Politica

Disperati ma rabbiosi: che schifo l’auto elogio del libro di Speranza

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Come volevasi dimostrare: quella del libro di Speranza, redivivo, ma probabilmente già morituro di nuovo, non è una conferenza stampa di presentazione ma una tetra liturgia veterocomunista, sgangherata, grottesca, eppure minacciosa: ne ha tutte le tinte, inquietanti, ne ha la propensione a mentire e alla autoesaltazione patologica tipica dei regimi sovietici. Già annunciata a porte chiuse, il che la diceva lunga, poi, per quanto partecipata solo da selezionati invitati, resa disponibile in streaming sul sito della Camera – e che la Camera offra a un ex ministro, oggi semplice deputato, i suoi spazi per pubblicizzarsi, è un segnale che può essere colto come di debolezza o come di connivenza dal governo attuale. Comunque mai sentite tante fandonie, mai visto tanto svicolare.

Il potere è resiliente, mettiamola così. La sinistra che si annusa, che diffida, si complimenta, ma poi si dispera perché non sa andare d’accordo e non sa spiegare perché e occupa una occasione, in una sala istituzionale, per regolare i conti con se stessa. Introduce la zdanoviana Anna Ascani, “buonasera a tutti e tutte”, e già sbaglia nell’invertire la formula politicorretta, prima le donne, sempre, anche se la fluidità complica l’identità. Comunque pittura Speranza come un eroe omerico alle prese con tutte le avversità dell’universo da sconfiggere: “Eravamo i primi. Non c’erano soluzioni. Roberto ha preso decisioni necessarie. Abbiamo salvato vite”. Misure di eccezionale impatto, rimembra Ascani, e qui la voce tradisce un fremito di orgoglio totalitario. Poi accenna a quello che, nel solco di quelle misure, dovrebbe essere “il futuro del nostro Sistema Sanitario Nazionale”, e c’è da rabbrividire.

Il potere è imbarazzante, nella sua mancanza di imbarazzo. Lucia Annunziata, candidata in pectore del PD, celebra il PD con voce flautata, dovrebbe moderare ma la prima a esagerare è lei. Servilismo? Ma no, il servilismo prevede una misura di opportunismo, qui si sente, si capisce che c’è una adesione totale, acritica, magari anche scaltra, ma certo zdanoviana, quasi fanatica. PD che, officiato dalla giornalista organica, si esalta, si piace, non si assolve perché non trova niente da assolvere, si concede disinvolto all’onanismo, “un libro che fa bene leggere”. Dipende dai punti di vista.

Che schifo però, che disfattisti questi italiani, “questi novax” riassume Annunziata, e più di pieno nel suo disprezzo non ci sta.

Parla dunque l’Autore, la solita faccia, sempre dolente, ma sempre nella spocchia vagamente malaticcia del potere. Ma sarebbe vano aspettarsi il refolo di un’autocritica: nella Sala della Regina ridotta a una sala da tè rosso, è tutto un cara Lucia, cara Elly, caro Giuseppe, “al quale voglio molto bene”, ma certo, era il tuo presidente, e la morale però è una e una sola: destra infame, destra criminale, ci ha tolto il potere ma siamo i più amati dagli italiani (proprio così dicono), dovremo pur trovare un modo di andare d’accordo, ma sì, fatelo, che Lucia non si tiene, non se ne fa una ragione, e la vera ragione di questa cosa un po’ tetra non è raccontare la pandemia o il libro maldestro del ministro sghembo ma sondare, mandare messaggi, allusioni, aprire e chiudere spiragli. La solita politica politicante al massimo dello squallore. Un libro che dovrebbe illustrare scelte atroci, drammatiche (e sciagurate), usato ipse dixit, per “accendere la luce”, perché la sporca destra, la Meloni, sta spegnendo il Paese. Il 90% dell’incontro viaggia tutto su questa corrente: come fare a cacciarla, come fare a farla fuori, il potere siamo noi, spetta a noi, quelli sono usurpatori e sono indegni, sono disonesti, sono criminali. Ascoltare la registrazione per credere.

Gli errori del periodo più assurdo nella storia della Repubblica, gli errori e le colpe e il dolo, e li abbiamo raccontati tante volte, troppe volte; e così l’inutilità perniciosa di quella tattica che non aveva alcuna strategia, che procedeva alla cieca – e lo dicono, Conte lo ammette e forse neanche se ne accorge: “Era tutto un improvvisare, tutta un’emergenza, agivamo a notte fonda”. Sì, col favore delle tenebre. Col grottesco di accusare la destra di far morire la gente per le liste d’attesa troppo lunghe: la destra, capite? Così parlò Elly Schlein, quella dell’armocromismo psichedelico. Sì, quante volte, troppe volte abbiamo dovuto constatare, provando a denunciarle, le prepotenze, le provocazioni, gli abusi, le vergogne, l’inutilità, il velleitarismo, l’opacità delle scelte, dei contratti, le mascherine tutte sbagliate, i respiratori cinesi, letali, i presidi a primula, i vaccini che non arrivano, poi arrivano, poi vengono ritirati perché la gente ci muore, poi rimessi in circolo, e guai a parlare di affetti avversi, ammalati di ritorno, morti senza preavviso e senza spiegazione, e le segnalazioni morte nel deserto di sabbia dell’Aifa, i dati spariti, e non ricamiamo niente, sono dati di fatto, ci sono le chat, ci sono i messaggi, e “non vorrete mica far morire i vaccini”, ma certo, molto meglio far morire i cittadini, e i morti cinghiati e narcotizzati negli ospedali e negli ospizi, e anche questo per diretta ammissione di chi li curava, “perché, sapete, non restava altro da fare che una morte pietosa”, ma davvero?, e i ricatti, gli obblighi psicotici, le censure, i piani pandemici che non c’erano anche se si garantiva di sì, “abbiamo tutto sotto controllo”, come no, le forze dell’ordine trasformate in sbirraglia, mandate a inseguire, a legnare, ad allagare i cittadini inermi, l’odio mobilitato, appaltato ai servi, l’informazione “sottoposta a torsione”, come diceva proprio Conte, e “mi aspettavo che la gente si ribellasse”, ma non si ribellava, i 190mila morti evitabili, le cure domiciliari impedite, i medici “eretici” diffamati, torturati, boicottati, distrutti, indotti a suicidio, la perversione del potere casuale, irrazionale, il caffè in piedi sì seduto no, le mutande su uno scaffale sì su quello a fianco no, le mascherine anche in macchina, a casa, mentre si scopava, come predicavano i virologi maniaci, tachipirina e vigile attesa, non ti vaccini ti ammali muori (falso, ignobilmente falso, ma nessuno ne ha chiesto conto), i vaccini che dureranno dieci anni, no dieci settimane, che immunizzano, no non schermano, che non hanno effetti collaterali però dovete firmare la liberatoria, sieri testati, sicuri, lo dice la scienza, e poi chi li produce ammette, “abbiamo lanciato aerei senza finire di costruirli, abbiamo fatto la sperimentazione direttamente sulle cavie umane”, un tanfo terrificante di affari colossali e irriferibili, ma Speranza arriva a giustificare tutto con la quantità engelsiana, “13 miliardi di dosi nel mondo e vorreste giudicare noi?”, per dire veniteci un po’ a dire qualcosa, e difatti non solo né lui né Conte hanno “zero paura della commisssione d’inchiesta”, ma arrivano a minacciare, “si ritorcerà su chi l’ha chiesta”, e certo, con la sponde del Colle questi si sentono sicuri; e i giovani fatti uscire di testa, la gente privata del lavoro, dello stipendio, umiliata, punita, e ad ammalarsi poi erano i vaccinati e plurivaccinati, e niente, niente di tutto questo viene lontanamente accennato, i DCPM extracostituzionali, la Costituzione messa nell’armadio, niente viene messo in discussione, assunto di responsabilità.

Il messaggio totalitario, granitico, ottuso è lo stesso per tutte le voci: Speranza, Conte, Annuziata, Schein, Ascani: noi siamo i migliori, la destra fa schifo, i novax non sono esseri normali, forse neppure umani (vedete? Chiedevano scusa, per essersi spinti troppo oltre, ma alla prima occasione il loro odio torna, intatto, potenziato), i novax sono mostri e sono di destra e noi, noi abbiamo salvato l’Italia, gli italiani sono meravigliosi, finché obbediscono, però sono anche osceni e ingrati e non ci hanno rivotato, ma come, come è stato possibile, si dispera la ciambellana Annunziata. Un’ossessione, una mania.

Ah, ma noi, noi eravamo il migliore dei governi possibili. Noi meritiamo il Paese che non ci merita. E giù a cantarsela, a suonarsela fra loro, in quel vago senso di alienazione confortevole, tanto che, per qualche misteriosa associazione di idee, finiscono per ricordare le orrende macabre coreografie dei medici e gli infermieri che ballavano sui tetti, per i reparti, quelle spaventose quadriglie, la gente moriva, lo dicevano loro, nel modo più atroce e quelli ballavano e poi si sarebbe scoperto che applicavano fedelmente indicazioni propagandistiche dell’Agenda. Ricordate che questo è stato, perché se stasera siete venuti a sentire Speranza su questo, restate con le mosche in bocca.

Però erano i migliori, loro, restano i migliori. Attenzione a Elly Schlein, i motivi per prenderla in giro non mancano, anche oggi la sua è una supercazzola pindarica che parte dal Covid e arriva ai cambiamenti climatici passando per la lotta al capitalismo e il sostegno ai movimenti antagonisti però anche all’Europa, se abbiamo capito bene nella selva oscura di “crisi simmetriche” e “sindemie”; però a saperla decifrare bene, c’è da terrorizzarsi abbastanza: “Dopo il secondo lockdown” sostiene Elly “la gente era stanca, prostrata per colpa della destra che strumentalizzava”. E lì si coglie perfettamente la convinzione, tutta comunista: non farli ragionare, non dargli una alternativa, il respiro di una scelta, vanno schiacciati, riplasmati, all’occorrenza imprigionati. Nessuno spende una parola per ripensare un lockdown infinito quanto assurdo, che ha spinto la gente alla pazzia. E mente, Schlein, perché non ci fu, allora, partito, non ci fu politica che strumentalizzasse un bel niente: giusto noialtri quattro cani libertari della critica e dell’informazione non allineata, senza altro potere che farci odiare e diffamare ogni santo giorno. Ma alla segretaria del partito postcomunista, sempre un po’ stalinista, non basta: “siamo così bravi”, testuale, “e allora come è possibile che non passa l’altra emergenza, quella climatica”, con gli annessi e i connessi?

“Non bisogna sprecare la lezione del Covid”, ed è lo stesso concetto del compagno Speranza che voleva “sfruttare l’occasione della pandemia per ricostruire la società nel senso dell’egemonia di Gramsci”. Cioè applicare lo stato totalitario, più di prima e per tutto. Questi sono vaneggianti, ma, a lasciarli fare, pericolosissimi. E insistono, non si danno pace: “Dovevamo votare prima e saremmo ancora al potere”, prima per dire quando i cittadini, degradati a sudditi, restavano scioccati e deportati, prigionieri nelle loro case. Ecco la democrazia di questi signori. Ecco il loro calcolo e il loro rammarico. Chissà se nella velata accusa di Speranza sta anche un felpato calcione negli aurei stinchi presidenziali, visto che fu il Colle a mettersi di traverso, sapendo bene che le cose già allora erano destinate a risolversi in modo opposto. Ma Conte è sicuro, “noi abbiamo la maggioranza dei consensi, la gente ci ama”, e quando uno è convinto di questo, quando crede di aver perso il potere non perché è stato cacciato ma per cupe congiunzioni astrali, che gli vuoi dire? Comunque tutti tranquilli: “A me” sbotta Speranza “non importa per niente della commissione, non può farci niente, però mi fanno pena”. Gli italiani sono meravigliosi ma fanno pena se chiedono di sapere. “Andassero a indagare a Pechino”, come a dire lo sappiamo tutti da chi prendevamo indicazioni, se non ordini, e allora vediamo se hanno il coraggio di spingersi fin là: noi eravamo poco più o poco meno che esecutori. Ecco il tono, la strafottenza. Cosa ha a che fare tutto questo con un libro egolatrico, rimangiato, poi rigurgitato, senza miglior fortuna, fuori dai primi diecimila titoli attualmente in circolazione?

Gli italiani fanno pena e non comprano, non leggono il libro dell’ex potente Speranza che si sente ancora potente. Ma qui, stasera, tutti sembrano carichi a pallettoni e ogni tanto paiono spedire vaghi ammonimenti, quando torniamo, appena torniamo, facciamo tutti i conti e stavolta non avete idea. Col livore di chi sente detronizzato, e però il Conte ha le sue ottime ragioni quando fa il bullo, ci hanno messo alla gogna (a loro, capite?) e poi Schillaci riprende il piano Speranza parola per parola, dunque, di che preoccuparsi? Sbaglieremo, ma in questa riunione di un potere disperato ma rabbioso, che considera le elezioni un vulnus, che si pone l’unico problema di come rimuovere gli usurpatori gratificati davvero di un odio comunista, senza quartiere (ma Conte lancia fiori e cioccolatini a Forza Italia, “che ha sempre collaborato in modo responsabile”), abbiamo sentito un retrogusto di minaccia, provatevi a processarci e le conseguenze non le avrete viste arrivare. E poi applausi, grazie a tutti per la magnifica serata, non si è parlato né del libro né dei fatti tragici che contiene, ma non era questo lo scopo. Davvero avvilente, qualcosa che, a seguirla, avvelena, ammala, “che per poco il cor non si spaura”, e tutto il resto è boia.

Max Del Papa, 30 gennaio 2024