Cronaca

Gli stupri partigiani e il nonno fucilato: l’Anpi senza vergogna su Sallusti

Il racconto del direttore del Giornale sulla famiglia ridotta in povertà e la nonna violentata. Il silenzio dei nipotini dei partigiani

sallusti anpi

Nel suo ultimo libro, “L’eresia liberale”, Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, intreccia una profonda analisi del contesto politico odierno con la filosofia liberale. Ma fa anche una rivelazione di una storia familiare che sta facendo molto discutere. E che ha dato fastidio all’Anpi, incapace di tacere pure di fronte alle tragedie personali.

La famiglia di Sallusti

Il racconto si concentra in particolare su Biagio Sallusti, nonno del direttore ed ufficiale dell’esercito che, dopo l’8 settembre, aderì alla Repubblica Sociale Italiana. La sua attività nel tribunale speciale che condannò a morte Giancarlo Puecher ebbe come tragica conseguenza la sua stessa fucilazione da parte dei partigiani. Alessandro Sallusti, nel suo libro, dipinge il nonno non come un carnefice, ma come una figura che tentò di minimizzare le condanne capitali, sottolineando le complesse dinamiche e le scelte difficili di quel periodo.

“Il presidente del tribunale era fuggito, il suo vice pure. Il nonno era il comandante militare della piazza di Como. Deve aver sofferto per quella sentenza di morte: i condannati dovevano essere quattro, lui riuscì a farli scendere a uno. Certo condannare a morte un ragazzo è una cosa orribile. Ma è orribile anche quello che fecero dopo alla sua famiglia”, ha raccontato Sallusti al Corriere della Sera.

Le conseguenze di questi avvenimenti furono devastanti per la famiglia Sallusti, che sperimentò in prima persona la violenza e la povertà del dopoguerra. Il racconto di come la nonna di Alessandro fu vittima di atroci violenze, tra cui stupri, e di come i bambini furono salvati dalla miseria grazie all’aiuto della Chiesa cattolica offre una testimonianza commovente delle sofferenze subite da molte famiglie italiane in quel frangente storico. “Mia nonna fu violentata. La casa devastata. Mio padre Alberto, che era il primogenito, e i suoi fratellini furono ridotti alla fame, hanno vissuto per anni grazie all’assistenza cattolica”, ha spiegato Sallusti, che è rimasto all’oscuro della vicenda per molto tempo quando era ragazzo, protetto dalla famiglia che preferiva non parlare della fine del nonno. La verità la scoprirà da un libro di storia a scuola. “Ringrazio Dio, e un poco anche mio padre, di avermi protetto. Perché quando uno viene a conoscenza di una cosa del genere, può essere tentato di vendicarla. Di appartenere a quella storia. Di esserne il continuatore. Invece non ho voluto avere nulla a che fare con questo. Perché la loro storia non era la mia”.

Il direttore ha tenuto infatti a precisare che “per nulla al mondo rinnegherei la memoria” del nonno. “La rispetto. Sono onorato e orgogliosissimo di essere suo nipote” Tuttavia, non bisogna chiedere a lui “di condividere quello che mio nonno ha fatto” perché “non c’entro nulla”. Come a dire: la Storia è Storia. Ed è arrivato il momento per l’Italia di chiudere quella pagina. E guardare altrove. “Non mi è mai passato per l’anticamera del cervello di fare, che so, il saluto romano; anche perché mio padre mi avrebbe fatto correre a calci – ha spiegato – Non perché vedesse in quel gesto chissà quale scandalo; ma affinché non pensassi mai, neppure per un attimo, che quella storia fosse replicabile”.

Eppure è sempre la solita storia: la lettera scarlatta del “nonno fascista” la si applica solo a quelli che, oggi, non sono di sinistra. “Soltanto ad alcuni si chiede conto della loro genealogia – ha detto Sallusti – A quelli di sinistra si perdona tutto. Con la Repubblica sociale c’era anche Dario Fo. Giorgio Napolitano prima di essere comunista è stato fascista. Come Eugenio Scalfari. Come Gaetano Azzariti, collaboratore di Togliatti, primo presidente comunista della Corte Costituzionale, che era stato presidente della Commissione sulla Razza…”.

La reazione dell’Anpi

La reazione non si è fatta attendere: l’Anpi di Como ha accusato il direttore di voler reinterpretare la storia a proprio favore, contestando la narrazione degli eventi e sostenendo che la condanna di Biagio Sallusti fu il risultato di un legittimo processo, non di una vendetta. Secondo l’Anpi l’intervista di Sallusti conterrebbe “una serie di falsità lesive dell’onore dei combattenti della Resistenza”. “Il tenente colonnello Biagio Sallusti – si legge nel comunciato – non era un militare sprovveduto ma il comandante del distretto militare di Como, aderente al partito fascista repubblicano e primo seniore della milizia fascista. Aveva il compito di assistere i familiari dei prigionieri e la sua ‘assistenza’ consisteva, come ampiamente dimostrato nel dibattimento processuale, in continue e reiterate vessazioni, violenze, percosse, insulti e minacce ai prigionieri. Nel dicembre 1943 presiede il tribunale, poi dichiarato illegittimo dalla stessa RSI, che condannerà a morte Giancarlo Puecher in un processo farsa. In nessun modo favorisce l’attenuazione delle condanne degli imputati come dichiarato. Gli unici ad intercedere a favore degli imputati sono l’avvocato difensore Gianfranco Beltramini e in parte il podestà Airoldi. Resta fedele fino all’epilogo al fascismo repubblicano e all’alleato nazista”.

Secondo l’Anpi, “Biagio Sallusti non è stato fucilato dai partigiani bensì come esecuzione della sentenza di un regolare processo, emessa dalla Corte d’Assise straordinaria di Como, regolarmente costituita, oltre tutto dopo un ricorso respinto, e infatti la fucilazione avviene non all’indomani della Liberazione ma l’8 febbraio 1946″. Il comitato provinciale di Como accusa “il tentativo” di “distorcere la verità storica e processuale, dando in pasto all’opinione pubblica, grazie ad un’intervista dai toni vagamente colloquiali, una versione dei fatti totalmente inverosimile”.

A firmare la nota sono Manuel Guzzon (Presidente provinciale Associazione Nazionale Partigiani d’Italia Como), Sergio Simone (Presidente del Comitato comasco per le celebrazioni 80mo anniversario della liberazione dal nazifascismo) e Lauretta Minoretti (Presidente dell’istituto di storia contemporanea “Pier Amato Perretta” Como). “Utilizzare l’ultima lettera di Giancarlo Puecher, martire della libertà e medaglia d’oro al valor militare della Resistenza, per accostarla volgarmente e subdolamente a quella di Biagio Sallusti, con lo scopo di porre sullo stesso piano due vite, due modi di pensare e di agire diametralmente opposti, come lo sono stati Puecher e la lotta resistenziale per la Liberazione da un lato, e Sallusti e la violenta e opprimente azione dell’apparato repressivo repubblichino dall’altro, ci si permetta di affermare con forza che è inaccettabile, oltraggioso e vergognoso. Così come riteniamo vergognoso il modo in cui le affermazioni contenute nell’intervista non siano state verificate prima della loro pubblicazione”.

Piccola, piccolissima, annotazione finale. In tutto il comunicato non vengono mai, dicasi mai, utilizzate la parola stupro, abuso, violenza sessuale. Eppure la vera denuncia che Sallusti ha fatto è quella: “Mia nonna fu violentata”. L’Anpi non ha avuto neppure il coraggio di citare l’episodio, per smentirlo o per chiedere scusa.

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