Economia e Finanza

Ratings e conti publici: gli attacchi interni peggio delle agenzie

Oggi il verdetto di Dbrs. Ma alcuni economisti gufano sulla tenuta dei conti pubblici. Un’altra forma di autolesionismo

Oggi tocca a DBRS valutare il rating del debito pubblico italiano. Il comunicato arriverà in serata, a mercati chiusi e servirà a capire se l’orientamento sarà quello responsabile intrapreso da Standard&Poor’s la settimana scorsa o se il giudizio di DBRS  lascerà presagire pagine da scrivere più fosche anche in vista di quello che sarà il giudizio di Moody’s previsto per il 17 novembre prossimo.

Intanto chi si aspettava un attacco al debito pubblico italiano da parte di Standard&Poor’s, venerdì scorso, è rimasto deluso. L’agenzia di rating americana ha, di fatto, sospeso il giudizio sull’Italia, individuando comunque  nel suo commento più luci che ombre.

 

Tutti noi che ci occupiamo, in un modo o nell’altro, di economia aspettavamo il primo scoglio, di tre, sulle valutazioni del nostro Paese. Ma mentre tutti aspettavamo il giudizio sul debito pubblico di Standard&Poor’s, ecco che improvvisamente spunta il fuoco “amico”, quello che non ti aspetti, quello da cui non pensi di doverti difendere. Non ci credi eppure comincia a spararti addosso.

 

Quel fuoco arriva qualche ora prima delle decisioni dei Ratings-man di S&Poor’s. In un paper, gli economisti Bastasin, Bini Smaghi, De Nardis, Messori e Micossi mettono in guardia il governo Meloni: “In assenza di una revisione degli obiettivi di finanza pubblica, i rischi di instabilità finanziaria per il nostro Paese possono notevolmente aumentare”. E nel 2024 l’Italia rischia una procedura Ue per deficit eccessivo.

 

Qualcuno si sarebbe aspettato una difesa d’orgoglio, d’ufficio della nostra Italia. Qualcuno si sarebbe aspettato che ci fossero economisti in grado di valutare tra mille chiaroscuri, il tanto di buono che c’è nello spazio di uno “Stivale”.

 

E’ questo che non capisco. Questa forma di autolesionismo, che rasenta l’assurda incapacità di non voler pensare che i propri atti possano finire per condizionare il futuro di milioni di persone e famiglie, non è più accettabile.

 

Sono giochi di potere, ci dirà qualcuno. Il vero potere è quello di chi esercita la propria leadership e competenza per orientare la crescita di un Paese in cui lo sport preferito è quello distruggere invece che costruire, senza curarsi della storia e della vita di milioni di persone che, inconsapevoli, continuano a sgobbare giorno dopo giorno per sbarcare il lunario. Del Paper non discuto i termini e i numeri, su cui non ho nulla da eccepire. Ne discuto la modalità di divulgazione, ne discuto la tempistica di divulgazione. Che ci siano seri, serissimi problemi sui conti dell’Italia non c’è dubbio, ma si può essere proattivi o si può essere distruttivi. A prescindere dai governi, e dei giochi di potere, poco mi importa: io sono per la proattività.

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