Scuola

Caro Valditara, ecco come scippare la scuola alla sinistra: bisogna chiuderla

Un anno di governo di centrodestra ed è cambiato solo il nome del ministero. Ecco cosa fare per riformare l’istruzione

© maroke tramite Canva.com

La differenza tra un ministro della scuola di centrodestra e un ministro di centrosinistra è praticamente irrilevante. Diciamo che se non è zuppa è pan bagnato. Questo governo di centrodestra sulla scuola aveva tutta l’aria e l’intenzione di produrre delle novità, se non proprio una rivoluzione. Ma tutte le novità si sono limitate semplicemente al cambio del nome del ministero, che oggi si chiama Ministero dell’Istruzione e del Merito. Ossia la classica riforma nominalistica, ovvero cambiare le parole piuttosto che le cose.

La rivoluzione del centrodestra è né più né meno che il governo della scuola da parte del centrosinistra. Ne è testimonianza, ad esempio, l’idea di dover introdurre sempre delle nuove materie o dei nuovi insegnamenti, come il caso della misteriosa educazione alle relazioni. Allora forse è il caso di fare una provocazione: se il governo di centrodestra si volesse differenziare rispetto alla scuola che di fatto è egemonizzata dalla cultura del legalitarismo e della sinistra, dovrebbe fare una sola cosa. Dovrebbe chiudere la scuola italiana. È una battuta? Non tanto.

Voglio raccontare un aneddoto, che è peraltro un aneddoto autorevole. Che ha come protagonista la grande figura di Salvatore Valitutti, che fu ministro della pubblica istruzione e che è stato un grande pedagogista. Il quale in un pranzo si sentì dire da un suo interlocutore, che aveva tutta l’aria di volerlo provocare, che a suo modo di vedere le scuole italiane di ogni ordine e grado sarebbero dovute essere chiuse. Al che Valitutti non si fece prendere in contropiede e rispose così: “Lei non ha tutti i torti. La scuola italiana per come è oggi dovrebbe essere chiusa per poi essere riaperta su nuove basi giuridico-istituzionali”.

Ecco qui il punto. Noi non sappiamo più riformare la scuola italiana perché non abbiamo più la capacità di ripensare la scuola italiana nelle sue basi giuridico-istituzionali. Ci viene incontro però un anniversario. Quello per i cento anni che ci separano dalla nascita dell’unica vera riforma della scuola italiana, cioè quella di Giovanni Gentile.

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È uscito per l’editore Le Lettere un cofanetto che raccoglie le opere pedagogiche di Giovanni Gentile. Una lettura utilissima per il ministro del ministero dell’istruzione e del merito.

Bisogna tornare alla scuola di Giovanni Gentile? Naturalmente no, anche perché non potrebbe verificarsi un ritorno al passato perché mancherebbe la materia prima, cioè il corpo docente. Ma bisogna però prendere atto, ad esempio, che quella scuola di Giovanni Gentile era una scuola che si presentava come paradossale. Una scuola che era paradossalmente plurale perché aveva più indirizzi e, pur rivolgendosi ad una ristretta parte della società italiana, aveva questa capacità di proporre più indirizzi di studio ed era a tutti gli effetti una scuola plurale.

La scuola italiana di oggi è una scuola di massa e quindi dovrebbe servire praticamente a tutti. Invece, paradossalmente, s’è trasformata in una scuola monotematica, monocolore, che ad una platea sconfinata dà sempre la medesima risposta. I bisogni sono diversi ma le risposte sono sempre le stesse. Parliamo della liceizzazione della scuola italiana. Con la quale da una parte si è persa l’importante tradizione dei licei, dall’altra parte si è abbandonata anche la capacità dell’istruzione professionale.

E allora ci viene in aiuto un altro anniversario, quello dei 150 anni dalla nascita di Luigi Einaudi. Si è già preparato un comitato nazionale, si annunciano già tutta una serie di studi e di convegni. Ma posso affermare con certezza che di Luigi Einaudi, di questo grande economista e del nostro primo presidente della Repubblica dopo De Nicola, non si dirà che era un insegnante, che conosceva molto bene la scuola e che portò avanti la battaglia per l’abolizione del valore legale del titolo di studio. Allora ecco quello che potrebbe fare il governo di centrodestra.

Giancristiano Desiderio, 25 dicembre 2023

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