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Carini e Khelif? Se sei XY e non XX, l’udienza è tolta

Insistano pure sul testosterone e su questioni di lana caprina. La verità è che alle Olimpiadi di boxe è crollata la fantasia della “percezione”

Carini Khelif Olimpiadi Parigi 2024

l woke, chiamalo gender, chiamalo queer, fa sempre lo stesso sbaglio: esagera e alla fine gli franano addosso le contraddizioni che pone come assiomi. Ultima conferma, l’allucinante incontro di boxe tra una “pugila” donna e un’altra che è un uomo però una donna però un uomo però. Talmente surreale, che basta il gran rifiuto della femmina senza additivi per farlo crollare.

Allora il woke in malafede non sa che rifugiarsi nelle fumisterie, nella complessità che è la scusa, immancabile, di quelli colti sul fatto. Ma i fumi li solleva il woke, per intossicare, dopodiché nessuno scorge più niente e la si butta in vacca. Prima dicevano che non c’era bisogno di prove, che bastava la percezione, l’autopercezione; poi, di fronte all’evidenza della sproporzione fisica, si sono appellati a convulsi riscontri affidati ad esperti di servizio che scialano in sottigliezze cromosomiche, curve testosteroniche e “non avete capito”, come per l’Ultima Cena queer. Ma se per capire di che sesso sia un atleta c’è bisogno di uno screening da astronauti, vuol dire che la cosa non regge di per sé: nel dubbio non mandi una combattente allo sbaraglio contro un rivale che può frantumarle la faccia.

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E, in ogni modo, se regnava la confusione perché non ci hanno pensato prima? Semplice: perché credevano di farla franca, credevano di imporre la Narrazione che si giustifica di per sé con la prepotenza del conformismo, con l’autoritarismo del predominio.

Da cui la contraddizione più grottesca: buttare a mare la sacra percezione, su cui dovrebbe reggersi la nuova società inclusiva e liquida, non appena il gioco non regge alla prova dell’evidenza. Il ricorso a sofismi biologici ha la coda di paglia, è utilizzato dalla lobby queer per diffondere confusione e distogliere dalla realtà ultima, pratica perversa che fa a pugni con l’insegnamento evangelico: sì, no, le cose sono semplici, bocce ferme. Anche in genetica: se sei XY non sei XX, l’udienza è tolta. Fosse stata coerente, questa lobby avrebbe difeso alla morte il suo dogma principale, l’autopercezione. Invece lo hanno rinnegato come gli apostoli nel Gestsmani, confermandone la natura inconsistente. Le cose sono semplici, sono gli uomini a complicarle: il trans algerino lo vedi a colpo d’occhio che è comunque più maschio che femmina, lo vedi dai tratti somatici, dai bicipiti, da una serie di condizioni immediate; lascia perdere la curva glicemica, il picco del testosterone, l’androginismo mitologico. “Ah, è nata donna, ha solo l’iperandroginia”. E vi pare poco? E vi pare abbastanza per autorizzare un crimine?

Ma se pure il Cio ha incredibilmente ammesso che non era il caso, senonché “l’inclusività è più importante della biologia”! Ci son di quelli che mi scrivono: ma che campionessa, non ha mai vinto niente, Carini poteva batterla, “sul ring si mena”. Ma scusate: il punto è che come pugile vale poco, o che combatte dove non dovrebbe? Sarà entrambi i sessi, ma se è più maschio che femmina vada a combattere coi maschi, se la giochi lui la pelle. Invece pretende di farla rischiare ad avversarie che non possono reggere il divario, insomma gli piace vincere facile. Non è un po’ troppo sfrontato questo gioco di specchi per cui tutto è possibile e niente è vero?

Insistano pure sul testosterone di questo, questa Imane Khelif, solo che dopo il gran rifiuto dell’italiana Angela Carini, che ha svelato le piaghe sul re nudo del woke, le istituzioni sportive di tutto il mondo corrono ai ripari, promettono criteri di valutazione più uniformi e più logici, più trasparenti. Più onesti, almeno sulla carta. Che è come dire, ragazzi, game over, ci hanno beccato, la puttanata della percezione non regge più. Un mondo che si regge sul camaleontismo opportunistico? Quaranta secondi di combattimento, e, come nota oggi Federico Punzi, un delirio di anni finisce risucchiato nello sciacquone della storia. Adesso lasciatela al suo berciare la lobby queer, lasciatela al suo patetico rumore di fondo. Di fondoschiena.

Max Del Papa, 2 agosto 2024

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