Le ultime settimane sono state caratterizzate da intensi contatti tra rappresentanti diplomatici russi ed americani; al latere l’interlocuzione personale di Trump con Zelensky per fargli digerire ciò che il suo staff sta negoziando con la Russia in termini di sovranità territoriale. Com’è ormai noto, le cause di questo conflitto risalgono al lontano 2010 e le responsabilità, come sempre accade, non sono sempre da una sola parte; non è, però, questo articolo dedicato alla ricostruzione di quanto accaduto bensì un’analisi dal punto di vista economico e delle potenziali opportunità per l’Italia (e l’intera Europa) di beneficiare di un eventuale eliminazione delle sanzioni.
La Russia prima del 2022
Frequento la Russia da quasi un decennio (in quanto sposato con moglie russa da padre russo e madre ucraina), tempo sufficiente per aver avuto modo di conoscere a fondo la realtà sociale ed economica di un Paese dalle grandi potenzialità ed un mercato mai sfruttato a pieno dai partner occidentali. Ho avuto, altresì, la possibilità di poter beneficiare di informazioni da entrambi i lati delle due nazioni in guerra, ovvero direttamente da ucraini (anche delle regioni separatiste) e russi e, pertanto, senza alcun filtro politico, ideologico o di alcun genere.
Prima del febbraio 2022, nonostante il persistere di precedenti sanzioni, i primi, e preferiti, partners commerciali occidentali della Russia erano Italia e Germania; ciò non solo in virtù di ottime relazioni diplomatiche tra i due paesi Ue e la Russia ma anche per la grande domanda di beni e servizi proveniente dal mercato dell’ex gigante sovietico.
Intendiamo, ad esempio, il settore automotive in cui le auto tedesche sono particolarmente apprezzate, il design d’interni italiano, l’ingegneria, idem la moda, la tecnologia made in Italy nell’ambito dello sfruttamento delle risorse naturali, vino e cibo tricolore, componentistica e così di seguito.
La Russia è il più ricco Paese in termine di risorse naturali, di conseguenza esporta materie prime ed importa quasi tutto; almeno fino a prima dello scoppio del conflitto in quanto, proprio a causa dell’aggravio delle sanzioni ed abbandono del Paese da parte di molti brands europei ed americani, si è sviluppata un’economia di guerra che, tra le altre cose, ha anche favorito la nascita di aziende interne per sopperire all’assenza di prodotti importati dall’occidente.
Di tutto ciò ha approfittato la Cina, forte di un rapporto privilegiato con la Russia, oltre che paese membro dei BRICS cui entrambi hanno contribuito a fondare; gran parte dei prodotti prima importati dall’Occidente ora sono a firma di brand cinesi o prodotti internamente da neonate startup, soprattutto in ambito tecnologico ma anche nel settore dei beni di consumo di ogni giorno per le famiglie medie, ciò in quanto Pechino è in grado di proporre prezzi bassi nonostante l’inflazione.
Non dimentichiamo, inoltre, il supporto che Xi Jinping ha fornito a Putin costantemente, a partire dall’importazione di gas e petrolio messi al bando dall’Ue per finire con gli interventi in ambito finanziario quando il rublo, ad inizio conflitto, precipitò vorticosamente nei confronti delle altre valute.
Riconquistare il mercato russo a danno della Cina, la sfida post-conflitto
Abbiamo constatato tutti quanto è costato fare a meno del gas proveniente dalla Russia che, tra l’altro, era anche la “benzina a basso costo” che consentiva ai paesi Ue importatori, soprattutto alla Germania, di mantenere minimi i costi di produzione ed essere concorrenziali su tutti i mercati, idem dicasi per il petrolio e relativo indotto.
L’inasprimento delle sanzioni, che non hanno sortito alcun effetto, tra l’altro, in quanto “sterilizzate” grazie ai nuovi sbocchi forniti a Putin dai paesi suoi alleati, non ha fatto altro se non peggiorare ulteriormente le dinamiche economiche all’interno dell’UE, oltretutto da poco uscita (a fatica) dalle conseguenze della pandemia.
A prescindere da considerazioni di carattere politico, ideologico o “finte sanzioni per mostrare al mondo la pretesa del rispetto dei diritti umani” (perché l’Occidente, tutto, ha sempre avuto rapporti commerciali e finanziari con regimi repressivi, vedi Cina, ad esempio, e la stessa Russia, o sfruttato senza alcuna etica paesi africani lasciando le popolazioni in balìa di dittatori sanguinari, l’invasione di Libia ed Iraq e così via …), la riconquista del mercato russo dovrebbe essere uno dei target dei paesi UE.
Riprendere i rapporti commerciali con la Russia (Cina e Trump permettendo) sarebbe ossigeno per l’industria dell’Unione Europea; riattivare le importazioni di gas, pagandolo circa cinque volte in meno di quando accade attualmente, farebbe di colpo crollare i prezzi dell’energia ed i citati costi di produzione, pertanto “risparmio che si potrebbe trasformare in potenziale profitto”.
Fondamentale che l’UE riacquisisca autorevolezza
Tutto questo ipotetico “piano” per rientrare nel mercato russo (ponendo l’ipotesi che Trump sia in grado di fermare il conflitto ed ottenere la cancellazione, o almeno l’ammorbidimento, delle sanzioni) avrebbe ragion d’essere se l’Unione Europea facesse fronte comune diventando un interlocutore affidabile, attendibile ed autorevole sia per gli Usa, a cui, invece, è stato scelleratamente delegata ogni cosa, sia per la stessa Russia che ha tutto l’interesse a far ripartire le forniture di gas e petrolio all’Ue.
Al tavolo delle trattative, per ora, siedono Usa, Cina e Russia; un tavolo a quattro con la sedia vuota che dovrebbe essere occupata da un autorevole rappresentante Ue e non ad interim da Trump, e per di più per interposta persona perché l’unica leader che, al momento, ha instaurato una qualche timida trattativa con gli Usa è la nostra premier Meloni quale raccordo tra Unione e Stati Uniti.
In gioco vi è la sopravvivenza industriale e commerciale di tutta l’Europa, l’alternativa è essere terreno di conquista che divideranno Trump e Xi Jinping da “buoni amici”.
Antonino Papa, 4 maggio 2025
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