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Cuneo fiscale, quando tocca al ceto medio?

La legge di bilancio per il 2020 ha stanziato, a regime, 5 miliardi di euro per la riduzione del cuneo fiscale dei lavoratori dipendenti. Cuneo fiscale significa anche contributi previdenziali, ma è presumibile che l’intervento si concentrerà sull’IRPEF, sotto forma di un aumento della detrazione per redditi di lavoro dipendente.

L’estensione della riduzione di 960 euro annui (80 euro al mese) per i dipendenti con reddito complessivo fino a 35.000 euro coinvolgerebbe 3,4 milioni di titolari di redditi di lavoro dipendente che si collocano nella fascia di reddito complessivo compresa tra 26.600 euro e 35.000 euro.

Questa estensione assorbirebbe risorse per 3,3 miliardi di euro, lasciando quindi un ulteriore spazio di manovra per 1,7 miliardi euro.

Se la scelta fosse quella di aumentare la riduzione già spettante alla platea di 11,7 milioni di contribuenti che dal 2014 beneficia del “bonus 80 euro”, tale aumento della riduzione potrebbe attestarsi tra i 120 e 240 euro annui (ossia tra i 10 e i 20 euro al mese), a seconda delle scelte che verranno compiute con riguardo ai c.d. “incapienti”.

In alternativa a questo aumento della riduzione, potrebbe essere interessante valutare di estendere il beneficio fino a 40.000 euro di reddito complessivo, ricomprendendo così in esso ulteriori 900.000 lavoratori dipendenti con reddito complessivo tra 35.000 e 40.000 euro.

Il costo aggiuntivo di questa “più ampia” estensione sarebbe di 860 milioni di euro.

Ne residuerebbero altrettanti per prevedere un “decalage morbido” del beneficio fiscale, con sua riduzione all’aumentare del reddito complessivo, per i titolari di redditi di lavoro dipendente compresi nella fascia tra 40.000 euro e 55.000 euro di reddito complessivo (1,1 milioni di contribuenti), evitando così il ripetersi dei problemi che hanno caratterizzato l’esperienza del “bonus 80 euro” con una “zona cuscinetto” troppo stretta e una riduzione del beneficio troppo brusca, una volta superato il limite massimo di reddito complessivo per poter beneficiare di essa in modo pieno.

Questa visione, alternativa al micro-aumento del beneficio per gli 11,7 milioni di contribuenti che beneficiano già dal 2014 del “bonus 80 euro”, tiene conto del vero problema che oggi caratterizza la curva del prelievo IRPEF, ossia la tagliola fiscale che colpisce i redditi complessivi lordi compresi tra 28.000 euro e 55.000 euro: troppo alti per chi pensa sempre e comunque ad abbassare le imposte solo ai redditi bassi, ma troppo bassi per meritare una aliquota progressiva IRPEF che sale già al 38%.

Basti pensare che, sugli 85,8 miliardi di IRPEF (al netto del “bonus 80 euro) che sono oggi dovuti da 21,8 milioni di titolari di redditi di lavoro dipendente, quelli corrisposti dai 15,3 milioni con reddito complessivo fino a 26.000 euro sono 12,9 miliardi di euro, mentre quelli corrisposti dai 5,5 milioni con reddito complessivo compreso tra 26.000 euro e 55.000 euro sono 38,7 miliardi di euro.

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