La conquista più importante delle moderne civiltà occidentali liberal democratiche è definita Stato di diritto, con la quale espressione s’intende, fra le altre cose, la sottomissione del potere politico (ma non solo del potere politico) alle regole giuridiche che sono state predefinite. Nessun potere, in altre parole, può esercitare la sua forza se non seguendo uno schema predeterminato che gli impedisca di essere arbitrario, tirannico e assoluto (sciolto da qualsiasi vincolo).
Lo Stato di diritto rappresenta il governo della legge contrapposto al governo degli uomini; è quel sistema che prevede (quasi sempre) una regola da seguire per ogni caso della vita che deve essere risolto nella sua problematicità, garantisce anche l’uguaglianza di trattamento e riduce ai minimi termini la discrezionalità di chi detiene il potere.
Il pilota automatico
È davvero la garanzia più importante per il mantenimento della civiltà e della pace sociale. Nella sua versione radicale, estrema, potremmo dire, lo Stato di diritto può essere rappresentato come un computer sofisticatissimo all’interno del quale inserire un input (il problema da risolvere) per ottenere un output (la soluzione giuridica del caso).
I conflitti della vita, gli attriti che si manifestano nella società possono così essere risolti facilmente, quasi in maniera automatica. Ad intendere lo Stato di diritto in maniera radicale, tuttavia, si rischia di scimmiottarlo e di perdere il senso profondo delle cose, della storia e, persino, della vita. Ciò perché tutti i casi che sono riconducibili ad una regola devono essere risolti secondo quella stessa norma e se la disciplina non prevede una eccezione espressa nessuno vi può derogare.
Si inserisce, insomma, il pilota automatico secondo lo schema cosiddetto kelseniano del “se”, “allora”; se accade questo fatto si deve agire nel modo previsto dalla legge, non si possono ammettere eccezioni, se non sono previste dalla norma stessa, e non c’è specificità del caso concreto che possa autorizzare un percorso differente.
Il monito realista dei latini
I latini, però, avevano avuto la saggezza di coniare l’espressione “Fiat iustitia et pereat mundus”, sia fatta la giustizia secondo l’applicazione del diritto a costo di distruggere il mondo. Avevano capito i nostri predecessori che un’applicazione manichea del diritto potrebbe condurre alla distruzione dell’esistente e ciò sul presupposto, di stampo realista, che nessuna regola giuridica potrà mai ricomprendere tutta l’esperienza che si snoda nel corso delle vicende umane.
Fiat iustitia et pereat mundus è quindi il monito realista di chi invoca la regola della eccezione, giustificata dalla straordinarietà del caso, dalla eccezionalità delle vicende, dalla drammaticità del momento.
Ma i puristi dello Stato del diritto, giuristi, magistrati, docenti universitari, ma anche intellettuali di ogni sorta, giornalisti, non ammettono alcuna eccezione allo Stato di diritto e propugnano una visione che risulta, in definitiva, manichea.
Qualche eccezione
Facciamo alcuni esempi. Ipotizziamo per un momento che la trattativa Stato mafia vi sia stata davvero nel corso degli anni novanta del secolo scorso, subito dopo le prime stragi mafiose. Lo Stato di diritto avrebbe imposto di non trattare con i mafiosi e di utilizzare qualsiasi canale di dialogo per arrestarli invece che per convincerli a più miti consigli con scambi di favori e agevolazioni.
Ma il Paese era sotto scacco, si trovava in un momento prossimo alla dissoluzione istituzionale, il frangente storico era del tutto eccezionale. Forse trattare con la mafia, temporaneamente e per riprendere in seguito la battaglia, avrebbe salvato lo Stato sebbene al costo di sacrificare per un attimo lo Stato di diritto.
Secondo una visione manichea tutto quello che abbiamo appena sopra immaginato sarebbe stato inammissibile, anzi, avrebbe rappresentato un crimine imperdonabile e perseguibile ad ogni costo. Ed infatti hanno tentato di perseguirlo con foga giacobina. Non ci sono santi, per riportare il tono un po’ più terra terra, come si suol dire; Fiat iustitia et pereat mundus.
Facciamo un altro esempio. Che la vita di ogni individuo abbia assunto il carattere della sacralità è un’acquisizione di cui dobbiamo andare fieri e per la quale dovremmo batterci con tutte le nostre forze. Non c’è alcun dubbio: non si uccidono gli innocenti, per nessuna ragione.
Ma quando un Paese rischia di scomparire sotto il bombardamento aereo delle proprie città, bombardamento massiccio, continuo e crescente, che causa decine di migliaia di vittime civili, ha il diritto, sebbene sia uno Stato di diritto liberal democratico che dichiara di onorare tutte i diritti fondamentali, di restituire colpo su colpo e di uccidere civili innocenti del Paese aggressore al solo fine di costringerlo ad interrompere le ostilità? O per rispettare il principio dello Stato di diritto l’aggredito deve soccombere?
Nel caso in cui l’unico modo per interrompere una sequenza infinita di atti terroristici sia quello d’intraprendere una guerra d’occupazione territoriale unicamente finalizzata ad eliminare ogni criminale pronto a far saltare in aria qualsiasi innocente, sarebbe necessario rimanere con le mani in mano per evitare danni ulteriori ed onorare il valore assoluto della vita umana?
Liberare bestie feroci che con atti di terrorismo hanno massacrato in Israele donne, bambini, anziani e ogni sorta d’innocenti per ottenere il rilascio di civili e militari rapiti e sequestrati il 7 ottobre 2023 senza alcuna colpa, rappresenta di certo un atto contrario alla giustizia, al diritto e alle leggi, eppure oggi in pochi oserebbero criticare una condotta del genere.
Esiste un’eccezionalità, se si vuole anche una drammaticità, che consentirebbe di affermare che no, forse non sarà rispettoso delle regole giuridiche vigenti quello che abbiamo fatto ma abbiamo salvato il mondo?
Il caso Almasri
Non è il caso di illudersi, centinaia di manichei, molti dei quali il diritto lo applicano di professione, vi accuseranno sempre di avere tradito questo o quel valore fondante della civiltà giuridica, questa o quella norma della Costituzione, questa o quella sentenza della Corte internazionale penale, come sta accadendo, da ultimo, con il caso Almasri, riportato in Libia quasi certamente per evitare ben più spinose questioni di sicurezza (e sul punto ha ragione Bruno Vespa).
Ai manichei non interessano le vicende concrete della vita, i drammi della storia, le necessità ineludibili della sicurezza nazionale. A loro interessa salvaguardare il radicalismo che si nasconde dietro l’apparente coerenza dei loro ideali seguendo i quali intendono plasmare il mondo. Ma del mondo, in realtà, a questi signori non interessa nulla, si preoccupano solo della giustizia. E così la umiliano.