Cronaca

Gondole da guerra: la scoperta migliore degli studi sul climate change

Il CNR partorisce l’ennesima bufala priva di qualsiasi supporto documentale

gondola cnr

Generazioni di storici e di ingegneri navali non se n’erano accorti, ma nel XVI secolo la Repubblica Serenissima sfornò la sua arma segreta: la gondola da battaglia, capace di “affondare le navi nemiche” grazie a rostri di acciaio. La clamorosa scoperta è annunciata con dovizia di particolari nel comunicato stampa n. 17/2022 del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), diramato il 20 febbraio. Il merito della scoperta è di Dario Camuffo, ricercatore associato dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (ISAC) dello stesso CNR. E c’è persino una pubblicazione geografica, Méditerranée, che rilancia la scoperta. Il pacco è completo.

È sufficiente conoscere solo un po’ le faccende veneziane per rendersi conto che la gondola da battaglia è l’ennesima bufala priva di qualsiasi supporto documentale. Non esiste infatti documento storico, testo o raffigurazione che menzionino le gondole da guerra. A riconoscerlo è lo stesso scopritore, che però attribuisce la totale mancanza di riscontri storici al “segreto militare” (ma anche di ciò non esiste alcuna prova documentale) imposto dalla Serenissima. E così, la scoperta della gondola da guerra diventa patrimonio “scientifico” del CNR e del suo Istituto per gli studi sul clima.

Oltre alla totale mancanza di riscontri storici, ad inficiare la teoria delle gondole da guerra ci sarebbero anche alcune circostanze di ordine sia storico che pratico.

Nel comunicato stampa del CNR si legge che Venezia adottò le gondole da battaglia nel XVI secolo “per difendersi e mantenere il predominio sui territori dell’Italia del Nord”. In realtà, già dal XV secolo Venezia controllava l’Italia del nord da Lodi all’Istria, e inoltre la Dalmazia, sei porti in Puglia, Corfù, le isole Ionie, il Peloponneso (chiamato allora Morea), l’Eubea (Negroponte), Creta (Candia), Cipro e le isole dell’Egeo, oltre a numerosi altri porti nel Mediterraneo. In termini sia economici che militari, Venezia era la prima potenza europea e fin dall’810 d.C. non aveva più corso il rischio di essere attaccata lungo i fiumi e nella laguna. Nel 1509 la Serenissima fu assalita da tutte le potenze europee (esclusa la sola Inghilterra) coalizzate nella Lega di Cambrai. Ma dopo una guerra durata otto anni riuscì a prevalere sulla Lega e a recuperare per intero i propri territori. Il tutto senza utilizzare le gondole da guerra.

All’inizio del XVI secolo, epoca in cui il CNR colloca la realizzazione della nuova “arma”, i veneziani disponevano di una vasta tipologia di imbarcazioni. E, fra tutte, la gondola era certamente la meno adatta a “speronare” imbarcazioni nemiche, essendo un’imbarcazione leggera idonea esclusivamente al trasporto (lento) di persone (poche alla volta) nel dedalo di canali e canaletti della città. Le gondole non erano in grado di risalire i fiumi di risorgiva che sfociavano in laguna e meno che mai i fiumi alpini, come il Po, l’Adige, il Brenta e il Piave. Per il trasporto fluviale Venezia utilizzava le galere, che potevano contare su una potente propulsione a remi integrata eventualmente dalla vela. Fu grazie alle galere, e non certo alle gondole, che i veneziani risalirono il Po per attaccare Ferrara e per giungere fino a Torino. Anche il famoso “Bucintoro dei Savoia” –una “peota” a otto remi –partì dall’Arsenale di Venezia, dove era stato costruito, e nel 1731 raggiunse Torino non a remi ma trainato da animali che percorrevano le piste (alzaie) presenti in riva al Po.

Pur senza spiegare perché l’ISAC sia giunto ad occuparsi delle gondole da guerra, il comunicato stampa diramato dal CNR conferma il livello raggiunto da certa ricerca italiana sul clima. Ma non c’è da dolersene: considerato il calibro delle cazzate enucleate ogni giorno a livello globale sui cambiamenti climatici, quelle del CNR sono innocue licenze interdisciplinari. Restiamo dunque in attesa della prossima scoperta di gondole fotovoltaiche, a idrogeno, nucleari o trainate da cetacei ammaestrati, nutriti rigorosamente con cibi biologici a km zero.

Ugo Spezia, 3 marzo 2023

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