Rage Against the Machine, Tool, Beck. 9 e 10 ottobre del 1999. Sono trascorsi poco meno di ventisei anni dalla prima edizione del Valley Music and Arts Festival, noto semplicemente come Coachella, il festival musicale che si svolge annualmente sui campi dell’Empire Polo Club di Indio, nella Coachella Valley in California, negli Stati Uniti. Il format è cambiato molto negli anni, arrivando a ospitare gli artisti di punta della scena internazionale. E si è adeguato anche il linguaggio, virando verso il woke. E non è un caso che ormai il Coachella non si più considerato un festival rock, una kermesse più alternativa al mondo, ma qualcosa di cool, di tendenza, di risvegliato. E parliamoci chiaro: ormai pare una Festa dell’Unità. Più che in California, sembra di essere a Modena, tra le salamelle e un talk con Massimo Giannini. Poco ci manca.
Parliamoci chiaro: che diavolo ci fa Bernie Sanders a un festival musicale di quella portata? Avete capito bene: tra Billie Eilish e Lady Gaga, è spunto il socialista idolo della sinistra nostrana. Sanders è salito sul palco mentre la folla accorreva con i cellulari in mano, per immortalare l’appello politico del senatore statunitense. “Non ci metterò molto, ma questo Paese si trova ad affrontare sfide molto difficili e il futuro dell’America dipende dalla vostra generazione. Potete ignorare ciò che sta accadendo, ma lo fate a vostro rischio e pericolo. Abbiamo bisogno che vi alziate per lottare per la giustizia“. E giù di applausi, che discorso originale.
Ma mica è tutto. Sanders ha pronunciato il suo discorso presentando sul palco la cantante pop Clairo, che ha ringraziato per aver usato la sua piattaforma a sostegno dei diritti delle donne e per aver parlato apertamente per porre fine alla guerra a Gaza. Ha quindi esortato il pubblico del Coachella a schierarsi contro i miliardari, le compagnie di assicurazione sanitaria e l’attuale Casa Bianca. “Potete voltarvi dall’altra parte e ignorare ciò che sta accadendo, ma se lo fate, lo fate a vostro rischio e pericolo. Abbiamo bisogno che vi alziate, che lottiate per la giustizia. Per la giustizia economica, sociale e razziale” la sua filippica. Le solite sparate anti-Trump, insomma. Immaginate Nicola Fratoianni che sale sul palco di un evento simile al Festivalbar e inizia a inveire contro la Meloni, invocando la patrimoniale e magari le occupazioni delle case.
E voi a questo punto penserete che dopo Sanders al Coachella sarà stata protagonista solo la musica. Macchè. Come in ogni Festa dell’Unità che si rispetti, non poteva mancare la fazione pro-Pal. I Green Day, noti per il loro impegno in politica, hanno cambiato le parole del brano Jesus of Suburbia per riflettere sulla situazione dei bambini palestinesi nei territori occupati da Israele. “Runnin’ away from pain, like the kids from Palestine / Tales from another broken home” (Scappando dal dolore/ come i bambini in Palestina / racconti da un’altra casa distrutta”).
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In realtà non c’è da sorprendersi. Appena un mese fa i Green Day avevano apportato una modifica simile al testo della stessa canzone mentre si esibiva in Australia, cantando: “Am I retarded, or am I just J.D. Vance?”, in riferimento ovviamente al vicepresidente americano. E avanti con i proclami, tra “non faccio parte dell’agenda Maga” e “questa canzone è contro la guerra”. In Italia è pressochè normale – basti pensare alle castronerie che leggiamo prima del Festival di Sanremo – ma evidentemente anche negli Stati Uniti gli artisti per avere un po’ di visibilità devono parlare di politica.
Franco Lodige, 15 aprile 2025
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