Cronaca

Follia statalista, ora lo yacht non può attraccare: “Troppo lungo”

Le beffa per la città di Napoli: il miliardario non può attraccare la propria barca di lusso e se ne va

Cronaca

È l’esempio plastico di come la burocrazia e lo statalismo stanno uccidendo il nostro Paese. E questa volta la dimostrazione arriva direttamente dal porto di Napoli, quando – nella giornata di ieri – al miliardario Bernard Arnault (il patron di Lynth, una multinazionale a cui fanno capo aziende del lusso, fra cui Burlgari, Dior, Louis Vuitton e Tiffany, per esempio) non è stato concesso di attraccare presso il porto del capoluogo campano.

Soluzione al problema? Napoli abbandonata, per procedere in direzione di altre aree, dove attraccare e scendere a terra non è un problema. La follia in questione arriva direttamente da un disposizione normativa da tempo criticata dagli industriali partenopei, la quale impedisce alle barche – se più lunghe di 75 metri – di entrare nel porto turistico, bloccando nei fatti il turismo di lusso nella città. E le critiche sembrano assolutamente fondate, visto che la perdita per il territorio partenopei in termini economici varia tra un minimo di 50mila ed una massimo di 100mila euro al giorno solo per l’indotto. “In una stagione, si parla di decine e decine milioni di euro”, ha affermato Massimo Luise, uno degli amministratori del molo di Mergellina.

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Le barche di lusso fanno poi rotta verso altri Stati, in particolare Malta, Francia e Spagna, dove le stringenti regole italiane sono solo un’immaginazione orwelliana. “Il turismo è il nostro petrolio – ha poi continuato Luise – e non si può dimenticare tutto ciò che si muove intorno agli yatch”. Non è un caso, infatti, che per ogni barca di lusso ci siano almeno altre dieci persone.

Inoltre, “gli occupanti arrivano con aerei privati e hanno bisogno di servizi che, fino ad ora, Napoli ha saputo dare”, visto che fino a pochi anni fa era la stessa città partenopea a portare decine di navi oltre i 30 piedi, generando introiti da milioni di euro. Il tutto, ora, è messo in discussione dalla “bestia statale”, dall’imposizione di norme rigide e verticali, frutto del classico statalismo all’italiana.