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Cosa va a fare Macron in Ungheria

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Speciale zuppa di Porro internazionale. Grazie a un nostro amico analista che vuole mantenere l’anonimato, il commento degli articoli tratti dai giornali stranieri.

C’est le premier déplacement d’un chef d’Etat français en Hongrie depuis 2007. Emmanuel Macron rencontre, lundi 13 décembre, à Budapest, le premier ministre hongrois, Viktor Orban, dans le cadre d’un sommet des pays du groupe de Visegrad (Hongrie, Pologne, République tchèque, Slovaquie). La relation entre les deux hommes n’est pas connue pour être des plus chaleureuses.

«C’est un adversaire politique mais un partenaire européen», a souligné, jeudi, M. Macron, qui boucle ainsi sa tournée des capitales de l’Union européenne (UE). «Quelles que soient nos sensibilités politiques, nos choix, nous devons travailler ensemble pour notre Europe.»

Così “Le Monde” riporta un lancio di Afp sulla visita (la prima di un capo di Stato francese dopo il 2007) di Macron in Ungheria.

Diverse le motivazioni macroniane per la “visita”: c’è il suo ruolo di presidente semestrale del consiglio dell’Unione europea che ha bisogno di un rapporto con tutti gli Stati membri, non solo quelli allineati al main stream politico. In particolare, dopo la rottura tra popolari e socialisti per la presidenza del Parlamento europeo che annuncia, in seguito alla scomparsa  politica dell’imbalsamatrice Angela Merkel, una stagione nella quale sarà assai complesso isolare come si fa oggi (maggioranze Ursula adieu!) i conservatori liquidati come populisti-sovranisti e, in questo quadro, il “presidente semestrale” non può non tener conto dei nuovi fattore politici.

C’è poi la necessità di rimediare alla gaffe (all’Eliseo si sa bene quanto soprattutto Anthony Blinken sia propenso a questo tipo di gaffe: vedi l’accordo anglo-australian-americano sui sommergibili atomici) di Joe Biden che non ha invitato Budapest al summit degli Stati democratici, non comprendendo i problemi addirittura di “onorabilità” dell’Unione europea. Infine c’è l’idea del nostro Emmanuel di usare la presidenza del Consiglio della Ue per la difficile campagna presidenziale francese che si concluderà nell’aprile del 2022 e nella quale i veri avversari saranno tutti a destra (la sinistra è conciata peggio che in Italia). E, in tale contesto, Parigi val bene una visita a Viktor Orban.

In mosse come queste si colgono bene vizi e virtù del presidente francese in carica: la sua agilità politica, la sua intelligenza (spesso condizionata da eccessi di retorica) nel condire scelte in parte contraddittorie con affermazioni realistiche, la sua visione internazionale non priva di un’ombra di opportunismo ma anch’essa non di rado positivamente concreta (con tanto di sacrosante attività da commesso viaggiatore).

Al fondo il nostro appare a occhi italiani quasi un Matteo Renzi ma con dietro un curriculum ben più pesante, una cultura ben più profonda e un establishment solidissimo un po’ diverso dal poter contare solo essenzialmente sul sostegno di Marco Carrai.

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