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Deo gratias: Miss Italia non sarà uomo

L’annuncio della patron del concorso Patrizia Mirigliani: “Transgender? Il mio regolamento non lo consente”

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Comincio subito portandomi avanti: Patrizia Mirigliani sessista omofoba fascista slurp slurp, Meloni negazionista climatica novax odia i migranti stragista e per giunta euroscettica. Perché la madrina di Miss Italia ha specificato che, finché comanda lei, resta il regolamento che ha fatto lei e il regolamento non prevede concorrenti trans. In una parola, Miss Italia e l’Italia non avrà la/il suo big Rikkie, in arte Valerie, maschio che ha prevalso al concorso di bellezza olandese siccome “si sente una donna”.

È questa una delle aberrazioni più scriteriate di questi nostri tempi post moderni, qualcosa che fa acqua, in piedi, da tutte le parti: (fingere di) credere a uno che si percepisce un’altra cosa apre miriadi di prospettive, tutte potenzialmente devastanti e non ci vuol molto a capirlo: io ti vengo ad ammazzare a casa, ma siccome mi percepisco l’ucciso, voglio pure il risarcimento. Io mi percepisco Batman, e voglio vivere a Gotham City. Io mi percepisco gorilla e voglio la femmina da prendere come usa tra i primati, sempre che ella nel frattempo non si percepisca una virologa. Io mi percepisco un miliardario, quindi faccio spese miliardarie e in pagamento do dei soldi percepiti. Eccetera.

Può andare così? No, però anche sì per via che in Scozia, per esempio, hanno prestato fede ad uno stupratore seriale che si sentiva una bambina e così le guardie, che per il momento si percepivano ancora tali, sono state costrette a prenderlo per la manaccia e portarlo in un carcere femminile dove l’energumeno in trecce e calzette rosse ha subito sputato via il leccalecca ed è saltato addosso ad altre detenute, violentandole però ha detto che lui non lo percepiva come uno stupro. Le vittime sì, ma è questione di percezione. Insomma, un mondo in totale perdita di controllo, l’impossibilità assoluta di vivere insieme, di organizzarsi in funzione delle diversità, l’abominio, qualcosa che mai, neppure ai tempi del Neanderthal, era stato concepito da mente (sub)umana, altrimenti la specie si sarebbe estinta subito.

Per cosa poi? Per un fondamentalismo, che tenta di insufflare la rivoluzione fallita a suo tempo ora per via psichiatrica, che rifiuta non solo la realtà ma la stessa anagrafe con le conseguenze del caso: si punta ad azzerare le distinzioni sessuali, e, quanto alla procreazione, ci penseranno gli Stranamore, per via sperimentale, come i vaccini e la non-carne di laboratorio, che sa di moquette. Ma si dovrà dire che è squisita, come in un film di Fantozzi. Già adesso se esprimi opinioni divergenti qualche banca tedesca o inglese ti secca il conto e sei fottuto.

Tornando al fatuo, ma fino a un certo punto, Patrizia Mirigliani dice: l’Olanda, ed altre lande, facciano come meglio credono, ma io a questo gioco non ci sto e siccome nel mio concorso comando io, il transgender per il momento non passa. Attenzione: Mirigliani è donna di mondo, figlia di tanto padre, e il mondo sa come frequentarlo: non ha detto che il transgender non potrà mai concorrere, ha detto che son cose lunghe e questo non è ancora il momento. Che, tradotto, significa: non mi metto contro il potere attuale, tanto più che sto cercando di rilanciare una kermesse in caduta libera negli ultimi dieci anni; quando il vento cambierà, quando miss Italia sarà tornata, se mai, agli antichi fasti, quando insomma sarà in grado di dettare la politica anziché subirla, se ne riparlerà: Sanremo docet.

Da anni e annorum miss Italia non sforna più le Loren, le Mangano, con relative carriere: e un po’ perché di quello stampo probabilmente se ne fanno pochissime, e un po’ perché, anche se se ne fanno, poi non escono fuori, questi tempi ferrigni e Ferragni non le fanno passare, al massimo le miss finiscono per inaugurare qualche supermercato prima di inabissarsi nel Lete dell’oblio. Dove mancano le 3 S, sponsor, soldi e social, non c’è trippa per gatti. Anche al Festival chi vince di solito è degno di cantare a qualche sagra e dopo un mese nessuno lo ricorda più, però Sanremo ha una tale potenza televisiva e dunque politica, che può permettersi di dettare lui l’agenda: e non è detto che l’eterno, inflazionato Amadeus non tenti il colpaccio che Patrizia Mirigliani ha, per il momento, messo da parte.

Coraggio della diplomazia o diplomazia del coraggio? Certo piacerebbe una uscita più risoluta, sarebbe bello sentir dire alcune cose di elementare verità dirompente, del tipo: i cambiamenti climatici per colpa dell’uomo sono una truffa, il caldo che scioglie i pini è una pagliacciata, i media che alimentano il terrorismo sul clima lavorano per padroni che sulla riconversione energetica lucrano a man salva, i migranti non scappano (quasi) mai dalle guerre ma vengono a fare il comodo loro, il garantismo è il rispetto delle procedure di legge e non contrabbandare un farabutto per un eroe, l’individuo non è una entità malefica ma il capolavoro di Dio, se uno è un uomo non è una donna e non può partecipare a un concorso per donne e non c’è percezione che tenga.

Ma in Italia a ragionare così saremo non più che un manipolo di scriteriati che bastano le dita di 4 mani a contarli: e per di più in fama di stragisti e di crudeli e di malati mentali. L’Italia essendo lo strano paese dove se uno il coraggio anche ce l’ha, non se lo può dare, nel senso che lo fanno fuori, è il coraggio del kamikaze, le provocazioni girano prudenzialmente su cose senza rischio, come il porno, la morbosità pornografica. Accà nisciuna è kamikaze e manco kikazè: per cui va già bene la risoluzione a metà di Patrizia Mirigliani, suscettibile di ripensamenti ma che, almeno per il momento, ci scampa il ridicolo di un nerchiuto stretto nel costumino d’ordinanza: e destinato al trionfo, perché a quel punto se lo fai partecipare come fai a non farlo vincere?

Già dà uno strano effetto, vagamente agghiacciante, sorprendersi a parlare di questa roba: come dover ripetere che il sole sta alto nel cielo e il mare è liquido; e se uno trova il coraggio, lo guardano con il compatimento ammirato di uno che va incontro al Calvario. Maledetto tempo dove, per non essere niente, ci si percepisce tutto: forse un giorno scopriremo che non l’abbiamo mai vissuto, era solo un lungo, atroce, allucinante, morboso, ossessivo, demoniaco incubo dove tutto era alla rovescia, dove l’armonia del creato lasciava il posto al pandemonio.

Max Del Papa, 21 luglio 2023

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