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Che danno negare il liberismo pure nei vaccini

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Se la questione dei vaccini si affrontasse con una mentalità economica, si dovrebbe permettere la loro vendita sul libero mercato. La questione è di principio, ovviamente, e non solo. C’è anche una ragione più pragmatica: oltre a limitare le libertà dei cittadini, le democrazie occidentali, tra poco dovranno ampliare le loro tassazioni, per porre rimedio alle spese senza copertura (più o meno efficienti, a seconda degli Stati) sostenute fino ad oggi. Dunque la Bestia statale, tra poco sarà più affamata di prima. E ciò avverrà, precisamente quando riterremo di esserci salvati dal virus. Una disdetta.

Sì al vaccino privato

La seconda considerazione riguarda una distribuzione ottimale di un bene scarso (il vaccino) con una richiesta elevata: un principio che si applica anche ai beni essenziali. Come si sa la nostra Costituzione e i principi accettati dalle liberaldemocrazie, con sfumature socialiste, dell’Europa continentale, «tutelano (non garantiscono) la salute e garantiscono (queste si) cure gratuite». Motivo per il quale un fumatore viene operato e un grande alcolista assistito. La somministrazione del vaccino, se ritenuta unica cura per scampare alla malattia, può ben dunque, al pari di altri medicinali, essere assicurato senza costi o a prezzi calmierati. Anzi, dal punto di vista strettamente economico, l’immunità di gregge, avrebbe degli effetti positivi che travalicano l’interesse del singolo. Come l’istruzione rende un paese più ricco, così l’immunità dal Covid può permettere ai cittadini di riprendersi le loro libertà e per questa via, accrescere il benessere collettivo.

Resta però il nostro punto di partenza: perché non permettere ai ricchi, ai più paurosi, a coloro che preferiscono un vaccino ad un telefonino di ultima generazione, di impiegare, liberamente, i propri quattrini per farsi pungere in anticipo? Somministrazione di massa e quota riservata per chi voglia pagare non confliggono, ma come avviene spesso nei beni pubblici, se non si fa ideologia, convivono.

Vantaggi del libero mercato vaccinale

I vantaggi sarebbero importanti. Nessuna redistribuzione del reddito è più sana di quella decisa individualmente. I prezzi, per un economista e non per i nostri azzeccagarbugli, sono banalmente una formidabile informazione. Il prezzo del vaccino è quanto un singolo è disposto a pagare per assicurarsi una dose. È l’espressione della sua appetibilità. Un bene costosissimo che nessuno vuole, resterà invenduto. Grazie ad un po’ di mercato, le finanze potrebbero incamerare risorse che poi verrebbero utilizzate per finanziare i vaccini gratuiti a chi non può permetterseli. Secondo voi i miliardi di euro che verranno spesi per la vaccinazione di massa, sono gratis? Macché li pagheremo con le nostre tasse in futuro. Perché non mettere in vendita oggi una porzione di vaccini per fare cassa e così redistribuire le risorse volontariamente tra chi ha e chi non ha?

Con l’effetto secondario, ma fondamentale, che si verrebbe a creare un’industria efficientissima e veloce, perché legata all’interesse economico, nella somministrazione del siero ai paganti. Qualcuno, come sempre, potrebbe obiettare che la cosa sarebbe ingiusta. Posto che le categorie più fragili verrebbero subito vaccinate, anche nella nostra proposta, ci sarebbe certamente un buon numero di privilegiati che salterebbe la fila, ma pagando. Si tratta anche qui di una trappola logica e socialista.

Priorità discriminatorie

Chi ha stabilito le priorità? Abbiamo deciso che i primi saranno i medici: ma quali? Si potrebbe dire molto su coloro che sono davvero a rischio. I 350 mila operatori sanitari che a ieri erano stati vaccinati sono effettivamente i più bisognosi? E perché non il personale che sta nei supermercati? E i professori a scuola? O i tranvieri. Ognuno di loro potrebbe accampare una qualche ragione di priorità. E perché discriminare per professioni. Potremmo discriminare per rischio: conosciamo così poco della malattia, che ancora non siamo certi se vaccinare prima tutti i diabetici o i sovrappeso. Dal punto di vista sociale, come alcuni sostengono, si sarebbero dovuti vaccinare prima i giovani. Oppure avremmo dovuto vaccinare i 4 milioni di ultraottantenni per primi, così da ridurre del 60 per cento la mortalità, già bassa, della malattia.

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