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I tre magheggi della sinistra per governare senza vincere

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Quando scorro i titoli delle notizie quotidiane trovo, come tutti, cose del genere: «È senza biglietto e aggredisce capotreno», «Stupro a Milano», «Sfascia tram e minaccia passeggeri». Cose così, tutti i giorni. Se leggo il sottotitolo, trovo che l’autore è «un giovane di 25 anni», un «ragazzo di 35», un «adolescente di 17» eccetera. Devo leggermi tutto l’articolo per avere conferma di quel che immaginavo, e cioè che si tratta di uno «di origini africane» o «maghrebine». Di solito la rivelazione è in fondo all’articolo e quasi imbarazzata. E spesso non c’è neppure.

Dunque, non si tratta tanto di controllo dei media ma di autocensura. O di passaparola nelle redazioni. Per fortuna non frequento più i «corsi aggiornamento» per giornalisti, ma sospetto che la parola d’ordine venga anche da là. Ebbene, data la natura di tali parole d’ordine è chiaro che la fabbrica non è a destra. Esempio, in questo blog è comparsa la notizia che alla Festa dell’Unità di Bologna c’è stato uno stupro. Proprio nel fiore all’occhiello del Pd. E quando? Sette mesi fa. Ciò vuol dire che per ben sette mesi una cosa del genere è stata bypassata da tutti i media. A partire delle agenzie, da cui i vari redattori pescano. Il che significa: quelli che non sono complici si accodano per paura. Di che? Querele, soprattutto, oltre al linciaggio tivì e i «collettivi» sotto casa.

Ho collaborato per trent’anni col «Giornale» e so bene quanta gente si è fatta la barba d’oro a spese di esso a colpi di querele, specialmente magistrati. E questo ci porta a: è inutile votare se la propaganda e gli apparati (cioè, quelli che non campano di voti) sono sempre e saldamente in mano alla sinistra. La quale è da sempre molto più astuta della destra e non ha d’impaccio gli scrupoli che questa deve, per forza di ideologia, avere. Purtroppo il voto costituisce ancora un grave impiccio per quelli che sognano di stendere la cappa funeraria del loro totalitarismo in ogni anfratto e per l’eternità. Si stanno ingegnando per convincerci ad abolirlo, certo, ma ancora non sono riusciti a plagiarci del tutto.

Sì, se possono ricorrono ai soliti giochi di palazzo e tirano a campare anche per dieci anni, dei quali approfittano per infiltrarsi come talpe nei posti in cui ancora non si sono infiltrati. Ma a un certo punto devono gettare la spugna. E siccome, grazie a Dio, il popolo non è ancora completamente rimbecillito dai loro slogan, ecco che si va a votare e perdono. Ma un governo di destra è come una zattera che galleggia su un mare ostile. E loro lo sanno. Intanto il machiavellismo (invenzione, ahimè, italiana) della sinistra nazionale fa scuola e l’omologa americana prende appunti.

Un magnate, con soldi, suoi, si mette alla testa di quella parte di popolo che non intende farsi castrare dalla sinistra, quella parte che non ha portato il cervello all’ammasso e ha imparato a leggere tra le righe di quel che raccontano i media. E vince le elezioni in quattro e quattr’otto, mostrando con ciò tutta l’insofferenza del popolo di cui sopra. Ebbene, al magnate piacciono le donne? Forza allora con Ruby o con Shannon, perché quel magnate è pericoloso: se con giochetti di palazzo o di schede può essere scalzato, non per questo è finita. Rappresenta un precedente e va stroncato per sempre.

La famosa via giudiziaria al governo, preceduta e sostenuta dai media e dallo spettacolo, ambiente, questo, in cui cultura e comprendonio non servono. Riassumendo: un ricchissimo imprenditore e le sue debolezze sessuali, un magnate (quelli americani sono «magnati», quelli russi sono «oligarchi») di destra che, fuori dai giochi politici, raccoglie pericolosissimo consenso popolare. Vi ricorda niente? Ora, attenzione: l’impero sovietico ha insegnato che si può governare benissimo, cioè angariare, tiranneggiare, opprimere, affamare, un popolo che pur non sopporta il regime, che non beve i suoi slogan, che detesta i suoi governanti. Ma che ubbidisce perché non può fare altro. E la cosa può durare anche ottant’anni.

Rino Cammilleri, 10 aprile 2023