Società

Tragedie che si ripetono

Gli studenti ebrei hanno paura. L’appello per tornare in Israele

Uri Sivan, presidente del Techion di Haifa, propone ad allievi e docenti delle università occidentali di trasferirsi

università hamas

Il 15 settembre 1935 vennero promulgate nella Germania nazista le leggi di Norimberga e nel corso del 1936 gli ebrei vennero banditi da tutte le professioni. Modo semplice, efficace e soprattutto legale per impedire alla minoranza ebraica di esercitare una qualche influenza in politica, nella scuola o nell’industria. Si trattava del primo passo di un percorso che avrebbe portato la quasi totalità delle comunità ebraiche tedesche verso le camere a gas e i forni crematori. La stessa cosa avvenne, il 10 novembre 1938, nell’Italia fascista quando il Consiglio dei ministri approvò le leggi razziali che vennero poi annunciate a Trieste da Benito Mussolini il 18 settembre 1938. Anche in questo caso si trattò di una serie di provvedimenti legislativi e amministrativi, per tanto legali, volti a penalizzare gli ebrei italiani. Leggi che rimasero in vigore dal 1938 al 1945. E anche in Italia le deportazioni non mancarono. Proprio in base a queste leggi i docenti e gli studenti di religione ebraica vennero espulsi dalle scuole di ogni ordine e grado e dalle università italiane. Nella maggioranza dei casi gli studenti ebrei videro i loro colleghi e quelli che credevano amici voltare loro le spalle, mentre molti docenti non ebrei approfittarono degli incarichi lasciati vacanti per fare carriera.

Questa pagina di storia è conosciuta un po’ a tutti ma repetita iuvant.

Certo si credeva che una cosa del genere non sarebbe mai più successa, si credeva e ci si sbagliava. A causa del conflitto fra Israele e i palestinesi la vita degli studenti ebrei nelle scuole e nelle università europee, e ultimamente anche nord americane, non è mai stata pienamente tranquilla, ma da un mese a questa parte, e cioè da quando Israele ha reagito militarmente all’attacco terroristico nei suoi kibbutz e villaggi di frontiera con la Striscia di Gaza è diventata oggettivamente impossibile.

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Non sono pochi gli studenti di religione ebraica che evitano di seguire le lezioni in presenza per non avere spiacevoli incontri, troppe sono state le aggressioni a sfondo antisemita registrate nelle ultime settimane. Non è successo solo in Germania, in Francia e nel Regno Unito, solo per citare le nazioni più importanti del vecchio continente, ma anche nelle importanti università statunitensi come Harvard, Stanford o Berkeley.

A causa dell’attuale clima in molti campus universitari gli studenti e ricercatori ebrei e israeliani hanno dovuto affrontare minacce fisiche e verbali che, di fatto, hanno impedito loro di partecipare alle attività accademiche. E questo è successo davanti agli occhi dei docenti che, siccome tengono famiglia e hanno una paura del diavolo, hanno tenuto la testa girata per non guardare ciò che si è consumato davanti a loro: insulti, minacce e antisemitismo di varie matrici allo stato puro.

Anche all’Università di Torino, alla Alma Mater Studiorum di Bologna e a La Sapienza di Roma non si respira, da questo punto di vista, aria tranquilla.

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Che la situazione abbia ormai raggiunto, e in alcuni casi superato, il livello di guardia lo si deduce dal fatto che il professor Uri Sivan, presidente del Techion di Haifa, ha lanciato un invito generale per il trasferimento in Israele degli studenti e dei docenti che vivono all’estero e che a causa dell’antisemitismo e del sentimento anti-israeliano, ormai troppo esteso nei campus universitari di tante città del mondo, non riescono ad avere la giusta tranquillità per arrivare alla laurea, al tanto desiderato master o a insegnare.

Proprio per affrontare questa emergenza, che non il passare dei giorni diventa sempre più pressante, questa università, considerata fra le prime quaranta al mondo, vuole mettere in pratica un programma per la rapida integrazione di studenti e docenti da che sono alla ricerca di un rifugio accademico durante questi tempi difficili. L’invito è rivolto a studenti, ricercatori e professori che potranno a continuare a lavorare e studiare in Israele.

La nota della presidenza del Techion di Haifa, che è stata pubblicata in ebraico, in inglese, in francese e in tedesco, recita: “A seguito dell’ondata di antisemitismo e della retorica anti-israeliana in tutto il mondo, il Technion invita studenti universitari e laureati o laureandi, e docenti accademici di religione ebraica residenti all’estero a venire nei nostri campus di Haifa a svolgere la loro ricerca, insegnamento o a terminare gli studi.”

È probabile che questa iniziativa sia solamente l’avvio di una campagna che darà una risposta fattuale alla spiacevole situazione, ed è probabile che anche le Università di Tel Aviv, Bar Ilan, Gerusalemme, Beer Sheva e lo stesso Istituto Weizmann metteranno in campo iniziative simile a quella del Techion.

Se a cavallo fra gli anni ’30 e gli anni ’40 gli studenti e i professori ebrei rimanevano in una sorta di limbo e si nascondevano in attesa della fine della guerra, dal 14 maggio 1948 gli ebrei hanno un loro Stato dove è possibile studiare, insegnare, curarsi e, quando serve, difendersi. Gli ebrei stanno lasciando la Francia e il Belgio, in Gran Bretagna preparano le valige e nel resto d’Europa non si sentono più a loro agio. Tutto questo a qualcuno può anche sembrare una buona notizia anche se la storia insegna che cacciare gli ebrei o favorirne lo spostamento verso altre terre non è mai stato un buon affare per chi rimaneva.

Soprattutto di questi tempi, soprattutto considerando chi prenderà possesso degli spazi che rimarranno liberi.

Michael Sfaradi, 21 novembre 2023

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