Abou Soumahoro è il politico perfetto: si è fatto eleggere senza aver quasi niente, ha scritto un libro senza padroneggiare la prosa, ci si è pagato una casa senza avere venduto molte copie, da sindacalista lo hanno contestato i suoi stessi iscritti, da paladino dei migranti si è ritrovato lambito da una storiaccia familiare, anche se lui ha subito preso le distanze, finita con moglie e suocera a processo per presunti sfruttamenti dei “fratelli” e disinvolture fiscali. Ripudiato perfino dai suoi impresari, ed è tutto dire visto che sono gli stessi della Ilaler Salis, si è rigenerato in un nuovo partito per importare la sostituzione etnica a Pordenone, ma i risultati più che deludenti sono stati latitanti: praticamente si è votato da solo e nulla più, nell’uovo di Pasqua come sorpresa ha trovato il buco, il vuoto cavo. Dal ramadan al patatrac il passo è breve, ancorché con le galosce di gomma. Ma il compagno con gli stivali è uomo dalle mille risorse e jamas sera vencido. Lasciatelo cantare, col pugno chiuso e fiero, egli è un demagogo, un demagogo vero. Per intanto: buona Pasqua a lui e a quelli che già vedevano Pordenone, il Friuli, l’Italia annesse, assoggettate e sottomesse. Ritentassero, saranno più fortunati (ciò, speremo de no).
Si ride, ma la questione è meno allegra di quanto si possa ironizzare: ha se mai il sapore di uno scampato pericolo, almeno per il momento. Perché Pordenone in particolare è quella città dove, ancora lo scorso febbraio, una preside ha autorizzato le studentesse islamiche a presentarsi come a Kabul, solo gli occhi a evadere dal drappo integrale, occhi che ti guardano ma non li vedi, non vedi niente, non sai chi c’è dietro. Allora parve davvero che avessero vinto i fondamentalisti d’importazione, passando per le scuole, per i più giovani: a Pioltello il Ramadan imposto dal Pd con la benedizione di Mattarella e del Vaticano, a Pordenone il niqab, la copertura integrale, con la sinistra che fingeva di dissociarsi con argomenti strampalati e ipocriti, “è contro l’integrazione”. Ma davvero?
“È la religione” dicevano alcune velate totali intervistate dal telegiornale, per dire l’unica religione, quella nostra. Già, allora sembrò davvero che nell’Italia dentro l’Europa che resta il tramite della sostituzione culturale, gli Islam avessero sfondato: da tempo controllano quartieri e paesi, dettano le loro regole nelle scuole e nelle strade, i cardinali bergogliani dicono: bisogna andarci d’accordo, per dire lasciate fare, è inutile opporsi, hanno già vinto. E hanno ragione, hanno vinto la guerra di religione senza colpo ferire, non hanno avuto neppure bisogno delle stragi, in Italia almeno si limitano al prato basso del teppismo maranza, degli stupri festaioli, con qualche macello familiare. “È la religione” diceva la velatissima di Pordenone e uno come Soumahoro aveva colto subito la nuova occasione, mettersi a capo, come sempre da nessuno nominato, della risacca che risucchiava verso le teocrazie premoderne nel segno di una integrazione fasulla, rifiutata da chi dovrebbe beneficiarne. Una controintegrazione per cui ad adeguarsi debbono essere gli indigeni, ormai incapaci di difendere qualsiasi istanza pluralistica e finanche giuridica.
Invece, chissà se per disorganizzazione o per saturazione, la lista islamocomunista dell’ex AVS si è contata, scoprendo che bastavano le dita di una mano: ha fatto argine non tanto la destra “razzista”, quanto la popolazione intera, in essa compresi gli stessi immigrati, che non ci ha pensato due volte nel votare di conseguenza. Ed è perfettamente inutile, oltre che stupidamente scorretto, che giornali militanti, ma cialtroni, squadernino una lettura immaginaria fatta di lotta alle moschee, di scontri sull’agibilità religiosa dei musulmani: un modo inaccettabile di travisare la realtà, visto che la pretesa era quella di ricavare luoghi di culto e madrasse da scantinati e garages senza alcuna regolarità strutturale. Che poi la ex sindaco Cisint abbia fatto il possibile per fermare una tendenza minacciosa è pure vero: ma dalle torto, che altro dovrebbe fare un sindaco se non vigilare su una avanzata sempre più aggressiva e organizzata?
I fogli della sinistra opportunistica possono parlare di guerra di religione scatenata dalla Cisint, mentendo, ma la sostanza resta quella di un rifiuto persino endogeno: alla lista del compagno Sparafucile non hanno creduto anzitutto quelli che ci si dovevano riconoscere, i voti per il candidato di Italia Plurale sono stati 343, circa il 2%, quelli della coalizione di centrodestra hanno superato il 70% e i motivi sono facilissimi da cogliere, stanno nell’ordine delle cose: molti immigrati di non ultima generazione, pertanto integrati sul serio, preferiscono agire, vivere in una società bene o male ancora di stampo italiano, formalmente democratico, ai rischi e ai salti all’indietro, ai ritardi, alle inettitudini alle nostalgie verso un trapassato remoto che neppure il consumismo occidentale sembra poter disinnescare.
Per quest’anno, l’uovo di cioccolata è ancora lecito (anche se per la riccanza sinistra è continua fonte di guai) e lo è la rappresentazione della Pasqua, con buona pace di chi aspettava un Ramadan definitivo, tra cui non pochi prelati felloni, oltre, s’intende, alla sinistra balorda che sogna scenari britannici dove praticamente tutti i sindaci sono musulmani, con ciò che ne consegue. Se ne faranno una ragione, seppure c’è poco da illudersi, poco da sospirare di sollievo di fronte a un’avanzata che nessuno sembra davvero in grado di contenere. Ma pare che la vera insidia sia Trump che riceve Meloni la quale ha il torto di fare bella figura. Chi resta al palo è, ancora una volta, il compagno Abou al quale, oltrepassato ogni cringe, resta solo il trash, dimensione nella quale sembra molto più versato rispetto alla politica con diritto all’eleganza incorporato.
Max Del Papa, 20 aprile 2025
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