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Durigon no, i talebani sì

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Mentre il mondo è sconvolto da una delle più gravi crisi geopolitiche degli ultimi decenni, il paese “legale” sta con la testa rivolta al passato. La storia, ridotta a memoria propagandistica e partigiana, viene usata come clava, nella maggior parte come pretesto per ottenere altro, contro l’avversario politico. Fascismo, antifascismo, guerra, tragedia istriana, anni del terrorismo e così via si frullano in una indigesta e maleodorante poltiglia, da lanciare poi nel ventilatore del cosiddetto giornalismo. È da settimane, ad esempio, che è stato montato un assurdo “caso Durigon”, come affare di stato di massima importanza. L’uscita del sottosegretario fu infelice, non siamo mai stati appassionati di toponomastica, che si riduce sempre a una Batracomiomachia, ma accusarlo di “apologia di fascismo”, come fatto da Letta e impiegare tempo e sforzi per chiederne le dimissioni è ridicolo e strumentale.

E male fa il suo partito a non difenderlo: una volta che cedi su Durigon, cedi su tutto. Ma il fascismo o meglio la paura inventata di un fascismo immaginario popola come al solito i furbacchioni di sinistra, una parte dei quali in buona fede ma un’altra in fede cattivissima. Così sarebbe fascista e perciò da cacciare pure il neo-sovrintendente dell’Archivio centrale dello Stato, Andrea De Pasquale, reo di aver fatto acquisire il fondo Rauti allorché era direttore della Biblioteca Nazionale di Roma. E addirittura nazi fascista sarebbe, secondo Merlo di Repubblica, il parlamentare di Fratelli d’Italia Galeazzo Bignami (classe 1945, fino a qualche tempo fa esponente di Forza Italia, non della X mas) reo di essersi vestito da ufficiale tedesco durante una festa – più o meno come il principe Henry, ora eroe della sinistra per avere sposato Meghan o per essere principe, chissà. Tutto questo, quando non è strumentale (cacciare qualcuno per mettere al suo posto uno dei nostri, cioè dei compagni) è solo triste e deprimente perché rivela tutta la debolezza anzi la inconsistenza di una classe politica di governo, disoccupata perché delle cose serie si occupano Draghi e i suoi tecnici, e a lei non restano che le gazzarre di cortile. Ovviamente sempre con il solito doppio standard. Se sei accusato da loro di essere fascista te ne devi andare, se invece sei un rettore, come Tomaso Montanari, e affermi che le foibe sono una montatura, allora tutti si alzano in piedi contro la epurazione… ovviamente fascista. I parlamentari di Fratelli d’Italia e di Italia viva hanno fatto benissimo a chiedere le dimissioni da rettore. Io credo che il docente debba potersi esprimere liberamente al di fuori delle aule e rispondendo per se: ma un rettore è una carica istituzionale altissima, non le è consentito ciò che è a un semplice docente. O la carica istituzionale vale solo per Durigon e non per Montanari?

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