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Il governo? L’unica cosa che può fare è non dar fastidio

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Pensateci: un governo, qualunque sia, può fare davvero qualcosa per voi? Se siete calvi, il governo non può ridarvi i capelli. Se siete anzianotti, il ministero non vi può restituire la giovinezza. Se siete brutti, l’esecutivo non può donarvi la bellezza. Se siete poveri, il gabinetto non può farvi diventare ricchi: anche se Luigi Di Maio, superministro del governo in carica, aveva addirittura promesso proprio l’abolizione della povertà e, quindi, se tanto mi dà tanto non è escluso che possa anche promettere capelli per i calvi, giovinezza per i vecchi, bellezza per i brutti. Ma se i governi, pur promettendole, non possono fare cose impossibili, non potranno fare in modo ragionevole cose possibili? No, non possono fare neanche cose minori e apparentemente fattibili.

Ad esempio: non possono, usando le tasse, migliorare i servizi; non possono, incentivando gli investimenti, far crescere l’economia; non possono, assumendo migliaia di professori, migliorare l’istruzione. Anzi, questi eventuali provvedimenti positivi del governo generano effetti uguali e contrari: i servizi non migliorano ma le tasse aumentano; l’economia non cresce ma i soldi sono sperperati; l’istruzione peggiora ma le cattedre aumentano. Insomma, anche quando sono mossi dalle migliori intenzioni e intraprendono buone azioni, i governi ottengono risultati negativi. Come mai? Perché ciò che un governo deve effettivamente fare è non dare fastidio.

Purtroppo, in Italia (ma non solo in Italia, quasi come se fosse quello che una volta quei pazzi dei filosofi chiamavano lo spirito del tempo: Zeitgeist, tié) il governo non solo dà molto fastidio ma lo fa dicendoci che è per il nostro bene. Il risultato naturalmente è pessimo perché il governo – tutti i governi – s’impiccia di cose delle quali non capisce nulla e sulle quali non può nulla. Proprio come per la calvizie, per la giovinezza che sì fugge tuttavia, per la bellezza anche quando ogni scarrafone è bello a mamma sua. Così si ottiene un simpatico paradosso che paghiamo a carissimo prezzo: il governo sta dove non deve e non sta dove deve.

In Italia, soprattutto in Italia, il governo è sempre fuori posto e fuori luogo: la confusione regna sovrana, anche se è chiarissimo come il sole d’estate che il governo si è cacciato con le sue stesse mani nel pasticcio dei debiti e dei soldi che mancano per coprire aumento Iva e ipotetica flat tax. Quando si uscirà da questa situazione degna della più classica commedia degli equivoci? Credo mai e lo credo per un motivo tanto semplice quanto vero: il paternalismo del governo ha la sua origine nella cultura degli italiani che non chiede autonomia e libertà ma dipendenza e assistenza. Tutta la storia prima allegra e poi triste della autonomia regionale non è, forse, proprio una commedia degli equivoci? E tutta la storia prima triste e poi allegra dell’Ilva che rischia la chiusura mentre il ministro Barbara Lezzi ritiene che si debba investire sulle cozze non è, forse, il genere grottesco della tragicommedia? I casi, lo sapete bene, si possono enumerare quasi all’infinito perché il governo italiano è una macchina pressoché perfetta nella produzione di vanitosa retorica, insomma, stronzate.

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