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Il liberalismo immaginario di Calenda - Seconda parte

Il “progetto comune”, insiste, “deve essere quello di riconnettere progresso e società”, e ad essere generosi siamo in una visione di costruttivismo illuminista, iper-razionalista e francofono, dunque tutt’altro che liberale. Se non in pieno recupero biginesco e social del marxismo. Del resto, l’interlocutore privilegiato della “nuova forza liberale”, per Calenda, si chiama Pd. Partito retto da un segretario, Nicola Zingaretti, che nel suo libro appena uscito ha scritto: “Non ci fosse stata l’Unione Sovietica… Non sarebbero state possibili le lotte dei partiti democratici né il compromesso sociale che oggi in Europa è un esempio per tutto il mondo civilizzato”. In effetti ci sta bene, Josif Stalin, nel pantheon liberale di Calenda.

Giovanni Sallusti, 13 giugno 2019

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