Ci sono elementi positivi del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, non ci sono dubbi. Basti pensare alla fine del woke e del politicamente corretto, oppure alla gestione dell’immigrazione. Ma non mancano gli aspetti negativi, il più evidente è la politica dei dazi. Parliamoci chiaro: i dazi sono un disastro, sono la morte di un mercato libero, sono un grandissimo problema per l’economia mondiale. Ma occorre anche capire se e quanto entreranno in vigore o se The Donald intende utilizzarle soprattutto come deterrente. Dopo i casi di Colombia e Danimarca, sono arrivate importanti novità sui dossier Messico e Canada.
Trump ha sì annunciato una guerra commerciale, tale da fare oscillare le Borse di tutto il mondo e da lasciare in una situazione di totale incertezza alleati e nemici, ma per il momento non è passato ai fatti. Alla vigilia dell’entrata in vigore dei dazi del 25 per cento contro Messico e Canada, il presidente statunitense ha deciso di sospendere temporaneamente le tariffe.
Il dietrofront sui dazi al Messico è arrivato dopo una conversazione “molto amichevole” con la presidente Claudia Sheinbaum, che “ha accettato di inviare immediatamente 10.000 soldati al confine con gli Usa” con lo scopo specifico di “fermare il flusso di fentanyl e di migranti illegali” negli Usa. Ciò che chiedeva Trump, in altri termini. In questi giorni le parti proveranno a raggiungere un accordo attraverso negoziati guidati per la parte americana dal capo della diplomazia Marco Rubio, dal segretario al Tesoro Scott Bessent e da quello al Commercio Howard Lutnick, con la partecipazione dei due presidenti. Washington ha ribadito la disponibilità a combattere il traffico di armi verso i cartelli.
Ma non solo. Nonostante qualche tentennamento, è arrivato l’accordo anche con il Canada, per la precisione dopo la seconda telefonata tra Trump e Justin Trudeau. Il leader canadese ha messo sul piatto un piano da 1,3 miliardi di dollari per rafforzare i controlli al confine con “nuovi elicotteri, tecnologia e personale, un migliore coordinamento con i nostri partner americani, maggiori risorse per fermare il flusso di fentanyl” e circa 10.000 persone in prima linea”. Ancora una volta ciò che chiedeva The Donald. Trudeau ha aggiunto: “Inoltre il Canada sta prendendo nuovi impegni per nominare uno zar del fentanyl, definiremo i cartelli come terroristi, garantiremo occhi 24 ore su 24, 7 giorni su 7 sul confine, lanceremo una forza d’attacco congiunta Canada-Usa per combattere la criminalità organizzata, il fentanyl e il riciclaggio di denaro. Ho anche firmato una nuova direttiva di intelligence sulla criminalità organizzata e il fentanyl e la sosterremo con 200 milioni di dollari”.
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Qualcuno ha pensato a una retromarcia. In realtà si tratta di tattica negoziale. La minaccia di dazi ha spinto sia il Messico che il Canada a trovare una sintesi con gli Usa, come avevano già fatto Colombia e Danimarca. Diverso il discorso per i dazi del 10 per cento contro la Cina: Pechino ha risposto nella notte con tariffe del 10-15% su gas e carbone Usa, più un’ulteriore tariffa del 10% su petrolio, attrezzature agricole e alcune automobili. I dazi cinesi entreranno in vigore dal 10 febbraio. La Cina ha anche presentato un reclamo all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Inoltre, e la cosa appare una ritorsione, Pechino ha spiegato anche che indagherà su Google per sospetto di violazione delle leggi antitrust. Anche in questo caso non sono da escludere trattative serrate visto che la Casa Bianca ha fatto sapere che parlerà con Xi Jinping durante questa settimana. Tra i dossier sul tavolo anche il canale di Panama, che a suo avviso è finito sotto il controllo del Dragone.
Per quanto riguarda gli altri dossier? Secondo il Telegraph, Trump sta valutando l’idea di imporre una tariffa del 10% su tutte le importazioni Ue, graziando forse la Gran Bretagna. Il tycoon ha lamentato “un deficit massiccio” di 350 miliardi di dollari e accusato il Vecchio Continente di aver “abusato per anni degli Usa”. Da qui la richiesta di un “accordo equo”. Bruxelles, dal canto suo, vuole farsi rispettare. Tra i 27 Paesi “c’è stato un forte consenso” sul fatto che una guerra commerciale sarebbero “dannosa per entrambe le parti”, riferisce una fonte qualificata, e che “si dovrebbero trovare delle soluzioni”. Nessuna rottura con gli Usa, sia chiaro, ma l’Europa non si tirer indietro. Netto Emmanuel Macron: “Se attaccata dal punto di vista commerciale, l’Europa, da potenza quale è, dovrà farsi rispettare e reagire”.
L’Italia può giocarsi la carta più solida complice il rapporto instaurato da Giorgia Meloni, ma la partita la si gioca a livello europeo. Il premier ha predicato la necessità del pragmatismo nei rapporti con gli Stati Uniti e Roma ha già evocato la strategia del ‘buy american’ per giungere ad un’intesa. “No al muro contro muro” il mantra della leader del governo, che teme la possibile replica per le rime alle minacce che sta emergendo nelle cancellerie più importanti.
Franco Lodige, 3 febbraio 2025
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