Salute

Covid, si torna nell’incubo? Tamponi a chi viene dalla Cina

All’aeroporto di Malpensa tampone per i passeggeri provenienti dalla Cina

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Il Covid-19 in Cina potrebbe causare più di un milione di morti nei prossimi mesi. Sarebbe questa la stima degli esperti occidentali sulla situazione sanitaria di Pechino, investita da una nuova ondata di contagi, dopo il passaggio dalla politica da Covid-Zero ad un’apertura prima progressiva, poi totale.

Come riportato più volte su nicolaporro.it, il motivo principale di questo cambio di rotta sono state le rivolte popolari delle settimane scorse, diffusesi a macchio d’olio in tutto il Paese, tanto da smobilitare i cittadini come non accadeva dal 1989, quando le proteste cinesi, in nome di un salto di Pechino nel mondo della democrazia, vennero represse nel sangue dal regime comunista.

Per approfondire:

Ora, il nuovo virus cinese ha cominciato a preoccupare non solo le autorità di Pechino, ma anche quelle europee. A causa del notevole incremento dei positivi, l’aeroporto di Malpensa ha ricominciato a sottoporre a tampone i passeggeri in arrivo dalla Cina. L’imposizione è già stata annunciata ed è già in vigore: “Si registra nel Paese un elevato numero di infezioni da Covid con la conseguente forte pressione per il sistema sanitario cinese”, si legge nell’avviso pubblicato su ‘Viaggiare sicuri”, che informa i passeggeri del fatto che “la Regione Lombardia ha dato indicazione alla Ats Insubria, di riferimento per l’aeroporto di Malpensa, di sottoporre a tampone molecolare di screening per Covid-19 tutti i passeggeri/operatori provenienti dalla Cina“. La prescrizione non è obbligatoria, come spiega l’assessorato lombardo, ma è comunque un cambio di rotta. “Si tratta di una misura di prevenzione che serve anche ad accertare il tipo di variante Covid di chi arriva dal Paese asiatico. Al momento – si conclude – sono stati eseguiti 210 tamponi. È stato già avviato il sequenziamento e domani si avranno i primi risultati”.

A sorprendere è però l’apprensione con cui in Italia si sta vivendo il ritorno di fiamma del Covid in Cina. E questo per almeno due aspetti fondamentali. Il primo è sicuramente l’elevato tasso di vaccinazione del nostro Paese. Nonostante alcuni media mainstream, nei mesi scorsi, abbiamo deciso di dipingere il nostro popolo come “ribelle” alle restrizioni ed alle normative anti-Covid, più dell’85 per cento degli italiani ha ricevuto almeno una dose. Una percentuale che scende di quasi nulla (84 per cento), se consideriamo la vaccinazione completa.

Ora, come è stato ripetuto a più non posso, il vaccino non copre totalmente dal rischio contagio, ma tutela il soggetto dai rischi più gravi della malattia. Perché spaventarci così tanto per chi arriva dalla Cina, se l’Italia ha un numero di vaccinati così ampio?

La seconda questione riguarda la variante che sta colpendo Pechino in queste settimane, ovvero la Omicron. Il regime di Xi ha sviluppato nove vaccini fino a questo momento; eppure, oltre al bassissimo tasso di vaccinazione, nessuno di questi è stato progettato contro la variante Omicron. Gli Stati Uniti si sono offerti di esportare mRna, ma Pechino ha rifiutato la proposta, preoccupata di ingrassare le case farmaceutiche americane e di dipendere, almeno in questo ambito, dal suo più grande avversario geopolitico mondiale.

Insomma, qual è il messaggio finale? Il fatto che nel descrivere i fatti cinesi, sia in ripresa anche la liturgia del terrore in Europa ma senza prendere in considerazione lo scenario opposto che, sul lato sanitario, divide la Cina dall’Europa. Se le aperture del regime hanno sì creato maggiori pressioni negli ospedali, questo non può dirsi per il nostro continente – e soprattutto per il nostro Paese – largamente vaccinato e pienamente fuori dal disagio pandemico dei due anni scorsi.

Eppure, pare che l’automatismo, composto da allarmismo e spargipanico, non voglia ancora abbandonarci. Il ricordo delle restrizioni, delle limitazioni e delle regole ferree statali è vivo più che mai, si è incarnato in un vero e proprio mindset, difficilmente scalfibile nei prossimi mesi, se non anni. Ma il virus non è più quello di una volta. Ciò che manca è proprio la consapevolezza di trattarlo come tale.

Matteo Milanesi, 27 dicembre 2022

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