Economia

La Cina “declassa” il Covid e punta sulla crescita

In Cina il Covid non conta più. Nonostante la situazione sembra essere decisamente allarmante soprattutto per quanto riguarda i numeri, la Cina, invece, sembra voler dire al Mondo di non preoccuparsi più del Covid e di aver voglia di tornare ad essere fabbrica e motore del Mondo.

Naturalmente le fabbriche sono in difficoltà perché la maggior parte dei dipendenti sono malati con la conseguenza che  le merci nei porti non arrivano o rimangono bloccate,  la produzione rallentata e gli ordini restano inevasi.

Si stimano sui 200 milioni di casi di contagi, una situazione sanitaria fuori controllo dovuta anche al rifiuto delle vaccinazioni per la Cina la cosiddetta  “tempesta perfetta”.

Il nuovo stop che ha bloccato l’economia cinese avrà delle enormi conseguenze non solo nel paese asiatico ma anche in Europa e tutto l’ Occidente.

Quando l’economia della Cina ripartirà per la nostra economia non sarà di certo facile, gas e petrolio il prossimo inverno subiranno ancora una volta una brusca impennata perché la domanda energetica cinese deflagrerà.

Ma l’aspetto decisamente importante in questa nuova ondata covid è il mutamento degli equilibri economici in ambito globale, il calo di ordini dagli Stati Uniti registra il 40%, il Messico sta divenendo il paese più gettonato  per la produzione perché la manodopera è la meno costosa il tutto a vantaggio dell’economia statunitense che in  questo momento attraversa una fase di dinamismo nel settore industriale grazie al  ritorno in patria della manifattura.

L’aspetto della globalizzazione ancora una volta viene messo in discussione non c’è multinazionale che non abbia rivisto i propri piani produttivi anche per via della guerra in Ucraina e il riportare le fabbriche in patria è divenuta la prima necessità per non vedere nuovamente interrotta la produzione a causa dei  rischi geopolitici.

Stiamo parlando di reshoring, l’opposto dell’offshoring ed è un fenomeno economico che consiste nel rientro a casa delle aziende che in precedenza avevano delocalizzato in Paesi asiatici come Cina o Vietnam o in Paesi dell’Est Europa come Romania o Serbia.

Ed ecco che ancora una volta l’economia cinese,  seconda economia globale e  primo importatore di materie prime del mondo si incrocia con l’aspetto sanitario dell’intero pianeta perché per evitare il tracollo economico,  il paese di Xi Jinping ha allentato i controlli sanitari da covid, è un ulteriore prova questa per la resistenza della globalizzazione  che non si può permettere ancora una volta chiusure o rischi di mancate forniture per i vari settori produttivi occidentali vedasi il settore tecnologico (microchip) e automobilistico che hanno portato all’aumento esagerato dei prezzi (troppa domanda poca offerta,  per la consegna di una automobile nuova i tempi di attesa sono lunghissimi).

Il rientro delle attività produttive per alcuni aspetti non può essere visto che in modo positivo: aumento dei posti di lavoro e sicuramente  maggiore qualità nel prodotto finito se pensiamo al nostro paese il made in Italy è sempre stato il migliore nel mondo.

L’unico aspetto negativo che al momento emerge è che tale processo di frammentazione del mercato  potrebbe portare inevitabilmente all’aumento dei costi a scapito ancora una volta del reddito delle  famiglie del ceto medio.

Lorena Polidori, 9 gennaio 2023

 

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