Economia e Finanza

La Germania spinge la Bce a strangolarci col rigore. Ma è suo il danno maggiore

Pil tedesco in recessione e rendimento dei bund ai massimi dal 2011

L’ossessione della Germania per il rigore dei conti pubblici e quindi la riscrittura del Patto di Stabilità europeo ricorda un po’ quella di Fantozzi per la signorina Silvani: più il ragioniere uscito dalla fantasia di Paolo Villaggio la corteggia fino a svenarsi, più nulla ottiene da lei se non delusione e danni. Per averne conferma basta una occhiata alla pagella da poco diramata da Standard & Poor’s, in cui i signori del rating americano allargano le braccia davanti alle crepe aperte nelle economia tedesca. Berlino, dicono, non solo è in recessione e il suo Pil si contrarrà quest’anno dello 0,2% ma farà peggio dei “Pigs”. Cioè degli indebitati Paesi mediterranei, Italia e Spagna in testa, di cui S&P ha invece confermato la crescita. Le previsioni per l’Eurozona restano, almeno per il momento invariate, ma questo non è più merito della Germania, che se qualche anno fa rappresentava un treno ad alta velocità ora appare più un convoglio a carbone in rimessa in attesa di essere predisposto per la elettrificazione richiesta dalla transizione.

Non per nulla ieri, dopo che la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha ripetuto la linea dura sui tassi di interesse, come impongono i falchi del rigore, il rendimento del bund decennale tedesco (l’equivalente dei nostri Btp) ha toccato i massimi dal 2011. Una quota che dovrebbe far tremare i polsi al cancelliere Olaf Scholz, forse più di una inflazione che certo resta alta ma che si è comunque dimezzata dai massimi. Invece niente da fare: l’Eurotower, dominato da un’idea di frugalità, ha messo in chiaro che non arretrerà di un passo, lasciando i tassi elevati per tutto il periodo necessario per riportare il caro vita all’obiettivo del 2%. Di tagli al costo del denaro quindi non se ne parla proprio ai piani alti della Bce, malgrado le tante famiglie che nell’eurozona hanno contratto un mutuo a tasso variabile per acquistare la prima casa quando nessuno prevedeva sarebbe deflagrato un conflitto a fuoco nel cuore dell’Europa con conseguente esplosione dei prezzi di energia e materie prime.

La Germania erige un muro davanti alla proposta avanzata da altri Paesi europei di mettere in comune il debito e lanciare un altro Recovery Plan, sull’esempio di quello che ha permesso all’Europa di risvegliarsi dal Covid, ma potrebbe essere l’unica via uscita dall’incubo della recessione. Complice una Cina sempre più in difficoltà a gestire il collasso del proprio mercato immobiliare, come dimostra la crisi di Evergrande sepolta da 300 miliardi di dollari di debiti. Il  “whatever it takes” di Mario Draghi ha salvato l’euro una volta ma non è detto che il banchiere avrà lo stesso successo nel nuovo ruolo di superconsulente incaricato di scrivere un rapporto sulla competitività europea. La Germania e la Bce sono avvisate.

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