Economia

La guerra economica

Così la Russia fa le pernacchie alle sanzioni

I sei pacchetti sanzionatori dell’Occidente non sembrano fermare Putin. Ecco come Mosca svicola le nostre sanzioni

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Continua la battaglia economica tra Occidente e Russia. Dopo l’approvazione di ben sei pacchetti sanzionatori e dopo l’abbandono della Federazione da parte di molti marchi mondiali, Vladimir Putin sta attuando una nuova strategia, che si ramifica in almeno due aspetti centrali.

Come Putin aggira le sanzioni

Da una parte, Mosca dipende sempre di più dalle esportazioni cinesi, le quali sono aumentate dell’undici per cento, per la cifra complessiva di 20,2 miliardi. Non è un caso che, sotto il profilo tecnologico, Marvel, uno dei principali distributori di elettronica ed informatica in Russia, sarà ricoperta presto da produttori cinesi per oltre il 90 per cento.

Per di più, la Russia risulta essere il principale canale del Dragone in ambito bellico: la gran parte delle componenti materiali, per la costruzione di aerei da guerra e di missili a lungo raggio, derivano proprio da Mosca, alleato decisivo in un’ottica di medio-lungo termine, quando le minacce a Taiwan si tradurranno in vere e proprie aggressioni. Insomma, oggi più che mai, tra le due potenze confinanti vige un rapporto di profondo scambio e subalternità commerciale. Soprattutto per Putin, destinato ad affidarsi sempre più alle mani cinesi, proprio per svicolare dalle sanzioni atlantiche.

L’import parallelo

Dall’altra parte, invece, il Cremlino cerca di trovare un altro spiraglio decisivo: il cosiddetto import parallelo. Attraverso questa strategia, la Russia potrà contare sulla regolare circolazione delle merci nei Paesi di originaria produzione, che arriveranno in patria per mezzo di altri Stati (Cina, Kazakhistan, Turchia ed Armenia su tutti), i quali agiranno come intermediari. In tal modo, Mosca riuscirebbe ad accaparrarsi, in modo indiretto, le merci prodotte dai marchi che hanno abbandonato la Russia. Operazione perfettamente regolare, a condizione che non si tratti di merce contraffatta.

L’applicazione dell’import parallelo sarebbe il più grande strumento di dissuasione delle sanzioni di Stati Uniti ed Ue. Come riportato da Antonella Scott, sulle colonne de Il Sole 24 Ore:  “Prodotti e brand stranieri sono elencati in una lista preparata dal ministero dell’Industria e del Commercio: smartphone, parti di ricambio, videogiochi, tessile e componenti elettriche, apparecchi medicali, cosmetici, moda, beni di consumo quotidiano, semiconduttori, legno e materiali da costruzione”. Si tratta, soprattutto, di beni prodotti dalle “compagnie che hanno deciso di lasciare volontariamente la Russia, pur senza rientrare nelle categorie poste sotto sanzione. Prodotti per cui non esistono alternative locali, o che non sono più entrati nel Paese per problemi logistici”. Insomma, le merci compiranno un giro sicuramente più lungo, ma prima o poi arriveranno al destinatario: la Russia di Putin.

Discorso diverso è come il Cremlino riuscirà a rimpiazzare il gas invenduto da Gazprom agli Stati europei. Fino ad oggi, la dipendenza del nostro continente è diminuita dal 40 per cento al 25 circa, valore che sarà destinato a cifre sempre più al ribasso. Anche in questo caso, però, Mosca sembra intenzionata a rafforzarsi in tre Paesi: India, Cina e Pakistan, i quali hanno aumentato i propri rapporti con la Russia per una cifra che si aggira intorno ai 30 miliardi. Rispetto all’anno scorso, il Cremlino può contare addirittura su un totale di 13 miliardi di dollari in più. Non male per rimanere un’economia di guerra.

L’unico aspetto, che può seriamente preoccupare Putin, potrebbe essere l’eccessivo costo di applicazione dell’import parallelo. L’allungamento dei tragitti e dei viaggi sarà conseguenza, diretta ed inesorabile, di un incremento dei prezzi delle merci. A ciò, si aggiunge l’assenza di una procedura “che richieda al Servizio doganale controlli specifici per distinguere prodotti o categorie presenti in lista dagli altri, o per distinguere i prodotti originali da quelli contraffatti”, rischiando di lasciar spazio al mercato nero. Per il resto, il Cremlino sembra aver vinto la battaglia delle sanzioni con l’Occidente. Ancora una volta.

Matteo Milanesi, 8 luglio 2022

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