Esteri

I Paesi Ue si ribellano: “Attenuare le sanzioni contro Putin”

La guerra in Ucraina in fase di stallo: pronto un piano per congelare il conflitto. E intanto Mosca fa affari in Cina

Vladimir Putin e le sanzioni Ue alla Russia

L’attenzione mediatica va e viene, e molto è cambiato ormai da quel 24 febbraio del 2022. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky godeva di ampio consenso internazionale e interno, una forza che col passare dei mesi, con lo scoppio del conflitto in Israele e con lo stallo militare al fronte si sta pian piano incrinando. La stella del presidente-soldato sembra essersi spenta, sia all’estero che in Patria dove montano i mugugni e si susseguono le epurazioni politiche e militari. La Nato confessa che la “situazione sul campo è difficile”, Biden e Scholz lavorano a un piano per congelare le ostilità e molti temono che Kiev possa “perdere”. In fondo si sa: la guerra stanca, e non solo chi è costretto a combatterla. Tanto che – secondo una indiscrezione di Bloomberg – diversi Stati dell’Unione Europea starebbero spingendo per attenuare le proposte di Bruxelles sulle sanzioni a Mosca.

Le crepe sulle sanzioni

Se si esclude forse l’Ungheria di Orban, una ipotesi simile, solo qualche mese fa, sarebbe stata impensabile. Oggi la musica suona diversa. La Commissione Ue ha proposto una serie di misure per reprimere l’elusione di sanzioni attraverso Paesi terzi. È il classico gioco delle tre carte: se non posso vendere i beni direttamente a Mosca, li cedo a un terzo che a sua volta lo spedirà a Putin. Finché si tratta di salumi il problema potrebbe apparire relativo, ma qui parliamo di semiconduttori utilizzati negli armamenti russi poi impiegati sul fronte del Donbass. L’idea sarebbe quella di vietare agli importatori stranieri di rivendere in Russia o per l’uso in Russia i prodotti acquistati in Ue, costringendoli a versare una somma di deposito a garanzia. Metà di quella somma, spiega Bloomberg, verrebbe bloccata in un fondo fiduciario per l’Ucraina. Inoltre, a chi viola le norme verrebbe stracciato il contratto e pure gli esportatori sarebbero obbligati a segnalare eventuali irregolarità.

Ma c’è un grosso “ma”. Secondo le fonti di Bloomberg, alcuni Stati membri hanno sollevato diverse contestazioni inclusi alcuni dubbi sulla legalità delle misure proposte da Bruxelles. Inoltre vi sarebbe il desiderio di restringere il campo dei beni sottoposti a queste particolari sanzioni: il rischio, infatti, è che clausole così stringenti possano ridurre la competitività sui mercati mondiali delle aziende europee.

Le esportazioni della Russia

In fondo gli affari europei con Mosca non si sono mai spenti del tutto, checché ne dicano i vari governi. Le importazioni di gas, per fare un esempio, sono state ampiamente ridotte ma mai azzerate del tutto: nel 2023 gli Stati membri hanno finanziato la macchina da guerra di Putin per un totale di 6,1 miliardi di euro comprando gas naturale liquefatto (GNL). E per molti altri beni la Russia è stata in grado di trovare strade alternative. Un po’ tramite i “ponti” con Paesi terzi come Armenia, Azerbaigian, Uzbekistan, Kazakistan, Serbia e Turchia. Un po’ volgendo a Oriente lo sguardo. Circa l’80% degli acquisti di articoli ad alta priorità arrivano dalla Cina e da Hong Kong. A cui si aggiungono nuove rotte commerciali aperte dal Cremlino verso la Thailandia e la Malesia.

Le rotte del gas

Basti pensare che secondo Gazprom le forniture di gas naturale russo che arrivano a Pechino hanno raggiunto ormai il loro massimo storico. L’Ue non compra più e il gasdotto Nord Stream è stato fatto esplodere? Putin ha rafforzato la cooperazione con Xi Jinping con cui si sono incontrati più volte. Risultato: la Chinese National Petroleum Corp ha incrementato i volumi di domanda di gas proveniente dalla rotta Power of Siberia 1, superando così le quantità precedentemente concordate nel contratto. L’obiettivo di Mosca è quello di raggiungere i 30 miliardi di metri cubi di gas nel 2023, per poi raggiungere i 38 miliardi di metri cubi dal 2024 in poi, a cui potrebbero aggiungersi altri 50 miliardi di metri cubi da un futuro Power of Siberia 2.

Siamo ancora lontani dai 120 miliardi di metri cubi che Putin spediva all’Europa prima dell’invasione di Kiev, ma non manca molto per arrivare ad una totale “sostituzione” degli introiti dalla vendita di gas. Un modo per sostenere l’economia russa, il cui crollo di fronte alle sanzioni occidentali ancora si attende, e per sostenere il conflitto in Ucraina. Mentre il sostegno a Kiev si sfalda.

Franco Lodige, 26 novembre 2023

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