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Due leggine ci renderanno tutti più poveri

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Viviamo in un mondo di burocrati pazzi. In cui tutti sono colpevoli: ormai il virus della carta e dell’apparente piccola procedura riguarda tutti noi, privati e pubblici. E chi non è colpito dalla carta, lo è dalle tasse.

Partiamo dalle cose serie e cioè da due piccoli codicilli introdotti da questa maggioranza che ci renderanno tutti più poveri. Sia chiaro, finiremo il nostro castello con la fattura elettronica e lo split payment introdotti dalla passata maggioranza che invece colpiscono i più piccoli. Ma andiamo per ordine.

Sull’altare dell’ambientalismo, i grillozzi hanno intenzione di penalizzare le auto non elettriche e dunque considerate inquinanti. In una favolosa logica tutta loro, non vogliono costruire le tratte di alta capacità ferroviaria (Val di Susa e Terzo Valico) ma intendono penalizzare le gomme inquinanti, che restano una delle poche alternative al ferro. Abbiamo già letto sul Giornale il costo insopportabile, soprattutto delle fasce più deboli, di una scelta di questo tipo. E anche il monito della Fca di chiudere gli stabilimenti in Italia, diventando il nostro mercato domestico ancora più asfittico. In fondo il ragionamento perverso a cinque stelle non fa una piega: meno fabbriche, meno persone che lì si recano al lavoro, e mondo più pulito. E più povero.

Ma è niente, la ecotassa, rispetto all’assurda, anche se pomposamente chiamata governance farmaceutica, previsione del ministero della Salute in materia di farmaci. Anche qui, la retorica è simile: la battaglia è contro quei cattivoni del Big Pharma che fanno pagare cari i loro prodotti ai poveri cittadini italiani. Dietro a tecnicismi da burocrazie sanitarie si cela una botta all’industria farmaceutica italiana, che non è seconda a nessuno in Europa: impiega più di 40mila lavoratori, fattura più di 11 miliardi, ed esporta per il 70 per cento. Il ministro della Sanità ha annunciato una revisione del prontuario farmaceutico nazionale introducendo un concetto micidiale: «L’equivalenza terapeutica». Se dovesse passare sarebbero parificati economicamente farmaci con principi attivi differenti che siano coperti da brevetto o meno. Di fatto, in questo modo, si mette tutto sullo stesso piano, si viola ovviamente ogni rispetto e riconoscimento economico alla proprietà intellettuale.

Qualcuno potrà dire che si tratta di principi fumosi e che la ciccia sono i pazienti che vedrebbero ridotti i loro costi per i farmaci. Balle. Il ministro conta di risparmiare due miliardi, solo sulla cosiddetta spesa convenzionata, rimborsando per ogni categoria terapeutica omogenea il prezzo più basso in commercio. A parte il fatto che oggi la spesa fuori controllo semmai è quella diretta fatta dagli ospedali e non quella convenzionata (che da anni va sotto i tetti stabiliti), il principio perfettamente grillozzo non tiene conto della struttura dell’economia. Come ha scritto recentemente bene il presidente di Farmindustria (la lobby la chiamano loro, come se essere portatori di un interesse é un delitto) Scaccabarozzi, questa mossa rappresenta il diritto a copiare. Qualcuno ci può spiegare per quale motivo al mondo un’azienda italiana sarà nel futuro incentivata ad investire in ricerca e sviluppo se sa che il prodotto che verrà inventato o sviluppato non verrà pagato per gli sforzi fatti? C’è solo da augurarsi che quello della Grillo sia solo una sparata, per portare a casa qualcosa di meno gravoso dell’industria. Poiché se la norma rimane così come è, distruggeremo uno dei pochi settori del made in Italy in campo avanzato, in cui ancora si spende un mucchio di quattrini in ricerca e per di più con successo internazionale.

Passiamo agli affari nostri, di partite Iva. Dal primo gennaio arriva la fatturazione elettronica. E qui i gialloverdi c’entrano poco-niente. Il passato governo gli ha infatti affidato questa patata più che bollente: ad essa infatti sono associati due miliardi di maggiori incassi previsti. Come ha giustamente detto il presidente della commissione Bilancio Borghi, cancellare la fatturazione elettronica sarebbe auspicabile, ma come trovare i due miliardi? Rappresenta ancora un mistero quello di capire come sia possibile che i tecnici dei numeri attribuiscano tutte queste risorse ad un cambio di procedure di fatturazione. C’è da scommettere che alla fine del 2019 ci accorgeremo che tutta questa montagna di evasione non è emersa grazie al digitale. Ma un certo mal di testa che avremo curato con principi di equivalenza terapeutica ci sarà venuto.

Vorrei però concludere con un piccolo ragionamento che riguarda noi privati. Non siamo certo meglio di chi ci governa. Chiunque abbia una partita Iva sa che complicazioni gli mettono le aziende private che ci commissionano un servizio o un prodotto. Altro che fattura elettronica. Vengono richiesti documenti assurdi, certificati inutili, iban vidimati, compilazioni di anticorruzione, conflitto di interesse, smaltimenti e menate simili, quasi fossimo tutti delle piccole Eni. Per non parlare di quelle aziende che si sono dotate di portali di e-procurement, che sono la gioia degli informatici, e la dannazione degli esseri umani. In cui i pdf si possono caricare solo in un certo modo, e i jpg in un altro, in cui gli asterischi dei campi obbligatori sembrano quelli di una battaglia navale. Meno tasse, certo.

Ma soprattutto meno regole, meno carte, meno procedure, meno tempo perso per rispettare obblighi di legge, quando la legge non può regalarci neanche un piccolo spazio in più di mercato e clienti.

Nicola Porro, Il Giornale 15 dicembre 2018

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