La guerra in Ucraina

Dopo Bucha, non sono ammessi più “ma”

La mattanza documentata dalle foto non lascia alibi: sono crimini di guerra

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La mattanza dei civili di Bucha, documentata da immagini che provocano repulsione e sgomento, dovrebbe imporre una consapevolezza inconfutabile sui crimini di guerra che si stanno consumando in Ucraina. La ritirata delle truppe russe dalla regione di Kiev sta lasciando dietro di sé una scia mortifera. I cadaveri abbandonati sull’asfalto, le fosse comuni tracimanti corpi imbustati in sacchi come fossero spazzatura, le case dei civili saccheggiate, gli stupri e le esecuzioni sommarie sono pagine di un dossier dell’orrore, su cui le analisi minimizzatrici non fanno altro che infierire sull’afflizione del popolo aggredito.

Il nostro ordinamento democratico riconosce il pluralismo come elemento caratterizzante che lo distingue dai regimi dispotici. Tuttavia, sarebbe auspicabile che la condanna nei confronti della brutale aggressione di Putin non venisse temperata dalla congiunzione avversativa del “ma” per limitare le responsabilità dell’autocrate moscovita, imputando alla Nato un concorso di colpa o una provocazione scatenante l’invasione russa. Alcuni opinionisti, sebbene concordi nell’attribuire al Cremlino la responsabilità della devastazione in atto, non riescono ad emanciparsi dal “ma”, facendo principiare la volontà sterminatrice di Putin alla presunta iniziativa ostile della Nato nell’allargamento ad Est.

Nel brano degli opinionisti agnostici coabitano due frasi: la prima riconosce il sopruso putiniano, “ma” viene addebitata all’Occidente l’istigazione dell’orso russo. Ammantare di plausibilità il disegno neo-zarista, proiettato ad espandere i suoi confini, equivale a riconoscere come valida la legge del più forte e a non ostacolarne la volontà di potenza. Ammesso che l’adesione all’Alleanza Atlantica poteva rientrare nell’orizzonte politico di Kiev, ciò comunque non autorizzava Putin a violare l’integrità di uno Stato sovrano. La Nato è un’organizzazione che per statuto non ha una vocazione offensiva. Se ci si oppone all’eventualità che un Paese confinante possa sottoporsi all’egida protettiva occidentale, temendone il dispositivo difensivo, significa nutrire verso lo stesso progetti di annessione, a cui corrisponderebbero quelle reazioni contemplate dall’appartenenza all’ombrello Nato. Dunque, sull’invasione dell’Ucraina e sull’escalation criminale ai danni dei civili inermi non possono agire alibi o formule attenuanti racchiuse in un ambiguo “ma”.

Andrea Amata, 5 aprile 2022

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