, in cui imprenditori e lavoratori siano co-protagonisti di un cammino comune. Solo così il lavoro potrà essere davvero motore di dignità, benessere e coesione sociale.

Andrea Amata, 1° maggio 2025

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