Esteri

Guerra in Israele, perché l’attacco è una vittoria strategica di Hamas

Perché l’offensiva contro Israele rappresenta per ora una vittoria geopolitica di Hamas: il ruolo di Iran e Arabia Saudita

Il tutto nacque dagli accordi di Abramo, il piano di pacificazione del Medio Oriente che Donald Trump definì ai tempi “l’accordo del Secolo”. Si trattava infatti di un tentativo di diplomatizzazione dei rapporti delle principali potenze del territorio, sottoscritto il 13 agosto 2020 da Israele, Stati Uniti, Bahrein ed Emirati Arabi Uniti. Un passo decisivo nella storia geopolitica dell’area, visto che segnava la prima normalizzazione della relazioni tra un Paese arabo e Tel Aviv, a partire dal 1979.

Ed è proprio sulla scia di quest’ultima politica propinata da Washington, che Israele ha cercato di porre per la prima volta relazioni diplomatiche con l’Arabia Saudita, la principale potenza economico-finanziaria del territorio, arrivata quasi al punto di riconoscere lo Stato di Israele. Una normalizzazione dei rapporti che ha un minimo comune denominatore: l’avversità verso la monarchia iraniana.

Hamas-Israele

Il progetto nucleare di Teheran, su cui Biden ha offerto clamorosamente il proprio via libera pochi mesi fa, non risulta essere una preoccupazione solo per Tel Aviv, ma rappresenta una minaccia geopolitica anche per l’Arabia Saudita, che si troverebbe potenzialmente in una situazione di ricatto, dietro le minacce atomiche e le destabilizzazioni di Teheran, che guarda caso sostiene i movimenti estremisti di Hamas ed i libanesi di Hezbollah.

Per approfondire:

Insomma, l’invasione dei terroristi islamisti contro gli israeliani allude alla polarizzazione tra due forze. Da una parte, la monarchia iraniana che sostiene i paramilitari di Hamas; dall’altra, invece, Tel Aviv che godeva di una normalizzazione dei propri rapporti con la principale potenza del Medio Oriente. Questo, però, almeno fino a 48 ore fa, visto che i palestinesi hanno ottenuto il risultato geopolitico fondamentale di cancellare dall’agenda saudita il riconoscimento diplomatico di Israele, per poi ritrattare affermando che i negoziati proseguiranno nonostante l’attacco a sorpresa.

Insomma, un continuo cambio di orientamento dei sauditi, che mostra implicitamente come l’invasione abbia dato duro colpo anche al principale Paese dell’area. Anzi, è proprio da qui che si possono ricollegare le motivazioni di un attacco così profondo di Hamas: tentare di tranciare qualsiasi rapporto tra Tel Aviv e Riad. 

Gli ultimi aggiornamenti

Nel frattempo, il sangue continua a scorrere al confine. I morti israeliani sono circa 700, affiancati da oltre 2mila feriti. Il governo di Tel Aviv ha dato via all’operazione via terra contro Gaza in 24-28 ore, uno scenario che ha portato gli Stati Uniti a spostare navi ed aerei nel Medio Oriente, constatando come il diritto israeliano non sia solo quello di difendersi, ma pure quello di contrattaccare.

Sono notizie della notte gli scontri violenti a Sderot, uno dei punti nevralgici su cui si sta svolgendo il conflitto, con i civili ormai da due giorni bloccati in casa ad un solo chilometro dalla striscia di Gaza. Ancora nella notte, Tel Aviv ha mobilitato il proprio arsenale, martellando costantemente il nemico e riuscendo a colpire circa 800 obiettivi di Hamas. Dall’altra parte, però, fonti occidentali hanno sottolineato come possano esservi cellule dormienti dell’organizzazione terroristica già presenti in Israele e pronte ad agire con attacchi suicidi. Uno scenario che rimane incandescente.

Matteo Milanesi, 9 ottobre 2023

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