Politica

Caso Almasri, il governo tira dritto: “Errori della Cpi, i giudici non ci fermeranno”

L’informativa di Nordio e Piantedosi sulla liberazione del generale libico. Il ministro dell’Interno: “Era pericoloso, nessun ricatto”

almasri

Dibattito rovente alla Camera sul caso Almasri. È stato il giorno dell’informativa urgente dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi sulla vicenda riguardante la scarcerazione e il rimpatrio a Tripoli del generale libico Osama Almasri sul quale pende un mandato di cattura della Corte penale internazionale per crimini di guerra, omicidi e torture. Negli ultimi giorni l’asticella della tensione si è alzata a causa dell’esposto dell’avvocato Luigi Li Gotti e all’iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura di Roma del premier Giorgia Meloni, del sottosegretario Alfredo Mantovano e dei due ministri di Giustizia e dell’Interno con l’accusa di favoreggiamento e peculato.

Nordio non ha utilizzato troppi giri di parole, sottolineando che le autorità giudiziarie sul caso Almasri sono cadute in “grossolane contraddizioni”. La notizia informale dell’arresto del funzionario libico è stato “trasmesso via mail da un funzionario dell’Interpol a un dirigente del ministero alle ore 12:37 di domenica 19 gennaio”, quindi circa tre ore dopo che Almasri era stato fermato: “Si trattava di una comunicazione assolutamente informale, di poche righe, priva di dati identificativi, priva del provvedimento in oggetto e delle ragioni sottese. Solo domenica 20 gennaio alle ore 12:40 il procuratore generale di Roma trasmetteva il complesso carteggio a questo ministro”. Per quanto concerne la comunicazione della Questura di Torino, questa è giunta al ministero “ad arresto già effettuato”, quindi “senza una preventiva comunicazione della richiesta di arresto a fini estradizionali emessa dalla CPI, come prescritto dalla legge”.

Nordio ha evidenziato il ruolo del ministro della Giustizia non è semplicemente quello di un organo di transito delle richieste, ma si tratta di “un organo politico che deve meditare sul contenuto di queste richieste in funzione di un eventuale contatto con altri ministeri e funzioni organo dello Stato”. “Non faccio da passacarte” ha evidenziato il Guardasigilli: “Ho il potere di interloquire con altri organi dello Stato in caso di necessità e questa necessità si presentava eccome. Inoltre serve valutare la “coerenza delle conclusiono cui perviene la decisione della Cpi”. Una coerenza assente, ha aggiunto, quindi quell’atto era nullo, in lingua inglese senza traduzione e con gli allegati in lingua araba. Nordio ha aggiunto: “La Corte si riunisce 5 giorni dopo per dire che il primo mandato di arresto era completamente sballato perchè aveva sbagliato niente meno che la data del commesso reato e noi ce ne eravamo accorti. Se non ce ne fossimo accorti e l’avessimo inviata alla corte d’appello italiana ce l’avrebbe mandata indietro dicendo che quel mandato di arresto era completamente contraddittorio. E questo ce lo dice la stessa corte che ha fatto una riunione apposta per cambiare la data dei delitti dal 2011 al 2015. Quattro anni di resto continuato non sono cosa da poco”.

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Nordio ha poi sottolineato che le anomalie sono state rilevate dalla stessa Cort, che si è corretta e ha cercato di modificare cinque giorni dopo “perché aveva fatto un enorme pasticcio”: “Le ragioni di questo pasticcio frettoloso poi saranno chiarite, ma è mia intenzione attivare i miei poteri per chiedere giustificazione circa le incongruenze”. Il titolare della Giustizia si è poi detto deluso dall’atteggiamento di una parte della magistratura, rea di aver “giudicato l’operato del ministro senza aver letto le carte: “Cosa che non può essere perdonata a chi per mestiere le carte dovrebbe leggerle: il dialogo che ci viene suggerito in questo modo, con questo atteggiamento sciatto, diventa molto più difficile. Andremo avanti fino in fondo, fino alla riforma finale, perché questo loro atteggiamento ha compattato la maggioranza”.

Dopo Nordio, è stato il turno di Piantedosi, che ha tenuto a evidenziare che Almasri non è mai stato un interlocutore del governo per contrastare il fenomeno migratorio. Il titolare del Viminale ha smentito nettamente che il governo abbia ricevuto minacce o pressioni indebite da parte di chiunque, come invece ipotizzato nel corso del dibattito pubblico: “Al contrario, ogni decisione è stata assunta, come sempre, solo in base a valutazioni compiute su fatti e situazioni (anche in chiave prognostica) nell’esclusiva prospettiva della tutela di interessi del nostro Paese. Lo scorso 2 ottobre il Procuratore internazionale ha emesso un mandato nei confronti di Almasri, la Corte penale ha emesso un mandato il 18 gennaio, quando si trovava in territorio italiano”. Piantedosi ha spiegato che Almasri si è mosso in diversi Paesi e l’ultimo viaggio risale all’inizio di gennaio, destinazione Londra. Al 10 giugno risale invece l’inserimento della CPI di una nota diretta solo alla Germania e non visibile ad altri Paesi: “Questa nota era finalizzata alla raccolta discreta di informazioni e contatti di Almasri, con richiesta per le forze dell’ordine tedesche di non arrestarlo, perché aveva lo status di testimone. La Corte penale internazionale ha diffuso questa nota a gennaio ad altri Paesi, ma non all’Italia”.

C’era il rischio che Almasri potesse rimanere libero in Italia, per questo è stato espulso dal Paese, ha aggiunto Piantedosi. Per quanto concerne le modalità di rimpatrio, queste sono andate di pari passo con la valutazione effettuata sull’espulsione del funzionario libico. Come già accaduto in casi analoghi e con governi diversi, s’è reso necessario “agire rapidamente proprio per i profili di pericolosità riconducibili al soggetto e per i rischi che la sua permanenza in Italia avrebbe comportato, soprattutto con riguardo a valutazioni concernenti la sicurezza dei cittadini italiani e degli interessi del nostro Paese all’estero, in scenari di rilevante valore strategico ma, al contempo, di enormi complessità e delicatezza”.

Franco Lodige, 5 febbraio 2025

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