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I racconti del piffero di Rino Cammilleri

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Recensione de I racconti del Piffero (Fede & Cultura) di Rino Cammilleri

È tutto così semplice e chiaro, da vertigine.

Quando ci si deve lasciare andare, quando ci si deve affidare, bisogna fare un salto fuori da sé. Un minuscolo e potentissimo salto che ci cambia la vita e le dà significato.

Il leitmotiv dei racconti di Cammilleri è tanto enigmatico quanto limpido, a seconda della prospettiva da cui li si legge. Con sapienza e originalità, l’autore ci fa dare un’occhiata da vicino alle storie degli uomini dei tempi passati, presenti e futuri.

Ogni racconto sembra farsi da sé e ci sorprende con direzioni inaspettate che ci indicano su quale aspetto focalizzare l’attenzione e la nostra intelligenza viene sempre interrogata dallo scorrere degli eventi, dalle azioni e dalle parole dei protagonisti. Ogni storia ci regala qualcosa di utile. Tobia Nicodemi spara al Papa, pur di raggiungere la notorietà; l’investigatore Rocco Caldani si trova a raccogliere i timori di una ragazza lesbica tradita e a suggerirle di accogliere l’amante o di interrogare la Chiesa. Riccardo, uomo pio, vorrebbe che la preghiera fosse solo una semplice domanda fatta con il cuore, ma il suo tic, che lo porta a bestemmiare, non lo aiuta. Silvia è bella come l’acqua del mare, è mobile, imprevedibile, fa innamorare e perdere. G. Gambino è un ragazzo abbandonato che cresce appigliandosi a quel che trova, incompreso dagli altri e da se stesso. Vuole quello che ha imparato a vedere e lo vuole a tutti i costi.

Ogni personaggio vive fino in fondo la sua realtà; a volte soccombe tragicamente, a volte rinasce sorprendentemente, ma sempre a costo di vedere i propri progetti infrangersi sugli imprevisti della vita. È come se la melodia suonata dalle circostanze fosse crudelmente stonata e priva di senso quando la si ascolta secondo i propri parametri e acquisti finalmente compiutezza solo nel momento in cui ci si affida a Dio. Ed è in quel darsi che i nostri talenti possono davvero fiorire.

Pierfrancesco T. non sa stare con gli altri e, frustrato, va su un monte per disturbare Dio con un piffero che non sa suonare e lo interroga: “Perché i talenti che mi hai dato sono assolutamente inutili, quando non negativi?” Dio, sorprendentemente, risponde: “[…] tu scrutati bene, vedrai che anche tu hai dei talenti, anche se non sono quelli che vorresti. Nessuno nasce senza”.

Quando risuonò, con sua grande meraviglia, dallo strumento prese a uscire una melodia lenta, armoniosa e così struggente che, superato il primo sbigottimento, le lacrime iniziarono a scorrergli sulle guance. […] si sentì invadere da un senso di inaudita dolcezza che era anche nostalgia e rimpianto. Dio lo aveva abbracciato”.

Con un pizzico di Boccaccio, Gogol’ e Asimov, Cammilleri ci fa un dono perenne: la possibilità di andare oltre la nostra miopia e godere di tutte le sfumature dell’esistenza.

Fiorenza Cirillo, 5 giugno 2021